Fashion

Philippine Leroy-Beaulieu: tra Sylvie, arte e umanità, il fascino dell'attrice senza tempo

Con il ruolo di Sylvie è diventata una star internazionale a sessantanni. La figlia di Yanez racconta la sua infanzia romana, il rapporto con i genitori, e la sua collaborazione con Marylin Fitoussi, la costumista di Emily in Paris

Abito di voille, bracciali e scarpe, SAINT LAURENT BY ANTHONY VACCARELLO.
Abito di voille, bracciali e scarpe, SAINT LAURENT BY ANTHONY VACCARELLO.

Text by GUIA ROSSI
Photography MARCO D'AMICO
Styling SARA PAOLUCCI

Le giovani generazioni la adorano e forse un po’ la temono. I grandi brand della moda la corteggiano. Il successo mondiale è arrivato alla soglia dei sessanta anni, nel ruolo della dirompente Sylvie Grateau, ma prima di Sylvie, Philippine Leroy-Beaulieu è stata Agathe Koltès, comandante della polizia in Bretagna, Catherine Barneville in “Dix pour cent”, moglie del cinico agente degli artisti Mathias Barneville e, nel 1988, è stata l’amante Lisa in “Dostoevskij - I demoni” (“Les possédés’) del maestro polacco Andrzej Wajda. Con un esordio che le è valso un César come Migliore Promessa Femminile, nel film “Trois hommes et un couffin” del 1985.

L'OFFICIEL: Nell’ultimo episodio di “Emily in Paris” Sylvie prova a convincere qualcuno a diventare cliente dell’Agence Grateau dicendo: “Farei qualunque cosa per lavorare con le persone a cui tengo, perché quando ci tieni è amore, non lavoro”. È così anche per te?
Philippine Leroy-Beaulieu: Assolutamente. È un’emozione che tocca tutti quando c’è passione e rispetto per ciò che si fa. Non è più un lavoro ma diventa solo piacere. E Sylvie, secondo me, da questo non è poi così lontana. Anzi è una persona che ha sempre difeso le cose belle, il lusso. Per lei il mass-market non è interessante perché non ci può mettere amore. Lei ama la qualità, non è così sorprendente che lo dica. Nell’essere attrice mi ci ritrovo. Gli attori, quando fanno scelte nelle quali sono felici, sembrano volare nonostante si tratti di progetti complessi e faticosi.

LO: La diatriba Macron/Gualtieri su “Emily in Paris” tra Francia e Italia ha fatto sorridere ma anche pensare. Perché un prodotto entertainment riesce a interessare i poteri forti?
PLB: Veramente questa reazione politica non mi è piaciuta. Parlare di “Emily in Paris” come di un trofeo da avere mi sembra abbastanza osceno in un momento in cui il mondo sta attraversando fasi così complicate. Noi siamo attori e non siamo qui per nutrire il potere, non è il nostro ruolo. Forse sarò solo io, ma mi sono sentita totalmente strumentalizzata. E io a questo potere non ho niente da dire e da dare.

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Mini abito di maxi paillettes e scarpe, FERRAGAMO. In tutto il servizio, collant, stylist's own.


LO: Però tutti lo guardano e ci proiettano sopra i propri interessi.
PLB: Se io penso a come un prodotto come “Emily in Paris” rappresenti uno spazio dove tutti vanno a fare i loro placement, io non posso e non riesco a fare Sylvie. La interpreto unicamente perché la vedo come un personaggio, una persona a cui provo a dare un’umanità, che è la mia, che è anche quella che potrebbe essere di Sylvie se esistesse. L’ultima cosa che mi interessa sapere è come è usata “Emily in Paris” fuori da questi perimetri.

LO: Parliamo ancora di Roma. Oggi ti piace come allora?
PLB: Certo, mi piace sempre. Con lei ci sono legami che non si perdono, i ricordi dell’infanzia, enormi e stupendi. Poi quando uno va a Parigi, dopo Roma, specialmente da bambino, è un piccolo shock. Roma è molto più bella per crescere, Parigi è più dura. Ho una grande nostalgia della capitale e dei romani, da bambina giocavo e giravo a Trastevere, al Parco del Gianicolo, in quello di Villa Doria Pamphilj; ero spesso a Monteverde, così come in centro, in Piazza Navona. Non era la Roma di adesso, tutto era più semplice. Oggi ha perso quel suo aspetto romantico, è più caotica e sempre piena di turisti. Rimane comunque una bellissima città.

