Perché ci sono solo direttori creativi uomini?
Il problema del gender gap infuoca Internet e i social. A seguito del lascito delle Direzioni Creative di Chloé e Alexander McQueen da parte, rispettivamente, di Gabriela Hearst e Sarah Burton, ci si chiede perché il futuro delle maison è ancora un affare da uomini caucasici.
La domanda che riecheggia in questi giorni tra Internet, giornali e social è "perché ci sono così tanti direttori creativi maschi e bianchi?". Forse per predominio storico del maschio in posizioni di prestigio nel mondo del lavoro? Perché? Eppure la moda che nasce principalmente per le donne, ma non riguarda solo le donne. Perché proprio un settore che ha approfondito i concetti di diversity e inclusione continua a ignorare le disuguaglianze che ci sono nel settore? Il gender gap nella moda cresce a dismisura.
Non ci sono direttori creativi donne nelle maison del lusso, ora con la dipartita di Gabriela Hearst da Chloé e di Sarah Burton da McQueen, chi rimane? Dopo il commovente addio di Sarah Burton il 30 Settembre 2023, è stato annunciato l'arrivo di Seán McGirr un altro stilista uomo e bianco. I grossi conglomerati del lusso, da LVMH, KERING, PUIG e Richemont hanno impiegato molte risorse nella comunicazione di concetti come "diversità e inclusione" ma di cui allo stato attuale del "mercato della creatività" non trovano, per ora, riscontro. La comunità gender fluid e non binary è quasi totalmente esclusa se non con l'eccezione di Harris Reed Direttore Creativo di Nina Ricci.
La prima miccia virale della contestazione è partita dall'account Instagram 1granary dedicato all'educazione nel mondo della moda, da cui è partita la provocazione dell'avere idea di quante stiliste donna di talento ci sono al mondo, da tutto il mondo che non sono state approcciate per un incarico prestigioso di direzione creativa. Seguendo le indicazioni dell’Unione Europea, tra i cui obiettivi dell’Agenda ONU 2030, vi è il raggiungimento dell’uguaglianza di genere e dell’emancipazione di tutte le donne e le ragazze, in Italia si sta ponendo particolare attenzione alla ricerca di una misura risolutiva, anche se come ha fatto notare Jazabelle Cormio tramite un booklet dato a tutti i partecipanti del suo show Cormio primavera estate 2024. Attraverso la voce di un'autoparlante durante lo show, Cormio sottolinea che le donne italiane rappresentano più del 70% della forza lavoro nella moda, ma ricoprono meno del 25% delle posizioni manageriali o di leadership, che meno del 51% delle donne italiane ha un lavoro, e 51% di loro ha un contratto part-time con le quali guadagnano il 30% in meno dei lavoratori uomini.
Attualmente, ci sono meno donne CEO nel settore della moda rispetto ai settori aerospaziale o finanziario. Secondo un studio di McKinsey, oltre l'85% dei diplomati delle migliori scuole di moda sono donne e un individuo su sei impiegato nel settore della moda a livello globale si identifica come donna (certificazione Fair Trade), ma solo il 14% circa dei 50 principali marchi di moda sono gestiti da donne (2018 ). Sono più le donne che si diplomano con una formazione nel campo della moda rispetto agli uomini, ma invece di dare loro un vantaggio competitivo per scalare le classifiche del settore, le donne continuano a gestire principalmente i negozi e gli studi di design invece che le case stesse, ma non è per mancanza di ambizione o qualificazione.
La moda rimane un business dominato dagli uomini, in cui le donne spendono il 226% in più rispetto ai loro colleghi maschi, ma gli uomini detengono ancora la maggioranza del potere per quanto riguarda la gestione delle case di moda. La discrepanza tra donne qualificate e donne prese in considerazione per posizioni di vertice è riconducibile a pregiudizi di genere. Secondo uno studio condotto dal CFDA, Glamour e altri chiamato "The Glass Runway", i manager delle risorse umane intervistati hanno ammesso di dare la priorità ai candidati uomini rispetto alle donne quando fanno colloqui per posizioni manageriali e alle donne non sposate e alle donne anziane rispetto alle donne sposate in età fertile, anche se i candidati hanno tutte le carte in regola per il lavoro.
Quando le donne ricevono lo stesso salario per lo stesso lavoro di un uomo, la società nel suo complesso ne trae beneficio. Come consumatori, possiamo investire e sostenere il lavoro delle stiliste e imprenditrici indipendenti con lo stesso zelo e la stessa regolarità con cui lo facciamo con le principali maison di moda. Dobbiamo smettere di applicare un genere al "lavoro domestico" in modo che le responsabilità familiari non siano solo della donna e che la smettano di allontanare in modo sproporzionato dal lavoro. Celebriamo le donne designer, leader, innovatrici e promotrici del cambiamento con entusiasmo, la creatività non conosce limiti, soprattutto di genere e razza.