Valentino, il tailoring diventa romantico
«Con questa collezione ho cercato di cambiare la percezione di quello che è un certo tipo di sartorialità conosciuta, offrendo un’idea di tailoring nuova. Accantonando l’idea di formalwear come uniforme ma facendolo diventare più sensibile e romantico». Parola di Pierpaolo Piccioli che per la nuova stagione di Valentino, in scena a Parigi, ha scelto di abbattere le barriere anche nella creazione dello show. La venue è infatti ispirata a una sala da concerto: stage centrale e pubblico a semicerchio per ascoltare le poesie cantante da Fka Twigs, avvolta in una nuvola immacolata di cristalli, mentre i ragazzi della maison sfilano delicatamente. Unexpected. «Come andare in suit a un concerto... Bisogna cambiare prospettiva e togliere un po’ di formalità al formale». E la passerella è un racconto che vira in questa direzione. Nel mood board dello show troneggiano i ritratti di Amoako Boafo a raccontare una nuova idea di mascolinità, libera e non stereotipata. «Self expression... credo che questo sia l’approccio oggi della moda. In questo momento c’è questo grande dibattito sulla fine dello streetwear e sul ritorno a una certa idea di formalità», ha poi detto il designer. «Io credo che lo streetwear semplicemente non sia finito. Credo che il formale si sia evoluto eliminando quell’aspetto bossy che lo ha sempre caratterizzato. Credo che gli uomini siano cambiati e siamo più liberi di rivelare le loro emozioni. Credo che sia tutto un gioco di prospettive in un momento in cui questi due mondi non si combattono ma coabitano nel raccontare l’uomo». Un uomo delicatamente moderno, con boccioli fioriti nei capelli. Che indossa fiori astrattamente ritratti dall’obbiettivo blasonato del duo Inez e Vinoodh, pronti a diventare stampa su broccati croccanti o ricamo tridimensionale su panni di cashmere ultralight. Regalando al rigore della sartoria uomo un pizzico di arte. «Il mio è un romanticismo che racconta una ricerca di emozioni, che svela sensibilità», ha aggiunto ancora lo stilista. «Ed è uno streetwear dal volo differente: è normale customizzare e rendere un unico un suit, l’approccio nuovo è applicare lo stesso pensiero allo sport e all’urbanwear». Traghettarlo da uniformante ad elemento di unicità. Come nei grandi piumini o nei coat urbani nati da assemblaggi di tessuti differenti. O come nelle giacche che a un volto di eco pelle abbinano un’anima di raffinato bouclé, tra strada e atelier. Un po’ come gli altri due progetti che costellano lo show: le sneakers studiate a quattro mani con Onitsuka Tiger, su cui troneggia il macro logo della griffe, e i pezzi di abbigliamento decorati con i lavori evocativi di Melanie Matranga: scritte non convenzionali, manifesti da T-shirt, ingigantite e trasformate in decoro. Ingessute con un jacquard di paglia su un trench, ricamate in nero su un cotone immacolato o intagliate tono su tono per un suit dalle linee semplici. «Questa artista usa le parole come messaggi d’amore... Sono proclami che urlano NEED NEED, BAD LOVER o GOOD LOVE. Manifesti di modernità che dalla T-shirt entrano nel vocabolario formale», ha concluso Piccioli. Che nel finale dello show giocano con la preziosità dell’eveningwear e sconfinano nella couture: diventano ricami tridimensionali costruiti in atelier, come o camouflage che sembrano cuciti dalle premières dell’atelier. Unexpected, a creare quella contaminazione di cui tanto parla lo stilista. Per un menswear senza barriere di stile.