Un meme online può essere molte cose nel 2022, ma una delle forme principali e più rilevanti resta la macro immagine, un format tradizionale di un'immagine con didascalia, spesso usata per esprimere un sentimento o una reazione.
Ci sono evoluzioni e trend, discontinuità e momenti in cui certi meme diventano popolari o finiscono nel dimenticatoio. Pervadono il nostro uso quotidiano di Internet, riempiono i nostri feed di notizie e i nostri occhi nelle ore passate a fare doomscrolling. Per me, quando le parole sono in maiuscolo, scritte in grassetto bianco e profilate in nero, sono particolarmente old school.
Ho avuto una fitta di nostalgia quando me n'è comparso uno in "The African Desperate", una nuova e pesante critica dell'esperienza di MFA - Multi Factor Autentication, creata dall'artista multimediale Martine Syms. Quel meme nello specifico, titolato "Matrix Morpheus" prende in prestito un fermo immagine della famosa serie di film cyberpunk di fine millennio per illustrare "una rivelazione che spesso sminuisce un comportamento futile o insignificante", secondo gli standard dei vocabolari dei meme. "E SE TI AVESSI DETTO", recita la prima parte del format di Syms, "CHE CI SONO DEI TEORICI NERI". Le parole creano una cornice sopra e sotto al volto di Laurence Fishburne; il suo sguardo è impassibile dietro a un paio di occhiali a specchio sottili e tondi. La scelta di Syms di includere un'immagine qui (in risposta alla battuta casualmente razzista di un personaggio secondario) è tutto fuor che accidentale. Negli anni seguiti al periodo iniziale in cui si utilizzavano figure stilizzate e in stock, il meme si è evoluto in un potente strumento di critica contemporanea - specie all'interno del privilegiato e spesso alienante contesto del mondo dell'arte. Che si tratti di una macro immagine, di un video clip o di un gioco di parole, il meme non sottostà alle regole, di sicuro non a quelle dell'establishment.
C'è un sacco di marketing e di propaganda in TikTok, certo, ma le cose buone si generano organicamente: divertenti e sovversive, spesso inappopriate al contesto e semplicemente anti-estetiche per natura.
Prendiamo, per esempio, un recente post di The White Pube, l'ironica collaborazione d'arte di un paio di critici basati nel Regno Unito. La didascalia, scritta in minuscolo sullo spazio bianco di un quadrato recita: "Studenti d'arte che imballano il proprio studio dopo la laurea pronti a entrare nell'industria dell'arte (prima di realizzare che è razzista, discriminante, brucia tutti e nessuno diventa ricco)". L'immagine sottostante è un frame di "Mad Men", con Elisabeth Moss nei panni dell'intrepida copywriter Peggy Olson. Con il suo caschetto liscio e una sigaretta tra le labbra, ha un aspetto incredibilmente chic mentre cammina lungo un corridoio con gli occhiali scuri e tiene in mano una scatola piena di tutto ciò che aveva sulla scrivania e una foto incorniciata sotto al braccio. Il conflitto tra la vibe composta dell'immagine e il tono disperato della dida cattura perfettamente la tensione tra l'ideale estetizzato e la devastante realtà del mondo dell'arte.
Che si tratti di una macro immagine, di un video clip o di un gioco di parole il mese non sottostà a nessuna regola. Di certo non a quelle dell’establishment.
La dissonanza è ben caratterizzata dallo humor su Internet, perché gli spazi online hanno concesso la sovrapposizione di conoscenza e accesso a referenze, come non potrebbe accadere con nessun altro mezzo. «Il meme è come una melodia», dice Mitch Anzuoni, consulente e capo della ricerca presso Bard Mememtics, uno spazio dedicato all'esame di meme, media online e diffusione di contenuti. «Ma anziché metterci anni di pratica deliberata e dedicata allo studio di uno strumento per poter suonare melodie di altri e crearne una propria, hai solo bisogno di essere vivo e online». La base accessibile a tutti è in particolar modo pertinente in una industria come quella delle arti, dove l'informazione è spesso manipolata o trattenuta per preservare un certo status quo. Ma il meme è una forma di critica che beneficia dell'effetto disinibitorio dell'online: l'idea che gli utenti siano meno trattenuti nelle loro comunicazioni online rispetto a quanto lo sarebbero di persona. I social media sono stati dei game-changer nel connettere e creare piattaforme per artisti marginalizzati e persone che lavorano nell'arte - e l'anonimato che garantiscono in certi casi è impagabile. I meme d'arte sono soprattutto efficaci e incisivi quando si cerca di dire la verità al potere e si riesce ad attrarre un pubblico: i like, i commenti e altre affermazioni positive formano un loop di feedback positivi per chi li ha creati, incentivando un'ulteriore produzione e rinforzando le comunità che si creano attorno a quelle battute.
