Fashion

Lou Stoppard racconta il nuovo libro che ripercorre la storia di Chloé

La casa editrice L’Ippocampo presenta l’ottavo volume della collana Sfilate dedicato alla storia del marchio francese Chloé che dagli anni 50 celebra le donne. A raccontarlo la scrittrice Lou Stoppard.

Il libro Chloé - Sfilate, Tutte le collezioni
Il libro Chloé - Sfilate, Tutte le collezioni

Dopo Chanel, Dior, Louis Vuitton, Yves Saint Laurent, Prada, Vivienne Westwood e Versace l’occasione dell’anniversario dei 70 anni di Chloé diventa la perfetta motivazione per presentare il nuovo libro edito L’Ippocampo "Chloé - Sfilate". Un volume che include 130 collezioni dalle origini del marchio negli anni ’50 fino a oggi, con oltre 1.100 look indossati dalle top model, e una prefazione di Suzy Menkes e i testi di Lou Stoppard. «C’è voluto tanto tempo. Ripercorre la storia di Chloé dall’anno di formazione, il 1952 fino ad arrivare ad oggi. È stato bellissimo avere accesso all’archivio che comprende i vestiti, le review delle sfilate, gli inviti e i look book, ho imparato tantissimo anche sulla storia della moda» Ed effettivamente sulla vita della fondatrice del marchio, la francese Gaby Aghion, si conosce ben poco ma sappiamo che Chloé è un marchio nato per le donne in carriera, si chiama con un nome diverso dal suo perché i suoi genitori non erano d’accordo che lei lavorasse con una sua attività propria e in quell’epoca non era dato per scontato che una donna lavorasse. «La donna Chloé è sempre stata complessa, consapevole, che nella vita non fa solamente una moglie. Una donna che abbraccia la sua sensibilità in maniera spontanea e non stereotipata, è libera, cool e respira i tempi che corrono. È un marchio molto vivo e ottimistico. C’è sempre stata questa idea della donna in movimento che guarda avanti che si esprime anche con silhouette fluide e leggere».

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© Paul van Riel / Hollandse Hoogte

“Il mondo si apriva di fronte ai miei occhi e credevo di poter fare qualsiasi cosa. Sentivo di avere le ali”. Gaby Aghion

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© firstVIEW/IMAXtree

Gaby Aghion si circondava di personalità di spicco come Louis Aragon, Paul Éluard, Tristan Tzara e in queste circostanze conobbe anche Karl Lagerfeld che nel 1964 si unì al team di Chloé come stilista freelance per poi diventare direttore creativo qualche anno dopo fino al 1983 che abbandonò il marchio per diventare direttore creativo di Chanel. Quel momento fu un periodo duro per la Maison e poi partì la guardia delle direttrici creative: «La prima fu Martin Sitbon, una stilista francese ma con un approccio britannico, che riportò la femminilità originaria del marchio e impostò i distintivi del marchio che rimarranno anche per le direzioni creative successive, una donna emancipata, d’impronta femminista, che vive di passioni. Nel 1992 ritorna Karl Lagerfeld che ebbe un successo ridotto, 5 anni dopo arriva l’ondata britannica». La prima, Stella McCartney con la sua direzione le vendite salgono, trasforma il marchio in un brand cool di fama internazionale, poi Stella lascia il posto a Phoebe Philo per aprire il suo omonimo marchio. «Philo ai tempi aveva 27 anni, seguiva il filone estetico di Stella con un approccio decisamente più». Poi arriva il turno non memorabile di Paulo Melim e Hannah MacGibbon che non ebbero un grande successo. Nel 2011 arriva Clare Waight Keller, (ex direttrice creativa di Givenchy) che riporta l’estetica anni ‘70 bohemien che chiude l’ondata inglese di direttrici creative, nel 2014 muore Gaby Aghion e arriva la prima ufficiale direttrice creativa Natacha Ramsey Levi: «Lei portato una ricerca importante sull’archivio stabilendo un approccio molto libero e un bellissimo rapporto con l’arte. I suoi vestiti sono meno immediati e porta un sacco di rivoluzioni come gli slogan sulle t-shirt e valorizza anche il logo rimasto sempre nell’anonimato». La fondatrice originaria era sempre interessata alle donne che colpivano sul contemporaneo, perciò lei ha sempre rappresentato le donne contemporanee. «Nel 2020 arriva Gabriela Hearst, arriva in un momento di crisi climatica per cui riflettendo sulle tematiche ambientali, e trasforma il marchio nel primo marchio Be-Corp. Probabilmente sarebbe stata la stessa direzione che avrebbe intrapreso Gaby Aghion. E poi si assicura delle condizioni lavorative di tutti i lavoratori dell’azienda, collabora con associazioni femminili, ed effettua un grande lavoro di ricerca sui materiali».

Un’imperdibile volume che racconta la storia di Chloé seguendo il mantra della fondatrice: «Tutto ciò che desideravo era che Chloé avesse uno spirito sereno, in grado di rendere felici le persone». 

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