Véronique Nichanian racconta l'uomo di Hermès: «Une histoire D’AMOUR»
Tra Hermès e Véronique Nichanian, alla guida del menswear della Maison da 36 anni, è stato amore a prima vista. Grazie al gusto della designer per i capi iconici, da tramandare di padre in figlio, progettati per poter durare nel tempo, il savoir-faire artigianale e i bei materiali.
Véronique Nichanian è alla guida del menswear di Hermès dal 1988 ed è la direttrice artistica con la carriera più lunga nella storia di una maison. Francese di origine armena da parte di padre, è l’anima homme della maison per cui ha costruito, stagione dopo stagione, una storia di eleganza e charme. Sguardo curioso, attitude cosmopolita, allure elegante, ha iniziato la sua carriera da Nino Cerruti dopo gli studi alla École de la Chambre Syndicale de la Couture. Dopo 12 anni accanto al designer italiano la telefonata di Jean-Louis Dumas, allora presidente di Hermès, e una colazione sulla terrazza dell’headquarter al 24 di rue du Faubourg Saint-Honoré a Parigi, dove oggi ha il suo ufficio/studio, hanno cambiato la sua vita con una mission precisa arrivata dallo stesso Dumas: “Gestisca l’uomo di Hermès come fosse una piccola impresa, ha carta bianca”. Questo l’incipit della storia. “Il mio lavoro non è cambiato nel corso degli anni ma è sempre stato guidato da una sola idea: non esiste un uomo Hermès ma esistono tanti uomini Hermès. E io ho cercato, negli anni, di raccontarli e di vestirli. Mi rivolgo a uomini di età diverse, professioni diverse, fisici diversi e stili di vita diversi. Che affrontano la vita con eleganza e un tocco di humour, che non deve mancare assolutamente mai”.
L’OFFICIEL HOMMES ITALIA: Lei è il direttore artistico con la carriera più longeva del panorama fashion internazionale ed è incredibile considerando il valzer di poltrone del fashion system oggi. Cos’è per lei Hermès?
VÉRONIQUE NICHANIAN: Hermès prima di tutto è la libertà di creare e poi è il saper fare, l’artigianalità, il rispetto anche del lavoro della mano e degli uomini. Intendo quella dimensione umana che pervade tutta la maison e che accomuna tutti i laboratori che collaborano alla creazione di questo mondo: è uno straordinario universo di artigianalità. Per me e per Hermès è fondamentale questo incontro tra l’artigianato e la modernità: qui si può lavorare su entrambi ed è tutto permesso. C’è anche libertà nel poter immaginare quale sia il nostro contemporaneo rileggendo e indagando nello straordinario passato di Hermès attraverso la lente di un know-how unico. Io mi sono innamorata di questa maison nel corso degli anni. E credo che lo stesso sia avvenuto da parte della maison: lo dico con umiltà, diciamo che la nostra è una bellissima storia d’amore reciproco.
LOHI: Una storia d'amore che dura da 36 anni...
VN: È incredibile, non avrei mai immaginato. Per me è stato un amore immediato ma non programmato. Sono una persona con entusiasmo e positività e questa gioia di poter creare mi ha accompagnato negli anni e ha aiutato a tenere vivo, ad arricchire, a nutrire la conversazione con Hermès.
LOHI: Come inizia e procede il suo lavoro su una collezione? Quale è il punto di partenza, l’ispirazione che la guida e la aiuta a creare?
VN: Mi piace raccontare una storia: ogni collezione, in parte, continua e prosegue il racconto della precedente. Posso dire che ogni stagione è un capitolo diverso, ma che il vocabolario è lo stesso. Ma allo stesso tempo ogni stagione cerca di mostrare il guardaroba maschile da un punto diverso, cercando di interpretare i desideri maschili seguendo la stagione.
LOHI: Il suo racconto è costruito intorno al guardaroba maschile reale...
VN: Ho sempre amato creare vestiti che sono oggetti di abbigliamento ancorati alla realtà. Fin dall’inizio della mia carriera ho cercato di esplorare l’abbigliamento, la sua costruzione, il suo know-how e di realizzare un abito, un look capace di raccontare l’uomo contemporaneo e la sua vita quotidiana.
