Interviste

Magliano's Interland

Tra i protagonisti del LVMH Prize 2023, Luca Magliano racconta il suo rapporto con Bologna, la moda e l'arte, che trova: «pessima, borghese e odiosa». 

Luca Magliano ritratto da ⒸJacopo Benassi.
Luca Magliano ritratto da ⒸJacopo Benassi.

«Lavorare nella moda non è mai stato un sogno di quando ero bambino. Ho sviluppato interesse per il design e a un certo punto sono entrato in sintonia con Barbara Nerozzi, un architetto che insegnava al Politecnico che è diventata la mia mentore. Mi ha indirizzato raccontandomi i valori del progetto fashion che ho trovato pienamente nelle mie corde», racconta Luca Magliano, per gli amici Luchino, che quest’anno è stato selezionato tra i finalisti del LVMH Prize 2023. Si descrive come una persona estremamente polemica, risultato di una retaggio culturale ben preciso e localizzato a Bologna. Propone una moda ruvida che ha a che fare con una dimensione carica di storia, vissuta e quasi magica.

L'OFFICIEL ITALIA: Che cosa hai imparato dalla tua prima esperienza lavorativa da Alessandro  Dell’Acqua?
LUCA MAGLIANO: A stare in ufficio, ricordo che ero teso e avevo incontrato delle persone di valore. È stata un’esperienza breve ma significativa, poi sono tornato fisso a Bologna perché il mio fidanzato era qui. Mi sono trovato senza lavoro, ho fatto tanti colloqui che non funzionavano e ho pensato che fosse importante iniziare qualcosa di personale, un po’ per provocazione ma soprattutto per la necessità di continuare a lavorare in questo ambito. Ho presentato la mia prima collezione, ho partecipato a Who’s on Next, l’abbiamo vinto e dall’inverno 2018 è iniziato tutto quanto, senza business plan ma cavalcando l’onda di una forte emotività che a quanto pare è ancora trainante.

LOI: Leggendo la descrizione sul tuo nuovo sito mi colpisce la definizione “look spettinato”. Che cosa intendi?
LM: I riferimenti che facciamo non sono mai formali e il rapporto che abbiamo con il design è fortemente anti materialista. Spettinato mi sembrava un modo carino per dire rough. I vestiti che indossano i nostri clienti sono capi con cui hanno dormito una notte, la sensazione che devono dare è che abbiano a che fare con qualcosa di vero, non di appena uscito dalla boutique. La mia esperienza con lo stile non è legata al glamour altolocato, io voglio celebrare la realtà perché la conosco bene e ha molto da dire.

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Magliano la sfialta primavera estate 2023

LOI: Cos'è per te Bologna?
LM: Un bellissimo luogo dove ho vissuto la mia adolescenza e la scoperta della mia identità sessuale. Ho avuto modo di interagire con luoghi simbolici della comunità LGBT come il Cassero. Poi ci sono altri luoghi che sono stati chiusi come il centro sociale XM24. Bologna mi ha insegnato lo spirito del: “lo puoi fare con 5€” non serve andare in boutique, basta andare in Montagnola (il mercato vintage vicino alla Stazione, ndr). Se volessimo fare le signore, non ce la faremmo comunque. Mi ha insegnato a tenere a cuore le cause degli altri, o perlomeno a guardarle senza far finta di vivere in un altra realtà, perché è un territorio condiviso: i diritti dei lavoratori sono in piazza insieme ai diritti delle donne e a quelli degli omosessuali. È come se fosse un laboratorio di persone che si guardano e si ascoltano, possiede ancora una forte identità politica, ci sono ancora tante intersezioni tra classi sociali differenti e per me è molto rilevante. Sono omosessuale, appartengo alla working class, questa è la mia storia e la voglio rivendicare con orgoglio.

LOI: Sei considerato uno dei designer più politici nel panorama contemporaneo, su quale tematiche ti senti più schierato?
LM: Per Magliano non c'è mai stata una causa sulla quale ci siamo spesi come brand perché ho sempre pensato che potrebbe essere interpretato come strumentale. Non voglio, la moda non è un territorio politico perché diffonde messaggi politici, ma lo diventa quando celebra un’etica con l’estetica. Se dovessi pensare a un argomento che ci guida è la fragilità delle persone, come quella dei vestiti.

