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28 posti a Milano, la cucina di Marco Ambrosino

Marco Ambrosino, giovane chef di Procida, propone una cucina contemporanea nel bistro milanese 28 posti
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Prendete Procida, il profumo del mare e la cucina tradizionale campana, aggiungete un’esperienza al Noma di Copenhagen e la cucina d’avanguardia. Il risultato è la storia di Marco Ambrosino, giovane chef del bistro 28 posti che ultimamente sta facendo molto parlare di sé.

Passeggiando da via Vigevano per raggiungere il naviglio, è facile capitare in via Corsico e imbattersi nelle vetrine del locale, che mostrano interamente l’interno, senza nascondere nessun dettaglio agli occhi dei passanti. La cucina vetrata è posta accanto all'ingresso, creando un passaggio obbligato per chi accede al ristorante. Oltre che dall’esterno, i sapienti movimenti dello chef e della sua brigata sono incorniciati da una feritoia che si affaccia sulla prima delle due piccole sale.

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Una volta entrati, è impossibile non restare incantati dall’atmosfera calda e intima del bistro. I 28 posti a sedere sono distribuiti in due ambienti separati, arredati con sedie e tavoli in legno disegnati da Francesco Faccin e realizzati con il contributo del maestro ebanista Giuseppe Filippini. La mise en place è essenziale e la mancanza di tovaglie permette il contatto diretto con la texture del tavolo durante il pasto.

Il menu cambia ogni due mesi ed è composto da pochi piatti alla carta, che rappresentano i classici dello chef. Per apprezzare a pieno la filosofia di Ambrosino è necessario però affidarsi completamente alle sue mani, attraverso percorsi degustazione a sorpresa che si compongono di 5, 8 o 10 portate a cena, 2 oppure 4 a pranzo.

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La cucina del 28 posti è ricca di contaminazioni, dove ingredienti come le verze e il tartufo convivono con shiso (basilico giapponese) e fitoplancton, mentre l’attenzione alla qualità degli alimenti e il rispetto dell’ambiente sono i capisaldi di una filosofia dove regna l’equità dei processi di produzione. Anche la carta dei vini, selezionati dalla sommelier Iris Romano, privilegia piccoli produttori e vignaioli artigiani, composta per l’80% da vini naturali e biodinamici.

Tra le portate più interessanti della degustazione, ne segnaliamo una che parla di Ischia, isola tra le tappe più importanti nella vita professionale dello chef. Si tratta di Chiajozza, un piatto complesso che evoca scenari mediterranei, composto da sabbia al nero di seppia che circonda una base di canocchie crude e cavolo cappuccio, sovrastata da gelato al riccio di mare e aromatizzata con olio al pino marittimo.

Il profumo del mare si trova anche nei dessert, come quello a base di ricotta, carbone, gelato al polline e bottarga.

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