"Il mio sogno era ed è quello di realizzare abiti che siano oggetti destinati a durare nel tempo"
LOHI: E come sposa la stagionalità della moda con la filosofia evergreen della maison Hermès?
VN: Ogni stagione cerco di interpretare il guardaroba homme con qualcosa di un po’ diverso, esplorando gli ossimori tessili. Cioè mescolando tessuti estremamente belli, estremamente naturali con acuti di tecnologia avveniristica. Cercando di leggere i grandi elementi emblematici del guardaroba maschile da una prospettiva completamente contemporanea e nuova. Ed è questo quello che mi piace e che posso fare da Hermès: i vestiti hanno una vita propria che può attraversare il tempo. Fin da prima che io arrivassi, tra i punti cardine della maison c’erano durabilità e longevità. Il mio lavoro è garantire che questi valori fondamentali siano rispettati, creando abiti che siano ben fatti perché prestiamo attenzione al modo in cui sono realizzati, ai materiali di eccellenza che li compongono. Oggi viviamo in un’epoca che deve prestare davvero tanta attenzione a tutto ciò che è sostenibile: io sono stata cresciuta così perché questa semplicemente è la filosofia di Hermès: per etica personale ed etica morale siamo attenti all’utilizzo della materia, a sprecare il meno possibile e creiamo oggetti di qualità destinati a essere conservati a lungo. Questo è il DNA di Hermès.
LOHI: Amore a prima vista anche per la condivisione dei valori...
VN: Ci siamo davvero incontrati... Penso che il mio modo di pensare, la mia educazione, la mia filosofia di vita e la mia storia siano in perfetta sintonia con quello che è e rappresenta questa maison straordinaria. Che mi ha accolto a braccia aperte fin dal primo giorno.
LOHI: Qual è il suo primo ricordo dell’avventura da Hermès?
VN: Il primo ricordo è decisamente divertente perché è stato Jean- Louis Dumas, che allora era il presidente di Hermès, a chiamarmi al telefono. Io pensavo fosse uno scherzo... All’epoca lavoravo con Nino Cerruti e mai avrei pensato che la maison Hermès potesse essere interessata a me. Ero incredula e lui per dimostrarmi che era davvero il presidente mi ha invitato a colazione qui sulla terrazza della maison ma fino a quando non me lo sono ritrovato davanti non credevo fosse tutto reale.
LOHI: E quando vi siete incontrati, come è andata?
VN: Mi sono innamorata dello spirito visionario e entusiasta di quest’uomo. Mi ha conquistato con la sua visione della maison: aveva in testa un progetto così chiaro, preciso e innovativo che sono rimasta ammaliata. Ha voluto a tutti i costi che facessi parte di questa avventura. Così sono tornata da Nino per dirgli che sarei entrata nella famiglia Hermès.
LOHI: E lui come ha reagito?
VN: Come il grande uomo che era: felice e orgoglioso, ed è stato un mio grande supporter. Nino è stato un maestro magnifico, gli anni con lui mi hanno insegnato tanto sulla moda uomo.
LOHI: Dopo questo primo incontro ha iniziato a creare la sua visione per Hermès e l ’ ha presentata a Jean-Louis Dumas... Che cosa l ’ ha guidata nel costruire il suo moodboard progettuale?
VN: Abbiamo parlato e discusso tanto, ci siamo confrontati ma io ho detto soltanto una cosa a monsieur Dumas: il mio sogno era ed è quello di realizzare abiti che siano oggetti destinati a durare nel tempo. Come la Kelly e i carré che aveva mia madre. Sono nata a Parigi, Hermès è una maison parigina e per me, avere oggetti iconici è una tradizione generazionale importante. Io ho cercato di replicare questa idea nel guardaroba maschile, con oggetti capaci di essere tramandati nel tempo da un padre ai suoi figli.
LOHI: Secondo lei che cosa ha spinto Monsieur Dumas ad arruolarla nella famiglia creativa di Hermès?
