The Now Icon: Monica Bellucci
Ha girato più di 50 film ma nessun ruolo, né Malèna nell’omonima pellicola di Giuseppe Tornatore, né Alex di “Irréversible”, né la Maddalena della “Passione di Cristo” di Mel Gibson le si è incollato addosso e ha contribuito a definirla più delle campagne di Dolce & Gabbana. Nell’immaginario collettivo Monica Bellucci è la ragazza del Sud che si cambia dietro un telo che dovrebbe preservarne la modestia, ma che poi lascia cadere il costume bagnato perché un pescatore ne faccia il suo oggetto feticcio, nello spot neoreaista di Tornatore del ʼ94 che raccontava le prime fragranze degli stilisti. O la versione updated della diva anni ʼ50 cui bastano un abito fasciante, tacchi alti, occhiali neri, scollatura generosa e andatura ancheggiante per attirare l’attenzione di qualsiasi uomo nello short di Jonas Akerlund per Martini Gold sotto l’art direction D&G. O ancora la reincarnazione della ballerina turca Aiché Nana, il cui leggendario spogliarello al Rugantino è entrato nella leggenda come l’episodio iniziale della Dolce Vita, in una strepitosa campagna di Steven Meisel, co-starring Isabella Rossellini e Vincent Spano. Bilancia del ’64, nata a Città di Castello (Perugia), figlia unica, Monica Bellucci non vedeva l’ora di scappare dalla noia claustrofobica della provincia umbra. È Oliviero Toscani a scoprirla e a portarla, giovanissima, a Parigi. I francesi se ne innamorano, la redazione di Elle in particolare. Col suo ovale perfetto, i colori mediterranei, il corpo voluttuoso, la massa selvaggia di capelli, Monica diventa una star. E nell’epoca delle super top, Linda, Christy, Naomi, lei che sfila poco perché non è abbastanza magra, diventa però la musa di Dolce & Gabbana. Ma è il cinema il suo obiettivo. I camei prestigiosi (in “Bram Stoker’s Dracula” di Coppola, in “She hates me” di Spike Lee) lasciano presto il posto a ruoli da protagonista, come ne “L’appartamento” di Gilles Mimouni, il suo primo film francese. Importante anche perché sul set incontra Vincent Cassel, che sarà il suo compagno per 18 anni e con cui, oltre a formare la coppia glamorous del cinema dʼOltralpe, girerà altri sette film, tra cui il controverso succès de scandale “Irréversible”, di Gaspar Noé, ripresentato lo scorso settembre a Venezia in versione straight cut. «Nella versione originale del 2002 la storia partiva dalla fine, mentre adesso Gaspar l’ha rimontata in ordine cronologico», racconta Monica. «E questo permette di rileggere in tutt’altro modo il delirio di follia dei personaggi, la violenza, la poesia, tutto ciò che c’è di segreto in una coppia, l’umiliazione, l’istinto di morte... Non ci sono scene diverse eppure è tutto diverso. Rivedendolo così ho capito cose che prima non avevo compreso, tutti i ruoli degli attori acquisiscono un nuovo senso».
Un ruolo difficile da affrontare all’epoca, e non solo per la scena di stupro, ma «perché tutto il film era stato girato in piano sequenza, era stato come recitare in teatro. Il cinema è stato il mio sogno fin da piccola, mio padre era negli autotrasporti, mia madre era una casalinga, ma sono stati loro a trasmettermi l’amore per il cinema, per l’immagine, tanto che ho cominciato prestissimo a collezionare libri di fotografia. Per chi viveva in provincia il cinema allora funzionava davvero come un’apertura verso altri mondi». Nella sua carriera è stata diretta da Terry Gilliam, i fratelli Wachowski, Emir Kusturica, Sam Mendes... «I miei film preferiti? “Malèna”, “Irréversible”, “La passione di Cristo”: osservandoli in prospettiva, vedo di aver sempre istintivamente scelto ruoli di donne che vivono in un mondo di uomini. Mi è piaciuto anche molto lavorare con registe donne, da Maria Sole Tognazzi a Alice Rohrwacher, che mi ha voluta ne “Le meraviglie” a Rebecca Miller, che mi ha diretta in “The private life of Pippa Lee”». Mai pensato di passare dall’altra parte dell’obiettivo? O della cinepresa? «Assolutamente no. Ho troppo rispetto della professionalità necessaria per pro- varmici. Fotografo solo le mie figlie». Un rimpianto? «Non aver fatto “300”», il cult di Zack Snyder tratto dalla graphic novel di Frank Miller, un ruolo andato poi a Lena Headey, la Cersei di “Game of Thrones”. Non sono ancora distribu- iti in Italia gli ultimi film di Monica, “Nekrotronic” di Kiah Roache-Turner, «un horror/thriller dove sono una don- na così cattiva, fredda e manipolatrice da risultare divertente» e “Spider in the web” di Eran Riklis con Ben Kingsley. «Riklis è il regista de “La sposa siriana” e “L’albero dei limoni”. È una storia di amore e spionaggio dove io interpreto una scienziata e Kingsley una spia, in una trama di doppio gioco, violenza e manipolazione, calcolo e fragilità. Per prepararmi a un ruolo cerco sempre di immaginare da dove viene il personaggio, cosa vuole, il suo background, la famiglia, ma soprattutto la sua parte incosciente». Le risparmio le domande trite e ritrite su paura di invecchiare, la bellezza a 55 anni e sulle novità nella sua vita sentimentale. Ma non posso non chiederle cosa le piace fare quando non lavora. «Sono stata una viaggiatrice tutta la vita, al punto che un aereo potrei quasi pilotarlo, ma avendo avuto le mie figlie tardi (a 39 e 45 nni, ndr) poi ho deciso di rallentare. Deva oggi ha 15 anni, ha iniziato a fare la modella (per Dolce & Gabbana, ça va sans dire), Léonie nove. Tutto il mio tempo libero lo passo con loro. A Parigi, che mi piace perché offre molto a chi è appassionato d’arte, e in Portogallo, che adoro».
Foto Patrice van Malder
Testo Fabia Di Drusco
Styling Farouk Chekoufi
Hair stylist John Nollet
Make up artist Letizia Carnevale using Dolce & Gabbana Make Up
Set design Keti Chkhikvadze
Post production e assistente fotografo Kristina Wießner
Assistente Hair stylist Alexandre Charles- Gillot
Assistente stylist Katia Kruger
Special thank Isabelle Maurin e Cynthia Sunnen @ Hôtel Plaza Athénée.
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