Vintage Hunter: l'intervista a Saida Bruni
Saida Bruni possiede uno degli archvi di moda e pezzi rari più rilevanti. Tra i suoi stilisti di riferimento riaffiorano i nomi dei grandi maestri concettuali tra cui Hussein Chalayan, Carol Christian Poell e Alexander McQueen.
“Cool girls buy vintage”. È lo statement della bio Instagram di Saida Bruni, che rimanda al suo archive gallery online Akhralova, tra i supporter anche l’attrice Alice Pagani. Una passione per la moda trasmessa da sua sorella maggiore e commutata al vintage per il desiderio di rendere il proprio stile unico. Ossessionata dalla qualità dei tessuti e dalla storia della moda, ogni capo dal passato diventa un racconto. «I sandali Tabi Les Topless di Martin Margiela della S/S 1996 sono una rarità, li ho acquistati da Aotc, una boutique senza insegne tutta bianca che rievoca il laboratorio di Margiela. Il proprietario, Valerio, ha lavorato a lungo nella moda negli ’80/’90 e le sue storie mi hanno fatto amare ancora di più i capi di quegli anni. è stato di ispirazione». Nella check-list presenti anche un abito di tulle nero di Prada del F/W 1997 e una gonna di Alaïa della S/S del 1996, «è uno dei pezzi preferiti da Carla Sozzani, di cui vado molto fiera». E ancora, un acquisto inaspettato nella sua città, Pesaro, in un mercatino sotto casa: un abito di Dolce & Gabbana del 2005, «era senza etichetta ma l’ho riconosciuto subito, lo stavo cercando online fino a qualche giorno prima».
Per Saida in tema vintage è necessario essere curiosi e proattivi. «I mercati e le bancarelle possono riservare ancora sorprese. Non esitare mai». Consiglia: «se trovi un pezzo che pensi valga la pena, prendilo. Non lo troverai più!». Saida studia con attenzione le sfilate del passato in fase di ricerca o per creare i suoi look. «Indimenticabile Galliano per Dior nel 1998 con la Haute Couture S/S all’Opéra Garnier, o quella del 1995 quando Kate Moss dalla passerella baciò Johnny Depp, al tempo suo fidanzato, seduto in prima fila, un momento romantico che rappresentava alla perfezione il vestito che indossava». Fino all’interesse per le sfilate politiche e di denuncia sociale come il “Burqa” show del 1996 di Hussein Chalayan, la provocatoria “Highland Rape” del 1995 di Alexander McQueen o quella di Carol Christian Poell del 2004 a Milano sul Naviglio con i modelli moribondi. Una menzione speciale per Saida va al lavoro di Tom Ford per Gucci: «ha ridefinito il concetto di lusso contemporaneo, rispettando l’heritage del brand e il suo linguaggio, è un connubio perfetto tra sensualità e raffinatezza; anche un semplice tank top costruisce un look. Ne ho diversi pezzi e li amo tutti!».