VN: Credo che l’abbia incuriosito il lavoro che stavo facendo insieme a Nino, la passione e il rispetto per il fatto a mano. Amo i tessuti, amo i materiali. Ho avuto un grande maestro e una buona scuola: Hermès è una maison di materie, è una maison di design, è una maison di colore e questo è tutto ciò che amo. Crescere accanto a Nino Cerruti è stato un grande privilegio: trascorrevo il mio tempo tra Parigi, Milano e Biella... Ci siamo divertiti tanto ed erano gli anni ’80 del made in Italy, anni fantastici.
LOHI: Dopo Nino Cerruti, che in quegli anni era il guru del menswear, l’avventura di Hermès... c’è qualche momento della sua carriera di cui va particolarmente fiera?
VN: Chi lavora con me sa che posso essere esigente, che voglio fare sempre meglio, che non sono mai pienamente soddisfatta. Diciamo che se devo trovare qualcosa di cui sono orgogliosa, sono i miei 36 anni alla guida dell’uomo di Hermès ma più di tutto sono fiera di aver costruito una squadra di collaboratori come Nino mi ha insegnato, ascoltando. E sono orgogliosa di avere delineato uno stile Hermès maschile riconoscibile.
LOHI: Uno stile Hermès al maschile... come lo definirebbe?
VN: È difficile descriverlo ma penso che il mio mondo estetico racconti uno stato d’animo fatto di colore e di silhouette, di proporzioni e raffinatezza. Per me è prima di tutto funzione, praticità, comodità e allo stesso tempo leggerezza, perché la modernità oggi è essere leggeri, viaggiare leggeri: l’uomo vuole una valigia che lo accompagni avendo quanto gli serve senza il peso delle cose, il peso della vita. Dobbiamo lavorare per costruire abiti chic che, allo stesso tempo, regalino confort, sensualità, raffinatezza. Nella mia moda cerco di raccontare questo con uno spirito molto francese.
LOHI: Se dovesse definire l’uomo Hermès figlio della sua visione?
VN: Dall’inizio del mio percorso e ne sono sempre più convinta, ho sempre detto che non esiste un uomo Hermès ma ci sono uomini Hermès, con età diverse, corporature, nazionalità, colore della pelle differenti. È la loro personalità che mi interessa quindi non ho un’icona in mente. Ma credo che gli uomini di Hermès abbiano denominatori comuni. Un sense of humor che li porta a non prendersi troppo sul serio, la capacità di riconoscere le cose belle: un oggetto, un tessuto, un capo ben fatto. L’uomo Hermès ha una grande sensibilità, è intellettualmente curioso, nel senso che è aperto al mondo, a culture differenti, alla scoperta del nuovo e di se stesso. E questo lo rende affascinante, charmant, attraente.
LOHI: In tutti questi anni di collezioni, di vestiti e di accessori, ci sono alcuni pezzi che considera i capisaldi della sua silhouette?
VN: È molto difficile rispondere, c’è stata una tale evoluzione nel mio lavoro ma anche nelle silhouette maschili stesse. Ci sono collezioni che ho preferito ad altre ma è come se fossero tutte miei figli... Non posso scegliere. Ma posso dire che mi rende orgogliosa incontrare persone per strada, all’aeroporto o al ristorante che indossano i miei vestiti. È come se all’improvviso vedessi prendere forma il mio pensiero. Mi sento orgogliosa di essere capace di sedurre un uomo con i capi che ho disegnato, di entrare nella sua vita regalandogli l’opportunità di esprimersi e, probabilmente, anche di trasformarlo. Mi piace pensare di rendere gli uomini più attraenti, farli osare, andare oltre fidandosi di se stessi.
LOHI: Ci sono dei pezzi che non possono mancare, che sono fondamentali per create lo stile di uomo?
VN: Dipende tanto dall’uomo e dalla sua vita... Ma se dovessi pensare ai miei “must” maschili direi una giacca di pelle molto bella e un maglione di cashmere con le giuste proporzioni. Pezzi destinati a essere custoditi. Una giacca tagliata alla perfezione e un paio di jeans, capaci di regalare un bel sedere. E il blouson di cuoio, che è la mia ossessione. Credo che ne esista uno in ogni mia collezione. È il simbolo di una certa libertà ed è destinato a durare nel tempo, ad essere passato di padre in figlio.
