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Frida Kahlo in mostra al Palais Galliera

Una mostra al Palais Galliera di Parigi racconta Frida Kahlo attraverso abiti, fotografie, oggetti. Con un focus su aspetti fondanti della sua personalità risonanti nel dibattito contemporaneo: mexicanidad, identità di genere, disabilità, bisessualità.

person human chair furniture clothing apparel

«Attraverso la sua arte e il suo stile Frida Kahlo ha saputo definirsi, invece che lasciarsi definire dalla malattia» premette Circe Henestrosa, ideatrice e commissaria della mostra “Frida Kahlo, audelà des apparences”, in scena al Palais Galliera dal 15 settembre al 5 marzo 2023, dopo un primo allestimento a Città del Messico e un secondo nel 2018 al Victoria & Albert di Londra.

«Mi interessava ricostruirne l’identità attraverso un’analisi ditemi come la disabilità, l’etnicità e l’identità di genere in rottura con precedenti letture che ne facevano una vittima della malattia. La mostra di Parigi è tanto più significativa perché Frida vi aveva fatto sensazione nel 1939, quando Breton l’aveva chiamata a esporre i suoi quadri nell’ambito di una collettiva intitolata “Mexico”». Frida Kahlo, il cui lavoro era stato definito da Breton “un fiocco attorno a una bomba”, partecipa con 18 opere che affascinano gli artisti presenti al vernissage, Tanguy, Picasso, Mirò, Kandinsky.

Frida Kahlo, “The Frame”, 1938
Frida Kahlo, “The Frame”, 1938

Segno tangibile del suo successo, l’acquisizione da parte dello Stato francese di un autoritratto. «Quadri che dopo Parigi sarebbero dovuti essere esposti a Londra su invito di Peggy Guggenheim, un progetto che non venne realizzato per lo scoppio della guerra. È il motivo per cui ho accettato di portare la mostra a Londra: mi piacerebbe che le prossime tappe fossero San Francisco e New York, gli unici altri luoghi fuori dal Messico (oltre a Parigi) dove Frida ha esposto i suoi quadri». Legata alla Kahlo anche a livello personale (erano state le sue zie a procurare all’artista alcuni dei suoi abiti tehuana tradizionali più belli), Henestrosa ha selezionato più di 200 oggetti provenienti dalla Casa Azul di Coyoacán, l’abitazione in un sobborgo di Città del Messico che era dei genitori di Frida, dove lei è nata e morta a Chedal 1958 è sede del museo che porta il suo nome. La Casa Azul (così chiamata per la tinta scelta dai Rivera nel rimetterla a nuovo negli anni ’30) espone parte degli oggetti della pittrice messi sotto sigillo dal marito Diego Rivera alla sua morte nel 1954 e riscoperti nel 2004: 22mila documenti, 6mila foto, oltre ad abiti tradizionali, manufatti indigeni, reperti precolombiani, immagini votive... 

Gamba prostetica della Kahlo e busto ortopedico dipinto dall'artista. Scialle, huipil e gonna.
Gamba prostetica della Kahlo e busto ortopedico dipinto dall'artista. Scialle, huipil e gonna.
Gamba prostetica della Kahlo e busto ortopedico dipinto dall'artista. Scialle, huipil e gonna.

«Frida ha sei anni quando si ammala di poliomelite, restando con una gamba più corta dell’altra, al punto da infilarsi più calze una sopra all’altra per recuperare qualche centimetro». Poi a diciotto anni subisce l’incidente in tram che le procurerà sofferenze terribili per tutta la vita e svariati interventi chirurgici fino all’amputazione della gamba. Ma è proprio durante la prima, interminabile convalescenza che la costringe a letto per mesi, che l’adolescente inizia a dipingere, da autodidatta, coprendo di farfalle il busto di gesso che è costretta a portare. Nonostante sia ossessionata dal marito, da cui divorzia nel ’39, dieci anni dopo le nozze, per poi risposarlo l’anno successivo, la Kahlo ha molti amanti, uomini e donne.

