Il film da non perdere: "Le Déluge. Gli ultimi giorni di Maria Antonietta"
Non ci sono le feste, gli eccessi, la spensieratezza, le lotte tra le fazioni di Versailles cui ci hanno abituato “Marie Antoniette” di Sofia Coppola e “Addio mia regina” di Benoit Jacquot nel film di Jodice sui sovrani francesi giustiziati durante il Terrore. Diviso in tre capitoli come altrettanti atti teatrali, “Gli dei”, “Gli uomini”, “I morti”, il film rievoca nella sua tragica ineluttabilità l’isolamento, la disperazione, la capacità di illudersi e l’estrema dignità della coppia reale costretta ad abbandonare tutte le maschere e i simboli della regalità, in una desacralizzazione progressiva che è in primis la desacralizzazione del corpo reale, del suo apparato, delle cerimonie di vestizione e svestizione che l’accompagnano.
Se Guillaume Canet, quasi irriconoscibile per renderne i lineamenti più simili a quelli di un re noto per il suo straordinario appetito, è convincente nella sua serenità venata solo alla fine da un’umanissima paura per la fisicità della morte, Mélanie Laurent è magnifica nel ruolo di Maria Antonietta, nel disprezzo e nell'impazienza che irradia all’inizio, e che termina solo davanti alla testa gettatale davanti della sua amica massacrata, la principessa di Lamballe, come nel sorriso tirato, che dopo un attimo diventa reale, con cui vuole rassicurare la famiglia e sé stessa, fino alle urla viscerali, da eroina da tragedia greca che sono l’unica possibile ribellione al destino, quando apprende la condanna a morte del marito. Bella la fotografia di Daniele Ciprì e le musiche di Fabio Capogrosso, tra stilemi classici e sonorità contemporanee, anche elettroniche
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