Nicholas Hoult parla con Elle Fanning di vampiri, Nicolas Cage e 'The Great'
In conversazione con Elle Fanning, la coprotagonista di “The Great”, Nicholas Hoult racconta le abilità acquisite sul set e cosa si prova a lavorare con attori famosi da bambini.
Photography JASON HETHERINGTON
Styling LUKE DAY
A dispetto di ciò che la sua filmografia potrebbe suggerire - il ruolo di zombie malato d’amore in “Warm Bodies” del 2013, “Renfield” in uscita in aprile in cui interpreta la parte del tormentato assistente di Dracula; il personaggio ancora senza nome nel remake di “Nosferatu” di Robert Eggers in lavorazione a Praga - Nicholas Hoult giura di non avere un’ossessione per i non-morti. «Con “Renfield” pensavo sarebbe stato divertente perché di solito è un personaggio secondario e mi dicevo: “che bello esplorare relazioni tossiche e codipendenti in questo scenario”». Hoult si è fatto notare per la prima volta nel 2002, come il bambino di “About a Boy”, ma è stato il suo ruolo di Tony Stonem nell’iconica serie Tv inglese “Skins” del 2006 a renderlo famoso. Da allora, Hoult ha fatto parte dei cast di blockbuster tipo “X-Men” e “Mad Max: Fury Road”, e di pellicole come “The Favourite” o il successo a scoppio ritardato “The Menu” del 2022. Il ruolo dello zar russo Pietro III nella produzione “The Great” di Hulu, dove la co-protagonista è Elle Fanning, gli è valso due nomination ai Golden Globes e una agli Emmy. In esclusiva per L’OFFICIEL, i due attori dialogano delle diverse abilità acquisite sul set, di come affrontano il fatto che certe scene vengono tagliate, e di cosa si prova a lavorare con attori iconici quando si è bambini.
NICHOLAS HOULT: Vorrei iniziare con qualcosa che credo ti farà ridere: indovina cosa sto facendo in questo momento? Mi sto esercitando nella calligrafia. Ho qui la mia penna d’oca e il mio inchiostro. Sta andando malissimo, come sempre. Una volta stavamo girando “The Great”, e c’era una scena in cui dovevo consegnare la Russia a Caterina. Dietro le quinte, credo avrei dovuto esercitarmi con la calligrafia e il pennino, perché sono davvero terribile. E tra una ripresa e l’altra ti ho detto: “Certo, perché tu sei così brava”. E tu: “No, davvero, lo sono” e io ho pensato: “Stronzate, è così difficile. Come è possibile?”, poi si è scoperto che hai preso lezioni di calligrafia da bambina e scrivi la parola russa per Catherine con la più bella calligrafia che abbia mai visto in vita mia.
ELLE FANNING: Hai dovuto rimangiarti tutto!
NH: Mi hai detto: “Ora scrivi Peter”. E io non sapevo nemmeno come scrivere Peter in inglese, figuriamoci in russo, ed erano solo puntini d’inchiostro, bolle e orribili ghirigori.
EF: Devi scrivere usando la calligrafia in una scena?
NH: È per una scena, ma ora so di essere terribile, quindi li ho avvisati, “Questa non è proprio la mia storia, se volete che qualcuno lo faccia”.
EF: Come attore devi imparare a fare tante cose diverse: è questo il bello. Nick, tu ami imparare nuove cose; direi che questa è probabilmente una delle cose che preferisci del lavoro di attore.
NH: Lo stesso vale anche per te, giusto? Qual è la cosa che preferisci tra quelle che hai dovuto imparare?
EF: Suonare la tromba per “Ginger e Rosa”, ma hanno tagliato la scena. Mi sono allenata per mesi. Ma mi è piaciuto il processo! È stato divertente, è stato così insolito ed è stato qualcosa che mai avrei mai fatto nella vita reale. Ho dovuto pattinare sul ghiaccio per “Somewhere”, ed è stata una delle cose di cui mi sono sentita più orgogliosa, perché sono riuscita a fare un’intera sequenza di passi.
NH: C’è qualcosa che hai poi continuato a fare?
EF: No! Lascio nel dimenticatoio. Ma tu vai in moto! Vai sempre in giro in moto.
NH: Sì, ho imparato ad andare in moto quando abbiamo fatto “Young Ones”.
EF: E sei un ottimo ballerino! Fai un bel po’ di danza in “Renfield”.
NH: Tagliata! Sparita. C’era un’intera sequenza di ballo che abbiamo provato per settimane. L’abbiamo girata tutta in una notte, avevamo tutti ballerini fantastici, e poi, alla fine, nel film non c’è.
EF: Ma questo è il mondo dello spettacolo, no? Succede sempre. A volte proprio le cose che ti entusiasmano di più vengono tagliate.
