Adrian Appiolaza e Carla Sozzani: «La nostra ossessione in comune? Il vintage»
Adrian Appiolaza, stilista argentino anima di Moschino con un passato da Loewe, incontra Carla Sozzani, gallerista, collezionista e custode dell'eredità di Azzedine Alaïa. Per discutere della comune passione per la moda vintage.
"Raccolta ordinata di oggetti della stessa specie, che abbiano valore o per loro pregio intrinseco o per loro interesse storico o artistico o scientifico o semplicemente per curiosità o piacere personale". Così il vocabolario definisce il termine collezione. Peccato che in quella descrizione manchi un aspetto fonda-mentale, la passione incontenibile, inestinguibile che pervade chi quelle raccolte le mette insieme. Prendiamo Adrian Appiolaza, stilista argentino direttore creativo di Moschino dal gennaio scorso dopo un passato da Chloé al fianco di Phoebe Philo, Miu Miu, Louis Vuitton e Loewe con Jonathan Anderson. E Carla Sozzani, gran dama della moda, giornalista, fondatrice nel 1991 di 10 Corso Como, gallerista d'arte, collezionista per se stessa e custode dell'immensa eredità di Azzedine Alaïa, circa 35mila pezzi radunati nel tempo dal couturier e oggi parte della Fondation Azzedine Alaïa a Parigi. I due si sono incontrati nella sede milanese di Moschino e ci hanno messo poco a scoprire la comune ossessione che accende loro gli occhi con un entusiasmo da ragazzini. E che è celebrata anche da un libro in uscita ora, "Collecting Fashion" di Alexandra Carl, edito da Rizzoli New York dove l'autrice visita gli archivi di grandi collezionisti tra cui appunto Appiolaza e Sozzani.
L'OFFICIEL ITALIA: Come avete iniziato a collezionare moda?
ADRIAN APPIOLAZA: La prima scintilla risale alla metà degli anni '80 quando vivevo ancora in Argentina. Là non era facile entrare in contatto con il fashion e ricordo l'emozione nel mettere le mani su una copia di "The Face" trovata in un negozio di roba usata: improvvisamente scoprivo Comme des Garçons. Qualche anno dopo mi sono trasferito in UK e lì la moda mi è arrivata addosso con tutta la sua potenza. Oltre a Comme, c'erano Margiela, Yohji Yamamoto, Issey Miyake. Quando sono entrato nel settore ho preso a fare ricerca approfondita su di loro e, complice eBay, a comprare i primi pezzi per capire le costruzioni degli abiti e studiare i materiali. Intorno al 2010 mi sono reso conto di avere un certo numero di pezzi e ho sentito il bisogno di comprendere a quale stagione appartenessero. Da lì ho cominciato a ordinarli.
CARLA SOZZANI: Per me è stato molto diverso. Ho iniziato a lavorare nella moda nel 68, ho visto davvero tanto. Nel 67 Yves Saint Laurent aprì la sua boutique di prét-à-porter e da quel momento tutto è cambiato. Con mia sorella Franca (storica direttrice di Vogue Italia scomparsa nel 2016, ndr) compravamo come pazze. Fino ad allora, per abiti di un certo tipo c'era solo la couture, ma da Saint Laurent potevi entrare, provare e portare subito a casa, era incredibile e ho tuttora diversi capi acquistati in quel periodo. Quando Versace inaugurò il suo negozio, si creò una coda che girava tutto intorno all'isolato. E poi Montana, Thierry Mugler, Armani. lo compravo per me stessa, in quel momento non pensavo a collezionare. E stato durante il periodo con Romeo Gigli che ho preso a comprare anche per fare ricerca, per trovare ispirazioni, senza contare che all'epoca indossavo di continuo jeans, anche di quelli ho una collezione.
LOI: Che rapporto avete con i capi che ora custodite?
AA: Per me è sempre emozionante. I primi tempi indossavo quello che ero riuscito a recuperare. Spesso erano pezzi da donna ma con proporzioni oversize perciò riuscivo a metterli. Ora, ogni volta che arriva qualcosa di nuovo, organizziamo una piccola festa con il mio compagno, Ryan Benacer, che si occupa attivamente dell'archivio, attualmente di circa 8mila pezzi. Apriamo la scatola, sistemiamo la new entry su uno dei manichini che teniamo in casa, dove abitualmente stanno i look più scenografici di Comme des Garçons, e ce lo godiamo.
