La felicità a portata di Freitag
Costruirsi un piccolo angolo di felicità in tempi di emergenza coronavirus e di lotta al razzismo è lecito? Sì, secondo l’inglese Allan Drainsfield, nel 2019 nominato da Freitag Executive Vice Pleasident for Global Happiness, con un gioco di parole tra le due parole inglesi “president” e “pleasure”, rispettivamente presidente e piacere.
Se il mondo della moda e degli accessori sente il compito di rappresentare lo spirito dei tempi e di prendere posizione contro le ingiustizie sociali, per il marchio svizzero, nato dall’intuizione e dalla caparbietà dei fratelli Markus e Daniel Freitag, è altrettanto importante la ricerca del benessere interiore. Nel 1993 i due scardinavano il concetto di borsa, con la prima Messenger Bag, costruita riutilizzando teloni di camion, cinture di sicurezza e camere d’aria delle ruote da bicicletta. La loro idea fantastica li ha trasformati nel tempo in imprenditori di successo, senza lasciarsi però fagocitare da un sistema che spesso antepone il profitto alla gioia. Così quando il mondo si è progressivamente fermato nel tentativo di contenere la diffusione del Covid-19, loro hanno chiesto a Drainsfield di portare luce in un momento di spaesamento e paura. Il risultato è la #donthurry_challenge, ovvero l’invito, lanciato attraverso i social media, a costruire un proprio totem casalingo come personale dispensatore di felicità.
In occasione del venticinquesimo anniversario di Freitag, ad Allan era stato affidato il compito di: «Incrementare l’apporto serotoninico mondiale», attraverso una serie di esperimenti sociali, tra cui l’andare in giro per il mondo e chiedere alle persone incontrate per strada di saltare mentre lui li ritrae, immortalando quell’happy instant (oltre che il look, aggiungiamo noi fashionisti indefessi). Ora racconta a L’Officiel Italia, il senso del suo ruolo in Freitag e gli effetti questo ultimo esperimento nato in modalità lockdown.
Freitag ti ha chiesto di provare a rendere il mondo più felice, ma davvero la felicità è possibile in una situazione tanto complessa?
Sì, ne sono convinto. Abbiamo tutti dovuto rallentare e questo, in fondo, era uno dei miei primi obiettivi: interrompere la frenesia che ci faceva muovere di continuo, respirare e riflettere su ciò che davvero conta nelle nostre vite. Spero che le attuali restrizioni ci facciano capire quali sono le semplici gioie della vita. Io per esempio, mai avrei pensato di passare la quarantena in un capanno in mezzo al bosco a fare bird-watching. Non mi ero mai reso conto di quante differenze ci siano tra le varie specie. Alcuni sono timidi, altri camminano giù dagli alberi, oppure saltellano tutto il tempo, come fa il junco. Riuscire a connettermi con la natura è stata fonte di grande gioia.
Stiamo vivendo tempi eccezionalmente difficili, che cosa consiglieresti a chi è assillato da preoccupazioni e angoscia
Non perdete la speranza, alzate gli occhi verso il cielo. Le cose non sono cambiate così tanto, le nuvole continuano a rincorrersi e le stelle a brillare. Il tempo passa senza badare ai nostri drammi terreni e presto ci ritroveremo a ripensare alle giornate passate in casa, alla semplicità di quel modo di affrontare le giornate. Le nostre vite super impegnate ci stanno aspettando proprio lì dietro l’angolo.
Perché avete lanciato la #donthurry_challenge?
Volevamo stimolare la creatività delle persone. Chiunque sia in grado di liberare la propria mente, diventa un esploratore, anche se lo smart working e le misure anti-contagio lo tengono molto in casa. L’idea di un totem è un modo per invitare tutti a creare un tempio della felicità, nobilitando oggetti già presenti nel nostro quotidiano.
Qual è stata la tua conquista più bella da quando la Freitag family ti ha nominato Executive Vice Pleasident for Global Happiness l’anno scorso?
Era il maggio del 2019 e con il mio cameraman Pawel stavamo girovagando per le strade di Amman in Giordania, insieme all’amico Sina che ci faceva da interprete e da guida. Abbiamo avvicinato una donna che camminava insieme alla figlia e le abbiamo chiesto che cosa la rendesse felice. Lei è scoppiata a piangere e ha abbracciato Sina per cinque minuti. Poi ci ha spiegato che nessuno le aveva fatto quella domanda per tanto tempo e lei si era presa in giro da sola, raccontandosi che in casa tutto era a posto, per il bene di sua figlia, anche se non era vero. Ci ha ringraziati per averle fatto capire che doveva cambiare la sua vita. Mentre noi abbiamo preso atto che una domanda semplice e diretta ha il potere di connetterci a degli sconosciuti e di vedere le cose davvero importanti dentro di noi. Raccogliere tante risposte in diverse parti della Terra ci aiuta a condividere empatia e comprensione, a dimostrazione che sono le cose più semplici quelle più efficaci.
Che cosa ti rende felice oggi?
Gli incontri con la natura selvaggia, dondolare sull’amaca e creare cose.