NH: È stato un processo di apprendimento per me; quando ci si affeziona a parti del copione e ci si impegna molto per impararle ma poi alla fine non funzionano proprio.
EF: Oh, assolutamente. Mi è successo di avere questa sensazione in passato. Inoltre, quando recito, immagino un montaggio nella mia testa. Quindi, a volte, alcune scene non sono scene completamente tagliate, ma sono montate in un modo che non era quello che avevo in testa. Anche questo, per me, può essere difficile. Inevitabilmente c’è sempre una ragione, ma ci si affeziona alla propria visione.
NH: Credo di fare anche io un po’ di editing nel mentre. Ma ci sono sicuramente momenti in cui giri la scena e sei così coinvolto emotivamente. E poi ti dicono: “È stato fantastico, ma non abbiamo potuto vedere il tuo viso”. Quindi devi mantenere una sorta di consapevolezza; questo è il trucco.
EF: Oh sì, una volta ho girato una scena - era una scena di 10 pagine, piangevo istericamente, una di quelle grandi scene. Abbiamo finito il ciak e tutti dicevano: “È stato incredibile, perfetto”. Ma non stavano girando, e ci siamo semplicemente detti: “Ok, dobbiamo rifarlo”.
NH: Eppure tu sei brava a essere obiettiva su questo punto. Sei sempre attenta alle modifiche dello show e tieni d’occhio cose del genere, assicurandoti che le scene siano davvero girate nel modo giusto.
EF: Mi piace questa parte. Penso che ci capiamo davvero, dà sicurezza e mi mette a mio agio. In una produzione come “The Great”, devi essere molto disinibito, e lavorando insieme nelle scene che dobbiamo fare, non ci sentiamo in imbarazzo. Ci stimoliamo a vicenda, ci sfidiamo e siamo onesti l’uno con l’altra. Penso che siamo entrambi brutalmente onesti, cosa che rispetto più di ogni altra cosa. Se non va bene, voglio che tu mi guardi in faccia e mi dica: “Abbassa i toni”, e io farò lo stesso con te.
"Siamo entrambi piuttosto competitivi e viviamo la recitazione quasi in maniera atletica" Nicholas Hoult
NH: C’è la fiducia e la capacità di spingersi a vicenda e di pretendere molto. Siamo entrambi piuttosto competitivi e viviamo la recitazione quasi in maniera atletica, a volte, per cui quando si arriva sul set è il momento dello show. Abbiamo approcci simili sul set, e siamo anche pronti a ridere e a prenderci in giro, senza per questo offenderci. Sappiamo entrambi che l’altro è capace di fare cose davvero grandiose, quindi siamo disposti a tutto per raggiungere questo obiettivo, e anche ad ammettere le volte in cui non funziona.
EF: Ti chiederò - ti sto preparando per il press tour quando ti chiederanno di sicuro questo - perché questa ossessione per i vampiri? Sei uno di loro? È questo il motivo?
NH: È così. Mi piacciono le sanguisughe e tutto ciò che beve sangue, zanzare incluse.
EF: Mi hai detto che hai dovuto mangiare insetti per “Renfield”.
NH: È vero. Ho mangiato un bel po’ di insetti. Grilli essiccati e aromatizzati, però, quindi erano piuttosto gustosi, a dire il vero. Quelli sale e aceto sono i migliori; c’era anche gusto barbecue. Ma quella che non mi è piaciuta proprio era una cimice della patata che non era stata aromatizzata e che aveva proprio un sapore di insetto. Era anche piuttosto grande. Ma erano gia tutte secche e morte, non stavo raccogliendo insetti dal pavimento.
EF: Se fossi stato un vero attore, l’avresti fatto!
NH: C’erano anche piccoli scarafaggi al caramello - quelli erano i migliori in realtà, a parte il fatto che ti si incastrano nei denti. Abbiamo discusso, però, perché in “The Great” dovevo mangiare anche della terra. Il team che si occupa del cibo e degli oggetti di scena è straordinario in termini di dedizione alla creazione di queste cose stupende da mangiare. Ci sono state però due occasioni in cui mi sono impuntato: i cuori di pollo, perché pensavo: “Oggi non voglio mangiare 50 cuori di pollo se posso evitarlo”; e quando hanno fatto il gelato al lardo dovevo ingozzarmi, e il finto gelato che avevano fatto era strutto di zucchero a temperatura ambiente.
EF: Stai facendo un accento strano in “Nosferatu”?