LOHI: Ha sempre desiderato di diventare una designer?
VN: Posso dire che ho sempre amato i tessuti e ho sempre amato la materia con cui poter costruire cose, inventare. Stilista non lo so... al liceo ero un po’ ribelle, non volevo essere come le altre. Cercavo di mettere il mio tocco personale in quello che dovevamo indossare. A Parigi esiste il mercato di Saint-Pierre dove andavo a comprare i tessuti con cui facevo i miei esperimenti. Quando ho avuto la possibilità di lavorare con Nino si è avverato un sogno: ero giovane e lui mi spiegava i tessuti, le trame. Mi ha insegnato un mestiere, è stata una scuola formidabile soprattutto perché Nino è stato un maestro molto esigente: era ossessionato dalla ricerca del meglio. E io oggi rivedendomi con il mio team mi comporto nella stessa maniera. Penso che questo stimolo porti sempre a qualcosa di migliore. Se ci ripenso anche mio padre era così: forse sono stata educata proprio in questo modo.
LOHI: In questi anni come è cambiato il suo approccio all’uomo o è l’uomo che è cambiato molto negli ultimi anni?
VN: Gli uomini sono cambiati molto, il mondo è cambiato molto, fortunatamente: c’è molta più tolleranza e apertura mentale rispetto al passato quando il mondo del lavoro imponeva un vestito-divisa per affermare un certo ruolo, una certa importanza, l’intelligenza e la credibilità. Oggi non è più così. Quindi la mentalità è cambiata, gli uomini sono cambiati, i magazine hanno anche permesso agli uomini di acquisire fiducia in se stessi, di capire che ci si poteva vestire diversamente rispetto a quello che gli era stato insegnato.
LOHI: E lei come ha partecipato a questa rivoluzione-evoluzione?
VN: Ho partecipato portando materiali e tessuti nuovi, proporzioni cui forse gli uomini non avrebbero pensato. Siamo cresciuti insieme, ci siamo accompagnati e ora ciò che è interessante è vedere che gli uomini comprano per piacere. Ricordo che mio padre mi diceva che aveva bisogno di un cappotto o di un vestito perché gli altri erano consumati. Oggi un uomo non acquista per necessità.
LOHI: E quale è il suo rapporto con il passato? Lavora con gli archivi?
VN: Hermès ha archivi straordinari per gli accessori, e trovo che sia molto interessante tutto quello che è stato fatto in passato. Ma è così che agisco, preferisco guardare avanti. Questo è il ruolo dei creativi: proporre qualcosa che nessuno ha immaginato o visto. Trovo che quando le persone entrano nelle maison e navigano negli archivi per rifare le stesse cose, non è creazione. In 36 anni sarò andata due volte negli archivi di Hermès.
LOHI: In generale il passato è qualcosa che la affascina?
VN: Non sono una persona nostalgica e trovo che in passato siano state fatte cose straordinarie contestualizzate alla loro epoca o al loro momento. Che ci siano state epoche terribili e anche particolarmente interessanti. Per Hermès è diverso: il know-how e l’artigianalità sono così preziose che non sono legate a un’epoca ma con il passare del tempo sono cresciute e divenute parte del linguaggio attuale.
LOHI: Le parole che sono ritornate più frequentemente in questa conversazione sono artigianalità e know-how... come fa ogni stagione a includerle nel suo racconto creativo nel menswear, proiettato al futuro?
VN: L’artigianalità di Hermès è qualcosa che ho sempre ben in mente quando immagino una collezione. Alcune volte in maniera più importante, altre in maniera più sottile. Ma fa parte del DNA della maison, quindi pervade ogni collezione ribadendo un’idea di bello e ben fatto. Tutto parte dalla materia che è l’elemento principe del racconto. Una materia che deve essere creata e plasmata con la voglia di farlo e un pizzico di divertimento. Io ho la fortuna di fare un lavoro straordinario che mi permette di divertirmi tutti i giorni: posso disegnare per creare il nuovo. Ci sono così tante persone che si annoiano o che fanno cose perché sono obbligate. Quindi, francamente, non posso che ringraziare Hermès per permettermi di divertirmi da 36 anni a questa parte.