Hommes

New Frontiers: l'intervista a Franco Appiah

Per Franco Appiah la moda è una forma di narrazione, tra identità e libertà creativa. Nella sua vita, è riuscito a trasformare molti no in “sì”.

Franco Appiah
Franco Appiah

Ha cominciato studiando grafica per quattro anni, passando all’architettura per un anno, ma la moda è sempre stata il suo vero interesse: «Mi sono inserito in questo mondo in sordina e senza dirlo ai miei genitori, perché faticavano a comprendere il settore, per loro dovevo diventare avvocato o aspirare a un lavoro più strutturato. Non erano felici quando hanno scoperto che facevo moda, ma alla fine avevo 18 anni e stavo facendo quello che avrei desiderato per la mia carriera» racconta Franco Appiah. Si trasferisce a Londra, si laurea nel 2021 al London College of Fashion con una specializzazione nel menswear e oggi lavora a stretto contatto con Charaf Tajer, fondatore di Casablanca: «Dopo la laurea avevo ricevuto tre proposte di lavoro: Tom Ford, Jacquemus e Casablanca. Mi sentivo vicino alla visione di Charaf, perché lui stava colmando un vuoto nel settore. Ho iniziato come designer stagista, poi mi sono occupato delle vendite e ora faccio parte del team di merchandising. Anche se non sembra così creativo, è stimolante lavorare sulle fattibilità di ogni capo. Lui segue tutto il processo dall’inizio alla fine, conosce ogni singolo motivo, possiede connessioni con artisti e il suo è un universo gioioso e colorato».

L'OFFICIEL HOMMES: Sei nato in Italia, ti sei stabilito a Londra ma i tuoi genitori hanno origini ghanesi. Ti influenzano le tue radici?
FRANCO APPIAH: È osservando mia madre, mia zia e mia nonna che ho coltivato il mio interesse per la moda. Da piccolo mi piaceva indossare i vestiti dei miei nonni, cercavo di imitare il loro stile, e quando stavo finendo gli studi, mi sono detto: “Perché alle sfilate non trovo lo stile che vedevo da bambino?”. Così è nata la mia collezione per la laurea, “Still a man in my mother’s closet”, perché ogni volta che mi vesto replico ciò che facevo da bambino: scelgo la libertà di vestirsi senza aderire a nessuna categoria.

person photography portrait smile flower arrangement boy child male adult woman
La collezione di laurea dal titolo “Still a man in my mother’s closet” del 2021.

LOH: C’è qualcosa che vorresti cambiare nel sistema?
FA: Mi piacerebbe vedere stilisti più giovani, piuttosto che affermati, a capo dei marchi delle grandi holding. Oggi tutto è guidato dal denaro e se non realizzi un pezzo commerciale, non vendi. Ma che fine ha fatto la creatività? Io nell’armadio non voglio dieci magliette qualsiasi, voglio che quelle dieci magliette raccontino una storia.

LOH: La tua collezione è gender fluid…
FA: Io non disegno pensando a una specifica vestibilità per uomini o donne, creo semplicemente forme per le persone che vogliono indossarle. Ho ricevuto un voto basso all’università perché la mia collezione non era definita da un genere, ma era solo abbigliamento. E quando mi chiesero spiegazioni io risposi che volevo disegnare in questo modo perché quelle erano le forme che volevo rappresentare. Molte persone hanno apprezzato il mio lavoro, ed è quello che mi interessa. Se vuoi indossare dei tacchi alti, fallo! Non significa che siano riservati solo alle donne, basta pensare che gli uomini del XVII secolo, Luigi XIV in primis, li portavano come simbolo di ricchezza e status.

person photography portrait formal wear dress costume tie suit coat people
face head person photography portrait accessories people dress jewelry couch
art collage clothing dress fashion formal wear gown person face head


LOH: Cosa consigli a chi vuole intraprendere una carriera come la tua?
FA: Di sognare sempre. Io sono partito dal nulla, ero un immigrato senza grandi possibilità ma ho sempre trovato il modo di arrivare dove volevo. Quando non avevo i fondi per entrare all’università di moda mi sono costretto a farlo l’anno successivo. Faccio parte della prima generazione della mia famiglia che vive all’estero, per me contava arrivarci. Gli ostacoli più grandi sono stati i “no” che mi sono stati detti. In Italia ho incontrato insegnanti che non concepivano la dislessia o altri problemi che avevo da bambino, e mi dicevano: “Finirai a fare l’operaio, non sei adatto, non potrai frequentare l’università". Eppure eccomi qui, ci sono riuscito.

LOH: E qual è a oggi il tuo sogno più grande?
FA: Diventare uno dei migliori storyteller al mondo. Creare collezioni che raccontino una storia e poter vendere basandomi sulla mia esperienza personale. Sento che la mia storia manca ancora al sistema, vorrei farla conoscere al mondo e diventare uno dei migliori narratori esistenti.

LOH: Che messaggio ti piacerebbe veicolare ai nostri lettori?
FA: Che la moda è una forma di narrazione e vorrei invitare le persone ad abbracciare questo modo di pensare. Non bisogna aver paura di spingersi oltre i limiti e sfidare le convenzioni. La moda è una forma d’arte, e per me ogni giorno è un’occasione per reinventarsi. Non è solo una questione di vestiti, ma si tratta di emozioni, significati e della teatralità che portate nella vostra vita attraverso ciò che indossate. Ogni capo ha la sua storia, sta a voi creare la vostra narrativa.

blouse person photography portrait dress shirt formal wear people adult woman
skirt blouse person shorts adult male man female woman shoe

Tags

Articoli consigliati