NH: Mi conosci, flirto sempre con l’accento, quindi si lo stavo facendo. Poi ho lavorato con un coach dialettale che mi ha detto: “Non farlo. È terribile. È offensivo”. Se fossero stati più diplomatici, avrebbero detto: “È bello quello che stai facendo, ma non ci aiuta necessariamente con la storia”. Credo di aver pensato consapevolmente: “Ho appena fatto “Renfield”, non voglio finire nello stesso ambito”. Ma poi ho pensato: “È una sciocchezza”: “Renfield” è una commedia d’azione ambientata in tempi moderni ed è quasi una parodia, mentre Robert Eggers sta facendo un “Nosferatu” molto serio, un film horror gotico. Loro sono diversi; io sarò diverso naturalmente. Ma mi stavo sforzando troppo. Ti è mai capitato?
EF: Sì, e ti crei anche dei problemi a cui nessun altro pensa. Pensi troppo avanti. Ma avevi un accento inglese in “Renfield”?
NH: Sì, ma in questo sto usando più la mia voce, e il linguaggio è moderno, mentre in “Nosferatu” è più il linguaggio dell’epoca, ma non come in “The Great”. Non riesco a dire tante cose divertenti in questo film. Ti è mai capitato di fare cose e pensare: “Ma sono nello stesso mondo?”. Hai mai rinunciato a qualcosa perché hai pensato: “È troppo simile”?
"Ci stimoliamo a vicenda, ci sfidiamo, siamo brutalmente onesti, l'uno con l'altra" Elle Fanning
EF: Si, certo, mi è capitato. Di solito, per me si tratta di film d’epoca. Ho indossato un corsetto così tante volte. Una volta un casting director mi ha detto che ho un viso “molto d’epoca”. Mi è stato anche detto che assomiglio a Bill Hader; una volta ho visto una foto su Twitter di me e Bill Hader fianco a fianco che diceva che ci assomigliavamo, ed è proprio vero. Lo vedo anche io. A chi assomigli tu? Per me non assomigli a nessuno, assomigli a te stesso.
NH: Per chi vengo scambiato? Per qualsiasi giovane attore inglese della mia età. In una caffetteria sotto casa, ho accettato gli elogi per “Me Before You”, un film di Sam Claflin.
EF: C’è qualcuno che ammiri come attore, che vorresti emulare?
NH: È un mix di persone diverse. Sono cresciuto guardando Robin Williams e Jim Carrey. E tu?
EF: Ho sempre amato Nicole Kidman. È la mia numero uno. E adoro Carey Mulligan. Fa sempre le scelte giuste.
NH: Mi piacerebbe vederti fare un thriller, molto cupo, d’azione, un film tipo “Seven”: osservarti e pensare: “Oh, Elle è davvero in pericolo”. Non perché voglia vederti in pericolo, solo perchè mi piace quel genere di film.
EF: Ho sempre desiderato fare un film d’azione, per cui dovermi allenare: credo sarebbe molto divertente. A te è capitato spesso e quindi sei sempre in allenamento. Ne hai fatti di ogni genere. Mi sembra che tu abbia proprio un buon equilibrio tra generi diversi. Mi piacerebbe vederti fare un dramma-commedia familiare, in cui ci sia un ensemble, tipo “I Segreti di Osage County”, Rachel sta per sposarsi”, qualcosa del genere. Com’è stato ritrovarsi con Nicolas Cage?
NH: Ero così entusiasta che fosse in questo film, perché per me era stata un’esperienza pazzesca lavorare con lui quando avevo 14 anni in “The Weather Man”. A quell’età non avevo visto molti dei suoi lavori ed ero pienamente consapevole di quanto Nicolas Cage fosse un’icona, quindi è stato incredibile lavorare di nuovo con lui. Sono stato quasi più in soggezione la seconda volta, ma anche vederlo nei panni di Dracula è piuttosto incredibile, perché è un ruolo così iconico, ma poi ci metti Nicolas Cage, e non c’è niente di più iconico, per molti versi, di questi due insieme. E anche osservare il modo in cui lavora - da dove viene la sua ispirazione, la sua dedizione - è stato davvero meraviglioso.
EF: Ricordo che hai saputo che l’avrebbe fatto quando eri sul set di “The Great”, ed eri così eccitato e tenevi le dita incrociate che accettasse il ruolo.
NH: Vorrei chiederti se ti sia mai capitato di lavorare con qualcuno con cui hai lavorato da ragazzo e che non hai apprezzato davvero sul momento ma che poi hai avuto modo di rivalutare.
EF: Assolutamente si: Jeff Bridges, con cui ho lavorato in “The Door in the Floor” quando avevo quattro anni. E ovviamente non avevo assolutamente idea di chi fosse. All’epoca disegnavo molto e io e Jeff Bridges disegnavamo insieme perché lui è un artista straordinario. Mi ha insegnato a disegnare le gambe in modo che non fossero solo bastoncini.
GROOMING Liz Taw
PRODUCTION Tina Liveras
DIGITAL TECH Andrew Mayfield
PHOTO ASSISTANT Alfie Bungay
STYLIST ASSISTANT Zac Sunman