"Il suo modo di rappresentarsi, i baffi, le sopracciglia congiunte, ne fanno un’icona queer" Circe Henestrosa

Frida ritratta da Florence Arquin, circa 1951
Frida ritratta da Florence Arquin, circa 1951

«Anche se attorno ai 20 anni, e in particolare quando va per la prima volta negli Usa con Rivera, adotta uno stile messicano che mette insieme varie regioni e culture del suo Paese, in parte per coprire il difetto della gamba, in parte per rivendicare la sue origini indigene - la madre è metà spagnola metà indigena della regione di Oaxaca, mentre il padre è un immigrato tedesco - ma soprattutto per porsi al centro dell’attenzione. Ai vestiti lunghi e voluminosi accosta bluse ricamate, grandi scialli e gioielli provenienti dalle tombe precolombiane, che in parte rimontava lei stessa. Ne abbiamo trovato uno parzialmente coperto di pittura, forse cercava di matcharlo con precisione in uno dei suoi dipinti. Per il Galliera ho aggiunto una sezione dedicata al tempo che ha trascorso a Parigi, con oggetti mai mostrati prima, in particolare fotografie che documentano le sue amicizie, con Duchamp, che lei adora quanto fatica a sopportare Breton e i Surrealisti, con Jacqueline Lamba, la moglie di Breton che gli ha ispirato “L’Amour fou”, con Dora Maar, con Alice Rahon, tutte donne con precise vocazioni artistiche ma all’epoca più note come muse dei loro compagni (Maar aveva una relazione con Picasso, Rahon era sposata con Wolfgang Paalen, nda). Il senso di camaraderie tra loro era molto forte».

Scialle, huipil e gonna di Frida Kahlo
Scialle, huipil e gonna di Frida Kahlo
Scialle, huipil e gonna di Frida Kahlo

Tra gli oggetti esposti quale trova personalmente più intrigante? «La protesi della gamba, che lei decora con un drago cinese. Nella mostra c’è una sezione dedicata all’influenza che Frida ha avuto sulla moda contemporanea, da Gaultier a McQueen a Rei Kawakubo. Purtroppo non ci sono gli stivali prostetici creati da McQueen per l’atleta paralimpica Aimee Mullins per il numero di Dazed & Confused che aveva guest edited nel settembre ’98, ma sono stati uno dei punti dipartenza della mia riflessione».

Dora Maar: “Frida Kahlo a Parigi”, 1934
Dora Maar: “Frida Kahlo a Parigi”, 1934

C’è una certa ironia della storia nel fatto che Rivera, considerato allora un gigante dell’arte, famoso in tutto il mondo per i suoi murales che raccontavano la storia del Messico, oggi sia relativamente sconosciuto al di fuori dell’America Latina, mentre Frida Kahlo, per tutta la vita cultrice dell’immensità artistica del marito, oggi sia una icona pop globale... «Per dare un’idea della fama di cui godeva Rivera basta dire che è stato il secondo artista dopo Matisse a essere oggetto di una retrospettiva al MOMA di New York. Lui l’aveva sempre supportata moltissimo, convinto dell’eccezionalità del suo lavoro. Semplicemente lei adesso è più rilevante per la risonanza di certi temi nel contemporaneo, inclusa anche l’ossessione per la propria immagine e lo sguardo sul corpo. Non solo Frida dipinse un numero impressionante di self-portrait, ma credo non sia un caso che molte delle sue amiche fossero fotografe, autrici di suoi ritratti particolarmente impattanti, da Dora Maar a Imogen Cunningham a Lola Alvarez Bravo fino a Toni Frissell che la scattò per Vogue. E naturalmente Tina Modotti. Ecco, la prossima mostra che spero di realizzare sarà su di lei».

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