LOI: Come hai coltivato nella vita la tua irriverenza?
LM: Come se fosse qualcosa che non avrei mai voluto abbandonare. Senz’altro proviene da una maniera di incanalare la rabbia, che è sicuramente la mia cifra di essere umano. Il mio lato più dissacrante è un piccolo tesoro personale a cui non voglio rinunciare. All’inizio questo tratto veniva fuori ad alta voce, ora in maniera più sottile e puntuale.

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Campagna primavera estate 2023, foto ©Leonardo Scotti

LOI: Che rapporto hai con l’arte?
LM: Pessimo, la maggior parte delle volte la trovo borghese e odiosa. Mi fa cagare, ma noi di Magliano lavoriamo con tantissimi artisti. Però sul nostro wall di collezione ci sono degli eroi dell’arte come Judy Chicago con il suo modo di rappresentare il femminismo, oppure Joseph Beuys con la sua capacità di raccontare il lavoro. Io detesto andare a vernissage a meno che non ci sia qualcuno di cui mi fido che mi consiglia e mi sprona ad andare. 

LOI: Però all’artista Luigi Ontani hai dedicato la collezione F/W 2023-24…
LM: Ontani è un pezzo straordinario di Bologna. Io sono di Sasso Marconi e lui invece è di Grizzana Morandi, lo vedevo per strada, era una visione, vestito di shantung scintillante con colori folli dalla testa ai piedi. Tutti potevano andare da lui a parlargli, stringergli la mano e confrontarsi con lui. 

LOI: Chi sono i tuoi stilisti preferiti?
LM: In cima c’è Franco Moschino perché fa riferimento alla natura intellettuale della moda e ha saputo interpretare l’impegno, nel senso più alto della parola, con una grazia incredibile. Poi ho studiato il lavoro di tanti altri designer che hanno lasciato il segno nella nostra cultura, come Walter Albini e Miguel Adrover.

 

LOI: Se dovessi citare delle personalitá che ti hanno influenzato?
LM: Degli scrittori, mi piace da morire leggere. Direi Sandro Penna, a mio avviso il poeta più lucente del mondo: matto, gay, morto senza denti perché si rifiutava di montare la dentiera. Antonio Gramsci, Pier PaoloPasolini, Angela Davis e Cesare Pavese.

LOI: Come funziona il tuo processo creativo?
LM: Noi abbiniamo oggetti alle persone in maniera catalogica: dato un certo argomento iniziamo a selezionare oggetti, dettagli e indizi che non riguardano la moda e li organizziamo in un catalogo per tipologia. Questo diventa come un abaco degli elementi che andiamo ad utilizzare ogni volta che lavoriamo. Infine ci capita di ridistribuire una serie di look o focus della collezione su una serie di personaggi immaginari archetipici di Magliano come “L’Operaio” oppure “La Frocialista” con tutta la sua parure.

LOI: Quali sono i tuoi guilty pleasure in termini di moda?
LM: Sono ossessionato dal decoro. Le prime collezioni erano più massimaliste, ora cerco di dosare la mia pulsione. Piume, frange, passamanerie della nonna, puttanate varie mi mandano fuori di testa. Io ho uno scarsissimo rapporto con il mio guardaroba, l’estate la faccio in canotta e l’inverno lo faccio con il maglione degli scout.

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Foto di backstage alla sfilata primavera estate 2023 foto di ©Frank Sánchez

LOI: Che importanza ha per te il cast dei modelli?

LM: Rappresentiamo un certo tipo di umanità, le persone che prendiamo hanno sempre qualità cinematografiche, parliamo molto con i nostri modelli e spieghiamo il messaggio che vogliamo veicolare. Per noi un look senza l’interprete giusto non significa nulla. Da un po’ di stagioni stiamo lavorando con il ballerino e artista Michele Rizzo con cui abbiamo studiato la camminata “alla Magliano” un brief che è rimasto aperto e che vogliamo sviluppare di stagione in stagione. Di solito durante i fashion show ci sono tantissime persone che sono disinteressate, il nostro obiettivo è chiedere l’attenzione, quindi anche lo sguardo dei modelli diventa un elemento performativo che crea una tensione tra lo spettatore e il brand.

LOI: E la soddisfazione più grande del tuo lavoro?
LM: La squadra, se mi volto e guardo indietro a che cosa è successo fino ad ora, noto che il più delle volte le persone hanno voluto contribuire sobbarcandosi una marea di stress. E questo mi emoziona tantissimo.

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