J’Adore Dior la nuova versione di François Demachy da regalare a Natale
Parigi, 12 febbraio 1947. Prima che Carmel Snow, direttrice di Harper’s Bazaar, gli si rivolgesse con la fatidica frase: «It’s quite a revolution, dear Christian, your dresses have such a new look», e New Look diventasse il nome noto in tutto il mondo della prima collezione Dior, il couturier l’aveva intitolata Corolle, in omaggio alle femmes fleurs idealizzate dalla sua silhouette. Prima della sfilata Christian Dior aveva fatto spruzzare nell’aria fino a impregnare i saloni di Avenue Montaigne Miss Dior, il suo primo profumo, a evidenziare da subito come si sentisse, parfumeur almeno quanto couturier, proprio come Paul Poiret. Cresciuto tra Granville e Parigi, Dior adorava il giardino della casa di campagna di famiglia in Normandia, come avrebbe adorato il giardino de La Colle Noire, il buen ritiro acquistato vicino a Grasse, coi suoi alberi di mandorlo e i suoi cespugli di rose. Ed è a Grasse che François Demachy, Parfumeur-Créateur Dior dal 2006, immagina le fragranze della Maison, nella sede – condivisa con Jacques Cavallier Belletrud, in house perfumer Louis Vuitton – delle Fontaines Parfumées. Nato a Grasse, Demachy sottolinea di essere impregnato fin dall’infanzia dell’immagine globale delle materie prime, per cui ogni fiore è indissociabile dal suo aspetto, dai suoi colori, dai suoni legati alla sua raccolta, da un’intera atmosfera. Eppure non c’è mai assuefazione, anzi: «ogni giorno che passeggio in un campo di gelsomino scopro qualcosa di nuovo». Il suo ultimo lavoro è una nuova riscrittura di J’Adore, creato nel 1999 da Calice Becker. Nella composizione del nuovo JʼAdore Eau de Parfum Infinissime si ritrovano la rosa centifolia, il gelsomino sambac, lʼaccordo mughetto e lʼylang ylang dellʼoriginale, rimessi in prospettiva dal protagonismo della tuberosa. Il fiore notturno originario del Messico è qui utilizzato nella variante raccolta a Grasse, unʼesclusiva delle Maison Dior, Chanel e Vuitton, ed estratto con il metodo dellʼenfleurage utilizzando una miscela di grassi vegetali esclusiva Robertet, per cui il fiore (non entrando in contatto con un solvente) mantiene tutte le sue molecole odorose e conserva quindi intatto il suo odore naturale, «evitando quel coté greve, narcotico, di tanti profumi costruiti intorno alla tuberosa», precisa Demachy. «ll suo odore love or hate, follemente addittivo o totalmente respingente, protagonista ad esempio in Poison, non è certo facile, ma ho cercato di renderlo tale perchè JʼAdore è per definizione un profumo facile da portare, rotondo, dolcemente porte bonheur. Nell’originale immaginato da Calice Becker c’era una traccia di tuberosa che ho cercato di tradurre differentemente. La tuberosa, come la violetta, evoca un immaginario preciso, molte idee preconcette, perennemente accompagnato da aggettivi come inebriante, conturbante, provocante. Io invece ho cercato di farne emergere anche la sfaccettatura fresca, luminosa, enfatizzata dal sandalo con il suo coté latteo e avvolgente».