CS: Con l'avvio di 10 Corso Como ho iniziato a ragionare da buyer e ad archiviare cose che pensavo dovessero essere tenute. Una volta avevo preso un pezzo di Comme des Garçons talmente bello da volerlo lasciare per un po' in display nel negozio. Una cliente l'ha visto e, per un malinteso, gliel'hanno venduto. Quando l'ho saputo non ho voluto sentire ragioni: ho fatto chiamare la persona per chiedere indietro l'abito, spiegando l'accaduto. Queste cose capitano quando ami davvero qualcosa. All'apertura dello spazio dedicato alla gioielleria, Issey Miyake venne a Milano portandomi in dono quattro vestiti, gialli e arancioni. Erano come opere d'arte, li esposi nello store e li posseggo ancora.
AA: Penso a quando sono riuscito a comprare il gilet di Martin Margiela in porcellana della colezione autunno inverno 1989-90. Per anni mi sono detto che non ne avrei mai trovato uno, poi ho avuto il contatto di una persona che aveva lavorato all'Artisanal e mi ha suggerito il nome di una signora. "Dovrebbe avere qualcosa perché era lei a farli", mi ha detto, così l'ho cercata e da niente, me ne sono ritrovati due!
LOI: Come gestite i rispettivi archivi?
CS: Il mio è tutto catalogato e praticamente integro. Ho giusto venduto qualche doppio, per promuovere il concetto di economia circolare, ma non intendo smembrarlo. Al contrario, valuto le acquisizioni di ciò che sarà il grande vintage di domani. Penso al Balenciaga disegnato da Nicolas Ghesquière. Ha fatto un lavoro eccezionale e oggi si riesce ancora a comprare abbastanza bene.
AA: Durante la pandemia Ryan aveva perso il lavoro e ha convogliato le sue energie sull'archivio. L'abbiamo promosso tramite una newsletter inviata a personaggi del settore e ora noleggiamo regolarmente i capi per ricerca, ma anche per celebrities in cerca di qualcosa di speciale, come Katy Perry al recente Vogue World a Parigi. Mi piace l'idea che quei capi possano ancora essere indossati. Se restano sempre chiusi nel magazzino non hanno più vita.
CS: Io ho sempre un po' paura che li rovinino. E se vanno una festa e li macchiano o strappano? Però hai ragione, quando abbiamo organizzato una mostra con i capi appartenuti a mia sorella, si vedeva che i vestiti erano contenti di uscire dalle scatole.
LOI: Carla, com'è invece la collezione di Azzedine Alaïa?
CS: Incredibile. Ci sono circa 35mila pezzi, tra cui grosso modo 500 Dior e 600 Balenciaga, giusto per dare qualche numero, ci sono anche capi di Jeanne Lanvin, Paul Poiret, del costumista hollywoodiano Adrian, di Madeleine Vionnet e Madame Grès, senza contare Jean-Paul Gaultier, Rei Kawakubo, Courrèges, Gabrielle Chanel. Azzedine era un perfezionista, studiava tutto al millimetro, non era mai soddisfatto del suo lavoro. E aveva un amore smisurato per la moda. Una volta andammo insieme a un'asta, era intorno al 2004 e nell'accomodarci mi disse: "Prometto, non comprerò nulla". Dopo un po' vedo che il prezzo continua a salire mentre lui si passa furtivamente un dito sul naso. Aveva concordato quel segnale con il battitore e non si è fermato nemmeno di fronte alle mie rimostranze: "Smettila, non abbiamo tutti quei soldi", gli dicevo, ma niente da fare.
LO: Adrian, c'è qualche nuova acquisizione importante in vista?
AA: John Galliano è la nuova ossessione mia e di Ryan. La creatività e la qualità delle sue collezioni è incredibile, il problema sono i prezzi. Sta raggiungendo delle cifre stratosferiche. Mi consolo ripensando a uno degli acquisti più incredibili della mia vita.
LO: E cioè?
AA: Ho comprato dei pezzi di Martin Margiela direttamente da Kristina de Coninck. Lei è stata la sua musa e ho avuto la fortuna di conoscerla tramite amici comuni. Mi ha invitato a casa sua, ha aperto i suoi armadi e ha accettato di vendermi alcuni capi, sapendo della mia grande passione per Margiela. È stato un momento che non potrò mai dimenticare.
LO: Carla, hai in cantiere iniziative speciali legate agli archivi?
CS: Ne parlavo giusto l'altro giorno con Olivier Saillard (direttore della Fondation, ed ex direttore del Musée de la Mode di Marsiglia e del Palais Galliera - Musée de la Mode de la Ville de Paris, ndr), per fare una mostra deve esserci un senso, una narrazione, ogni pezzo deve poter raccontare una storia. Sto pensando ai capi di Alexander McQueen che conoscevo fin dai tempi in cui era venuto in Italia a lavorare con Romeo Gigli, ma al momento è solo un'idea.