I problemi inerenti al mondo dell'arte sono a dir poco complessi, ma non sono mai state più chiare le cause che hanno radici nel mondo controllato da maschi bianchi di mezz'età. «Non credo che le arti siano elitarie», dice Sean Tatol del "Manhattan Art Review", «è solo classista. Lelitarietà presupporrebbe che devi saperne di arte per avere successo, ma spesso se la cava molto bene gente ricca che non sa niente di arte». Il critico 33enne ha iniziato il suo progetto - un mix di fumetti, recensioni scritte e programmi radio - nel tardo 2019. «Ho la vaga sensazione che la critica venga percepita rilevante in modo più ampio rispetto a quando ho iniziato», dice Tatol, «ma non è cambiato niente». La sua newsletter ha fatto il salto dai social media per volere dei suoi pari, ma riconosce che non considera «Instagram come un mezzo». La questione se i meme possano o meno essere considerati arte e le piattaforme dei social media un mezzo è indubbiamente controversa - e la risposta è ancora in evolu-zione. I meme sono stati (e possono ancora esserlo) brutti, fatti alla buona e privi di inventiva; ma, man mano che proliferano, stanno diventando sempre più curati come qualità, con uno stile preciso e prodotti con crescenti abilità grafiche. Ma anche i meme che sono fritti e rifritti o sottoposti a una serie estrema di filtri fino a raggiungere un livello di eccessiva saturazione, hanno un innegabile fascino di estetica anti-estetica.
Sono anche un qualcosa che tende a funzionare bene su piattaforme come Instagram, dove la tendenza attuale (li e nei social media in generale) è quella di rifiutare la perfezione estetica più tradizionalmente associata a quella piattaforma.
Cem A., artista e curatore basato in Germania, è più ottimista sul potere dei meme. «E difficile quantificare il cambiamento nel mondo dell'arte», dice. «Da una parte, vedo che l'opinione pubblica sta mutando. Le persone stanno diventando più reattive di fronte alla crescente precarietà nel mondo dell'arte.
Eventi come i tentativi di creazione di un sindacato e la crescente popolarità di artisti politicamente impegnati mi fanno sperare in un cambiamento tangibile nel futuro prossimo. D'altra parte, le strutture del mondo dell'arte consentono il persistere di condizioni precarie di lavoro». Il meme di Cem's sulla pagina di "Freeze Magazine" mantiene un occhio allenato su queste tematiche, discutendo di tutto, dai debiti alla depressione che affliggono i laureati delle scuole d'arte, all'inevitabile avvelenamento da microplastiche degli artisti della cosiddetta "selfie generation". Alcuni meme sono chiaramente una catarsi di ovvietà sul mondo dell'arte che sembrano, con frustrazione, immutabili: un recente post mostra un ciclico diagramma di flusso che comincia con "creare un ambiente ostile", prosegue con "muovere accuse in mala fede" e "perpetuare il razzismo e la violenza", saltando a "intavolare discussioni connotate" per chiudere il cerchio e ritornare all'inizio.
«La forza dei meme deriva dalla loro abilità nell'amplificare le opinioni critiche», dice Cem A., «ma sono più un veicolo».
Molti hanno disquisito sullo status dei meme in quanto arte trasformativa, una categoria che include fan fiction, collage, mosaici e altro. La Meme art pone il tema della crisi di valore in un mercato che vede un NFT (nella fattispecie, il primo tweet mai fatto da Jack Dorsey, co-fondatore di Twitter) essere venduto per quasi tre milioni di dollari e valere nemmeno mille dollari quello successivo. Ma determinare il valore estetico e finanziario di un pezzo è sempre stato un processo soggettivo e controverso. L'abbracciare la criptovaluta, volatile e dannosa a livello ambientale, da parte dei maggiori player del mondo dell'arte può certamente non aver aiutato le cose, ma qui c'è una pretestuosa aria di accessibilità a quegli spazi del metaverso, perciò i meme NFT mancano di una certa integrità, che si tratti o meno di arte. Se non sono arte, allora i meme rappresentano decisamente una nuova epoca della critica. Sia che si prenda in giro l'industria, o il concetto in generale di arte, la critica d'arte si è senza dubbio rinvigorita. Appartiene a una lunga tradizione di maestri che, all'inizio della loro pra-tica, possono anche aver provato a prendere in giro. Consideriamo il famigerato "Fountain" di Marcel Duchamp, un'opera ampiamente considerata come l'inizio del movimento contemporaneo.
"Fountain" consiste di un orinatoio bianco girato al contrario, datato e firmato con lo pseudonimo artistico di Duchamp, R.Mutt. Proprio come un art meme, è un lavoro che si è imposto attraverso la sua trasformazione. "Fountain" era stato bene accolto come uno scherzo concreto con la sua domanda di ammissione in forma anonima al salone della Società degli Artisti Indipendenti, da cui era stato rifiutato in quanto "indecente", passibile di accusa di plagio e perché il consiglio della società (da cui più tardi Duchamp si sarebbe dimesso) lo aveva giudicato come "non arte". Allo stesso modo del lavoro di The White Pube o Freeze Magazine, Duchamp intendeva "Fountain" come un commento alle regole del tem-po. Come tutti i buoni meme, trascendeva gli originali limiti della sua forma e contesto per sollecitare una conversazione che va avanti ancora oggi. Nel rendere labili i confini tra creazione e critica, gli art meme si dimostrano meritevoli di una seria considerazione artistica e forniscono uno strumento adattabile che è accessibile semplicemente con una username e una password. Ciò detto, forse varrebbe la pena investire anche in Adobe Creative Cloud.
Nel rendere labili i confini tra creazione e critica, gli art meme si dimostrano meritevoli di una seria considerazione artistica e forniscono uno strumento adattabile che è accessibile con username e password.