In conversazione con Mario Sorrenti
Ossessione, ossessione, ossessione. Il suono del mare; le onde che si infrangono sulla sabbia delle Isole Vergini, senza sosta, in un moto perpetuo a scandire il tempo; un tempo in realtà indefinito; la natura rocciosa e una ragazza che sussurra con lo sguardo fisso in camera. Un viso indimenticabile quello di Kate Moss, agli inizi della sua carriera quando il signor Klein la spedì assieme al suo fidanzato di allora, il fotografo napoletano trapiantato in America, Mario Sorrenti, per dieci giorni su una spiaggia incontaminata. Soli, giovani, con una scatola di sogni custodita nel cuore. “We had nothing, we had nothing to lose” (“non avevamo nulla, nulla da perdere”), racconterà in seguito Sorrenti a proposito di quel periodo. Il risultato: la campagna della fragranza “Obsession” di Calvin Klein. Era il 1993, alla radio “In Utero”, ultimo disco grunge dei Nirvana, prima del suicido di Kurt Cobain, l’esordio dei Radiohead con “Pablo Honey”; al cinema “Pulp Fiction” di Quentin Tarantino, mentre si festeggiava la fine dell’Apartheid in Sudafrica e la notizia del Nobel per la Pace a Nelson Mandela; i primi anni dell’Internet, la globalizzazione, l’elezione del giovane figlio dei fiori (all’epoca) Bill Clinton a presidente degli Stati Uniti. Anni di fermento politico, un’economia in ripresa, the American Dream. Tutto questo negli occhi e nella macchina fotografica di Mario Sorrenti, capace di catturarli e fermarli per sempre quei momenti. Figlio di artisti napoletani che scelsero l'America per il futuro della famiglia. Francesca, la madre, come si legge spesso a proposito dell’infanzia del fotografo, si imbarcò su un volo diretto a New York con i suoi tre figli, otto valigie e qualche soldo in tasca. Una volta nella Grande Mela lavorò per Fiorucci e nel frattempo riuscì a reinventarsi come stylist, per poi fondare un’agenzia pubblicitaria; il padre scultore e pittore, citato molte volte dal fotografo, come dispensatore di consigli saggi, cresce i figli nella consapevolezza che l’arte può essere un lavoro e, che a proposito della sua professione gli ricorda “che non bisogna vergognarsi di essere felici. Perché la felicità è bella”. Una frase che in qualche modo spiega lo stato d’animo dei Sorrenti, scossi dalla morte prematura di Davide (a soli 21 anni), il fratello più giovane di Mario, skater, artista, fotografo, modello. La famiglia. Quella di sangue e quella che ti crei è fondamentale per la crescita di Mario Sorrenti, nella sua carriera di fotografo e Calvin Klein si inserisce perfettamente in questo quadro. Ѐ uno dei primi designer a vedere qualcosa in lui, a dargli credibilità.
“Ho cominciato a lavorarci assieme nel 1993; è stato Fabien Baron (al tempo direttore creativo per Harper’s Bazaar) a presentarci”.
Oggi i due ritornano a collaborare con “I Speak My Truth in #MyCalvins”. Un cast di talenti che incarna perfettamente il messaggio della campagna lanciata il 9 maggio e presentata da video firmati dal rinomato regista Jonas Lindstroem. Essere se stessi, senza filtri. Una serie di episodi che riprendono i protagonisti, tra cui la cantante Billie Eilish e la modella Kendall Jenner, mentre si raccontano onestamente, senza paura di essere mal interpretati (e per dirla “alla Instagram”, senza il timore del giudizio degli hater).
La dimensione di oggi, in cui i protagonisti della campagna, come tutti i ragazzi là fuori, si inseriscono, è costellata di fatti di cronaca che stanno cambiando il mondo, come all’epoca di “Obsession” negli anni novanta. La politica di Trump, l’atteggiamento xenofobo che come una malattia ha contagiato tutta l’Europa, la Brexit, come conseguenza di questo sentimento, le leggi anti aborto che a ridosso del 2020 suonano come un terribile Medioevo. Tutto questo negli occhi e nella testa di chi lo sta vivendo sulla sua pelle. E che non può non essere raccontato anche attraverso gli scatti di una campagna che rimarrà simbolo di questo periodo negli anni a venire.
