Jean-Paul Gaultier il freak king
Sono passati 50 anni da quando Jean-Paul Gaultier ha varcato lo soglia dell’atelier di Pierre Cardin. 50 anni di grande moda, di collezioni eccentriche e dirompenti, che hanno portato la strada e il rock sulle passerelle della haute couture. Per festeggiare la sua ultima collezione, il 22 gennaio tutte le icone degli anni ʼ80, le muse e gli amici dello stilista, sono stati invitati a uno show haute couture di 70 minuti, destinato a reinterpretare mezzo secolo di storia della moda al teatro Chatêlet di Parigi. Ma attenzione, non c’è spazio per le lacrime, perché a 68 anni (in aprile) Jean-Paul lascia la passerella per iniziare una nuova carriera fatta di cinema, teatro e della sua più grande passione: il “Fashion Freak Show”, uno spettacolo autobiografico lanciato nel 2018 nel teatro parigino Folies Bergère. «Le persone vestite male sono sempre quelle più interessanti», racconta lo stilista. Nessuno, nemmeno lui, avrebbe pensato che il ragazzino nato nel 1952 nella banlieue di Parigi, a Arcueil, avrebbe sovvertito la moda francese fino a diventare direttore artistico di Hermès nel 2003. E nessuno come Gaultier è stato capace di reinventare lo stile parigino, senza mai peccare di sciovinismo, utilizzando il cappello frigio, la marinière e il tricolore. Appassionato di fisici e morfologie atipiche, mediocri, extra-large, androgine, bizzarre e irregolari, Gaultier inserisce nel 1980 un annuncio sul quotidiano Libération, che rimarrà la più bella descrizione della sua personalità: «Stilista non conforme cerca modelli atipici. Le facce irregolari sono benvenute». Nasce così l’estetica di Jean-Paul Gaultier capace di rafforzare il mito di Madonna, ispirare gli artisti britannici Pierre & Gilles, sublimare gli anni Ottanta di Kenzo e Boy George, che in questa sfilata d’addio canta Amy Winehouse, e di far sorridere perfino Anna Wintour, nascosta dietro gli occhiali da sole, in prima fila. Mentre Béatrice Dalle, in passerella, sfila spegnendo una sigaretta, Amanda Lear, Dita Von Teese, Farida Khelfa e Rossy de Palma movimentano la scenografia pensata dalla coreografa spagnola Blan- ca Li. E le collezioni di Gaultier sfilano, sotto gli occhi del ministro della cultura Franck Riester, Laetitia Casta, Christine & the Queens, Inés de la Fressange e del maestro Pierre Cardin (età 97 anni). Un viaggio sentimentale pieno di emozione che, ancora una volta, stravolge le eti- chette della moda.
Partiamo dall’inizio... Quando hai incominciato a disegnare abiti?
Quando ero bambino, ho capito che potevo essere amato attraverso i miei disegni e, in seguito, le mie collezioni. Ho fatto questa professione per essere amato.
Il primo passo nella moda lo hai fatto grazie a uno stilista italiano...
Sì, avevo 18 anni quando ho iniziato a lavorare nell’atelier di Pierre Cardin, la casa di moda più innovativa del tempo. Cardin era il direttore creativo e finanziario, si occupava di tutto. È stato un maestro stupendo che mi ha insegnato la libertà.
Come descriveresti la sfilata organizzata in occasione dei tuoi 50 anni di carriera?
È stato un bordello pieno di feli- cità, tutto quello che amo! Non avevo mai organizzato una sfilata con così tanti modelli e amici. La collezione è gigante sca e il risultato è l’espressione di tutto quello che amo.
Qual è stato il tema principale della sfilata?
In primo luogo, il riciclo. La mia prima scuola è stata il mercato delle pulci. Mi piace l’idea di costruire i modelli a partire da pochi elementi. Quando uno ha pochi soldi, si arrangia per trovare idee inedite. All’epoca andavo a comprare delle tute da lavoro che trasformavo in capi femminili, ispirato da mia madre che durante la guerra utilizzava dei vecchi pantaloni di mio padre per farne delle gonne.
La sfilata del 22 gennaio 2020 è stato un au revoir o un addio?
Questa non è la fine, ma l’inizio di qualcosa di nuovo. Una nuova fase della vita. Domani il marchio e le collezioni continueranno, ma senza di me. Ho studiato un nuovo concept per Jean-Paul Gaultier, ma io mi occuperò di altri progetti e collaborazioni, con un interesse particolare per una passione di sempre: il cinema. Come all’inizio della sfilata, l’immagine della tomba che si spalanca e che dà vita a qualcosa di nuovo rappresenta esattamente questa fase della mia vita. Non smetterò mai di creare! La cultura cattolica ci ha insegnato che la morte ha un’accezione negativa e triste, ma in altri paesi è vissuta anche come un momento gioioso e di festa.
Perché lasciare oggi il mondo della moda?
La vita è fatta di fasi. Penso a quella conclusa con la morte di Francis Menuge (il suo compagno, mancato nel 1990, ndr), al seguito della quale mi ero posto la domanda se continuare o meno. Poi c’è stata Madonna, il cinema e il teatro... In 50 anni ho realizzato tante collezioni ed è tempo di lasciare il po- sto ai giovani talenti. Inoltre, la società e il sistema della moda sono cambiati. A partire dal lancio del ”Fashion Freak Show”, ho cominciato a pensare di la- sciare le collezioni.
Dove nascono le tue idee?
Non ho fatto studi di moda o grandi scuole... La mia educazione inizia con Falbalas (film di Jacques Becker del 1945 con i costumi di Marcel Rochas). Nel film c’è una musa, illuminata da una luce meravigliosa, capace di ispirare il protagonista. Nel processo creativo vale la stessa cosa anche per me: non potrei fare questo lavoro senza gli amici e tante personalità diverse, capaci di ispirarmi attraverso molteplici tipi di bellezze.
Cosa ti hanno insegnato 50 anni di moda?
La moda è sempre in contatto con la vita e la realtà. È un’espressione della società contemporanea. Che cosa è capace di riflette oggi? Una realtà complessa e caotica in cui la politica e le questioni ambientali sono decisamente essenziali. Il mio lavoro è sempre stato quello di sentire e percepire quello che succede nella società.
Dopo 50 anni di carriera, cosa ti auguri oggi?
La cosa più importante: continuare a essere libero.
Foto Marco Tassini
Testo Ettore Bandiera
Art director Alexandra Mas
Models Larsen Thompson @Next Models e Gavin Casalegno @Next Models
Make up artist Anne Arnold
Hair stylist Christophe Gaillet
Production Mas Tassini Studio
Studio assistant Andressa Monteiro Durães