LO: Ci sono altri luoghi in Italia a cui sei affezionata?
PLB: Da bambina sono stata per molto tempo in Toscana, ho vissuto vicino a Radda in Chianti che non è più uguale ad oggi, andavo ovviamente a Cetona (in provincia di Siena, nda) dove papà ha vissuto. Avevamo una casa in Sardegna e poi amo la Sicilia, sono stata a Napoli, in Puglia e in Calabria. Posti in Italia che amo ce ne sono tanti. Possiamo dire tutti!

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Abito di tulle ricamato, VALENTINO; orecchini, POMELLATO.

«Con Marylin Fitoussi, la costume designer, è una comunione di intenti e visioni. anche se ci vediamo tra una ripresa e l’altra, sappiamo di avere lo stesso pensiero». 


LO: Quale luogo nel mondo consideri veramente casa?
PLB: Roma, ovviamente, più di Parigi o del Brasile, un Paese in cui ho viaggiato molto e che ho amato da morire perché i brasiliani sono stupendi e ti fanno subito sentire accolta.

LO: Torniamo a Sylvie: come è nata l’evoluzione estetica del personaggio nel corso di quattro stagioni insieme alla costume designer Marylin Fitoussi?
PLB: In questo progetto Fitoussi è abbastanza la padrona di casa, fa un po’ quello che vuole perché Darren Star (regista della serie, nda) ha perfettamente inquadrato il valore del suo lavoro. Magari meno all’inizio, ma adesso ha praticamente carta bianca. All’inizio della creazione di Emily abbiamo lavorato d’istinto sull’idea di “vestire” una Sylvie in stile fine anni ’90/2000 con pezzi di Helmut Lang e Rick Owens. Una moda old style tutta in nero, che mi ricordava le donne che ho conosciuto da bambina in Yohji Yamamoto, idea che poi non abbiamo spinto fino in fondo perché gli americani fanno fatica a comprenderla. Successivamente abbiamo cominciato ad aprire il guardaroba di Sylvie anche ad altro. Tra lei ed Emily c’è uno scambio silenzioso di vasi comunicanti dove una subisce a sua volta l’ispirazione colorata e stravagante dell’altra. Grazie ad Emily Sylvie “vede” i colori, vede altre cose. Emily ha un’intelligenza che Sylvie sa sfruttare, una contaminazione in senso positivo e forse anche in negativo. In questa ultima stagione lo dico apertamente: “non mi piace vendere lubrificante come se fosse crema” e cioè adattarmi a un certo marketing esuberante molto americano. In questa stagione però ho pensato che il personaggio di Sylvie dovesse essere più semplice nella sua estetica, per spostare il focus dai suoi outfit verso la persona in sé e la sua anima. Ho chiesto quindi alla costume designer di abbassare un po’ i toni. Non so in quale direzione andremo per la stagione 5, ma ciò che so è che ogni ogni volta che incontro Fitoussi è una comunione di intenti e visioni. Abbiamo più o meno le stesse idee e anche se ci vediamo tra una ripresa e l’altra con un certo gap temporale, sappiamo entrambe di aver fatto lo stesso tipo di pensiero.

LO: Venendo alla vita reale, cosa non manca mai nella tua estetica quotidiana? Hai un pezzo feticcio da cui non ti separi?
PLB: Sono semplicissima, un paio di jeans, una camicia e una giacca e sono pronta. Magari aggiungo un golf quando fa freddo e non ho fétiche. Però nutro una passione fortissima per gli occhiali da sole. Li adoro, li vedevo indossare alla mamma e già allora li trovavo interessanti da morire. Ho questi ricordi di me bambina a 7-8 anni con indosso gli occhiali di mia madre. Da allora questa passione mi è rimasta. A lei devo un’immersione profonda nel mondo della moda, oserei dire quasi totale e costante. Per reazione ho dovuto allontanarmene ma poi nel tempo ho realizzato che quel mondo mi ha insegnato moltissimo.

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Lungo abito di chiffon e cuissardes, CHLOÉ.


LO: Quanto conta l’arte nella tua vita, come coltivi la creatività?
PLB: Ciò che conta per me è la bellezza e la verità. E gli artisti ne fanno parte, insieme alla musica, che amo moltissimo. Adesso sto scoprendo giovani pittori, ad esempio mi sono appassionata all’arte di Jules Milhau. Un ragazzo di 24 anni cresciuto a Nîmes nel sud della Francia in una contaminazione mediterranea delle arti tra Camargue e la Spagna, l’Algeria e la Corsica. Nutro la mia creatività ascoltando musica, senza o quasi distinzione di genere: classica, brasiliana, italiana, americana. E poi c’è la letteratura, naturalmente, il teatro che adoro e anche il cinema, che guardo non perché sono un’attrice ma soprattutto come spettatrice. C’è la bellezza della natura, un’eredità che viene dalla mamma. Naturalmente c’è la fascinazione per la bellezza della gente, non perché perfetta, ma perché emana una certa luce, ne percepisco il cuore o l’entusiasmo che affiora e mi travolge. Tutto questo per me è arte, perché nutre l’anima.