Qui l’intervista rilasciata da Mario Sorrenti a proposito del rinnovato sodalizio e della sua esperienza personale con CK dagli anni 90 ad oggi.
I Speak My Truth in #MyCalvins è una campagna che celebra il coraggio di una nuova generazione capace di esprimere il proprio desiderio per un futuro migliore. Com’è stato lavorare con questi giovani talenti?
Mario Sorrenti: Il casting di questo progetto è eccezionale. I ragazzi sono stati eccezionali. Tutti questi talenti sono veramente stimolanti. Abbiamo parlato del progetto in anticipo con gli artisti e instaurato subito una relazione..e alla fine eravamo tutti molto eccitati dall’idea di lavorare assieme.
Che significato ha I Speak My Truth in #MyCalvins per te? Quale è stato il tuo approccio nel dar vita alla campagna?
M.S.: I Speak My Truth significa rivelare un aspetto o un’idea rispetto agli artisti che ne hanno preso parte. Volevamo raccontare la loro storia e condividere qualcosa di personale su di loro. C’è stato uno scambio di idee con tutto il team di creativi finché abbiamo avuto la sensazione di avere qualcosa tra le mani. Anche se non era del tutto completo, sapevamo che c’era il bisogno di lasciare che qualcosa di spontaneo succedesse sul set. Tutti erano coinvolti nella collaborazione e questo ha reso l’esperienza ancora più speciale. Chiunque aveva l’opportunità di dire la sua e tutti erano molto positivi rispetto a quello che stavamo creando.
Se pensi a Calvin Klein, alla mente tornano immediatamente le immagini di Kate Moss degli ann 90. Il simbolo di una generazione che stava cambiando il mondo. Guardando al tuo ultimo lavoro per Calvin Klein, vediamo una nuova generazione di teenager rappresentata da Billie Eilish ad esempio. Cosa vedi in questi ragazzi? Com’è cambiata l’estetica negli anni?
M.S.: Amo la nuova generazione di talenti. Sembra che tutti abbiamo qualcosa da dire. Il nostro ambiente creativo è cambiato drasticamente dalla campagna di “Obsession” (1993). Il mondo in cui viviamo è cambiato completamente grazie alla tecnologia in pochissimo tempo. Ma l’unica cosa che sembra rimanere sempre la stessa è che tutti noi abbiamo l’esigenza di esprimerci e di essere ascoltati. E questo è sempre stato importante anche per me.
I Speak My Truth in #MyCalvins è una campagna che rappresenta un messaggio molto forte. Noi tutti condividiamo le stesse paure e ci chiediamo spesso se ci stiamo comportando nel modo giusto, se appariamo nel modo giusto, dimenticandoci spesso che essere se stessi è la chiave vincente. Calvin Klein celebra questo senso di vulnerabilità e la libertà di essere se stessi attraverso questa campagna. Cosa ne pensi?
M.S.: La moda è sempre stata lo specchio di quello che le persone vogliono. E ha sempre supportato i giovani talenti ad esprimersi attraverso la loro voce.
Qualcuno potrebbe dire che una foto non può cambiare il mondo, ma può sicuramente rappresentare un’epoca. Può raccontare una storia che durerà per sempre. Qual è la tua relazione con il passare del tempo?
M.S.: Sono una persona molto curiosa, ispirata da nuove idee e dalle nuove tecnologie. Guardo al futuro e voglio far parte di questa nuova generazione.
Hai un ricordo della prima volta che hai avuto tra le mani una macchina fotografica?
M.S.: Ricordo di quando sono stato nella camera oscura per la prima volta e nel vedere le immagini definirsi e svilupparsi, ho pensato tra me e me “Fuck! This is amazing!”.