Maserati Levante Hybrid: arte in movimento
Sulle strade della Provenza, per scoprire la nuova Hybrid della Casa del Tridente. Un percorso che è un invito a ripensare il rapporto tra uomo e auto, alla luce di magiche suggestioni artistiche e cinematografiche.
Il punto d'arrivo è l'inizio di un nuovo viaggio. Abbiamo guidato la Maserati Levante Hybrid, partendo alle prime luci di una giornata estiva, lasciandoci alle spalle una Saint-Tropez dove i confini della mattina, con le sgambate di fanatici runner, i furgoni delle consegne e i taxi che giungono per i clienti in partenza dall'Hotel de Paris, sfumano con la notte dei ragazzi che ciondolano fuori dall'Opera e dal Gaio, i club dove si tira l'alba e c'è ancora tempo per un ebbro pas de deux, una sigaretta, un bacio sul cofano di una macchina, in attesa che l'apertura dei bar misceli tutti, mattinieri e nottambuli, nella comune richiesta di un caffè e di un croissant.
Come Nettuno uscito dal mare col tridente, vestita di una celebrativa livrea gialla e blu, la Levante Hybrid in versione GT, finiture cromate e griglia anteriore, lasciata la spiaggia dello Yacht Club de Saint-Tropez, dove la sera precedente si è gradevolmente cenato col team Maserati, ha preso le strette stradine che portano a una Provenza misteriosa, lontana dagli spruzzi del mare e dagli schiamazzi che rimbalzano dagli yacht parcheggiati ai locali dirimpetto sul lungomare che costeggia il porto, vecchi playboy con la sigaretta accesa, in posa da cartolina, su fondali scenografici di asciutte case color sabbia e champagne, e giovani donne che forse si chiedono chi sia quella ragazza bionda e selvatica, con le labbra imbronciate, che occhieggia sensualissima dalle vetrine in foto che hanno segnato un'epoca e di Brigitte Bardot hanno fatto la musa della rivoluzione dei costumi: emancipazione e libertà.
L'aria si è fatta più rarefatta e abbassati i vetri, inserita la modalità Sport, mi lascio cullare alla guida dal vento che porta i profumi di vigne misteriose e boschi ombrosi di lecci mentre la Levante, ora, come un fedele Titano, figlio del Cielo e di Cannes, si costruisce attorno a me come fosse materia nelle mani di uno scultore, mantenendo intatto il suo DNA ma sottraendo peso al motore e redistribuendolo in equilibrio tra anteriore e posteriore, recuperando energia in decelerazione e in frenata: un percorso meraviglioso per lasciarsi corteggiare da un'auto che a dispetto delle dimensioni imponenti si dimostra a ogni tornante affidabile, scattante, assecondando con equilibrio l'impeto dell'accelerazione e la prudenza della staccata, l'innesto in curva: un tempo che è diventato presto - quasi simbiotico col respiro e la solitudine alla guida - molto più di una driving experience, un esperimento di piacevole meditazione, dove non si distingue dove nasce il pensiero, se da noi umani, in armoniosa fusione col paesaggio, o dal motore elettrico che discreto suggerisce sul sound Maserati la direzione, fluida e dinamica, di ogni mia riflessione.
Bello sapere che dove finiscono le mie dita incomincia un volante.
All’arrivo a Domaine de Muy, mi aspetta un'ulteriore sorpresa, e un nuovo, inatteso, viaggio. Qui, nel 2015, il gallerista Jean-Gabriel Mitterrand, nipote dell’ex presidente francese François, ha allestito un parco d'arte e segnato le tappe di una promenade - ora curata dal figlio Jean-Gabriel e da Simone Lamunière - seguendo la quale ci si trova immersi, stupiti da tanta magia, nella bellezza della natura e della creatività umana. E la Levante Hybrid coi colori di Modena termina per oggi la sua regale passerella in Provenza, integrandosi alla perfezione nei cromatismi delle opere disseminate en plein air sulle colline splendenti di luce che circondano la villa in stile provenzale ristrutturata dall’architetto e designer India Mahdavi.
Scultura in movimento anch’essa nel paesaggio solare, come “fosse assorbita dal cielo”, tra gli alberi vibranti di Scenocosme, le Lentilles flottantes di Marta Pan e i frutti bronzei di Claude Lalanne, i capanni da caccia di Mark Dion e gli animali fantastici di Wang Du e Liam Gillick, la piscina ottica di Peter Kogler e i muri metallici di Monica Bonvicini. In posa davanti ai Signal éolien di Takis, a dialogare con l’ambiente, oppure alleandosi con le cromosaturazioni di Carlos Cruz-Diez o sottraendosi allo spazio nelle inquadrature dei display di José León Cerrillo e perturbando le complesse geometrie di Tomás Saraceno, dove l’arte si allea con la scienza e l’architettura. Un giardino incantato che ha la stessa suggestione di una sala cinematografica, un luogo in cui si può anche sospendere l’incredulità e fantasticare con la regista Julia Ducournau che si possa amoreggiare con un’auto, che ci possa essere uno scambio intellettuale tra materia cerebrale e titanio, che dall’unione di carne e metallo possa anche nascere una creatura nuova.
Un invito, nemmeno troppo velato, che Maserati rivolge ai suoi clienti, quello di provare a giocare con lei personalizzando la vettura, nel rispetto della propria e della sua identità, per scoprire qualcosa di sé o reinventare un modo di essere alla guida. Uomini o dei.