LO:  A proposito di natura vengono in mente i lavori di tua figlia Taïs, artista, che hanno qualcosa di magico. Com’è il rapporto con lei in relazione a quello che invece hai avuto con tua madre?
PLB: Il rapporto con mia figlia è stretto e vicino, molto diverso da quello che ho avuto con la mia. Lei ha avuto una vita molto più pazza, i suoi erano anni dove ci si perdeva facilmente a una velocità frenetica insieme a papà, circondati da tutto quel successo. Con Taïs (Bean, avuta con il regista Richard Bean, nda) sono stata una mamma molto diversa, più che presente, di quelle che vanno a scuola a prenderla, la portano a casa e le fanno da mangiare. La relazione con mia madre è stata comunque ricca, nonostante non sia stata una mamma normale - nel senso non una di quelle che ti fa la pasta tutti i giorni - però mi ha dato tantissimo, così come ha trasmesso un bagaglio speciale anche a Taïs. Penso allo sguardo aperto e sensibile verso l’arte e la bellezza che oggi rivedo in mia figlia. Devo dire che c’è stato un passaggio piuttosto diretto tra di loro che mi rende felice e grata.

LO:  Che cosa deve avere un copione per convincerti ad accettarlo?
PLB: Deve essere scritto bene, la storia deve essere interessante da leggere, il personaggio ricco di strati di profondità senza l’urgenza della semplificazione. Adoro quando ci sono drammi, tragedie, cose complicate da dire. Anche se sembra strano, quando ho letto di Sylvie ho percepito subito che c’era materiale per andare a cercare anche altro, capire meglio la motivazione del perché si trattasse di una donna ferita. Ho bisogno che i personaggi abbiano questa profondità e spessore, e devo intravedere la possibilità di metterci un po’ “di carne”.

«Dopo Emily, adorerei fare qualcosa di più intimo e semplice, che può anche essere buffo, ma non nel senso più tradizionale della commedia».

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Abito di jersey e scarpe, FERRAGAMO; collana, POMELLATO.


LO: A cosa ti piacerebbe lavorare adesso?
PLB: Lavoro da tanto tempo e ho fatto tante cose che ovviamente la gente non può ricordare. Però adesso, dopo Emily, adorerei fare qualcosa di più intimo e semplice, che può anche essere buffo, ma non nel senso più tradizionale della commedia. Sono aperta a tutte le belle proposte, attenta a cogliere cosa la vita mi offre. Io credo che per noi attori esista un angelo che recapita le parti da interpretare nel momento in cui ne abbiamo un bisogno intimo. Progetti che permettono di vedere e capire certe cose di noi come esseri umani attraverso la parte da interpretare. L'angelo degli attori sa sempre cosa ci serve ed è molto strano. A volte vogliamo delle cose che non sono quelle che arrivano. Invece arrivano spunti di cui abbiamo bisogno che non sono quelli che abbiamo sperato.

LO: Hai fiducia nell’Intelligenza Artificiale?
PLB: No. Io sono per l’umano, sono per l’artigianale, il cuore e l’animo. Già usiamo l’A.I. ogni giorno, ad esempio quando andiamo su Google Maps. Ma più di così non ho voglia esplorare, mi sento già abbastanza a disagio con questo tipo di presenza. Dobbiamo tutti cercare di stare attenti e non abbassare la guardia per non farci fagocitare. Di recente ho letto un copione scritto da ChatGPT e l’ho trovato orrendo da quanto formalmente perfetto ma senza alcuna increspatura o umanità. L’ho sentito subito e mi ha respinta. Chi sei, cosa sei? Dai, restiamo umani.

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Abito con spacco e stivali, FENDI; gioielli, POMELLATO.

Hair: Fulvia Tellone @ Simone Belli agency
Make up: Fred Marin @ Call My Agent
Manicure: Asalaya Pazzaglia @ Simone Belli agency;
Production: Giorgia Masala @ Studio d Creative
Photo assistants: Francesco Gallo e Cecilia Moriggi
Stylist assistants: Maria Bruni, Luigia Tora e Giorgia Grifone 
Location: Accademia Costume & Moda, Roma

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