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Dada 1916 - la nascita dell’Antiarte

Una rivoluzione che si innesta agli albori del primo conflitto mondiale, alla ricerca di un luogo (quasi) sacro in cui performare una nuova concezione di Arte e di vita.
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Non esiste pittore che conosca se stesso o che conosca ciò che sta facendo - M. Duchamp

Una rivoluzione che si innesta agli albori del primo conflitto mondiale (l’esercito tedesco predispone l’offensiva che avrebbe portato alla battaglia di Verdun) e reagisce con una chiusura al mondo esterno, alla ricerca di un luogo (quasi) sacro in cui performare una nuova concezione di Arte e di vita: il Monte Verità di Ascona, ai prodromi della nascita del Dadaismo, comincia a mostrare, in nuce, le nuove tendenze, ancora in stato embrionale.

Henri Oedenkoven, Ida Hofmann, Karl e Gustavo Gräser decidono, al tramonto dell’Ottocento, di staccarsi dal mondo frenetico, insalubre e pre-futurista per ritrovare l’equilibrio materiale e spirituale nel vegetarianesimo e nel nudismo. L’influenza anti-industriale del progetto di Oedenkoven si diffuse rapidamente. Nel febbraio del 1916, così, nelle sale del Cabaret Voltaire, in Svizzera, vien fuori un nuovo modo di far spettacolo, basato sul non-senso, sull’assurdo, sulla casualità, in forte contrasto con gli eventi politici che squarciavano il mondo di allora: incipiente la Prima Guerra Mondiale, il caos dagli eventi generato diviene spunto creativo.

Mentre in lontananza brontolava il tuono delle cannonate, noi cantavamo, dipingevamo, incollavamo e scrivevamo poesie con tutte le nostre forze - J. Arp

Fatta tabula rasa di tutte le forme espressive precedenti, Dada (che non vuol dire nulla) è la parola-grimaldello in grado di scardinare la compostezza dei tempi e dell’Arte passati.

Noi ci indirizziamo contro la Forma, la Forma di cui ci han riempito gli occhi e le orecchie - F. Picabia

Eppure, la vicinanza al Futurismo e al paroliberismo marinettiano sembra incrinare un’affermazione così forte di rifiuto formalista. Le più grandi rivoluzioni, però, è noto, sorgono dall’incontro fluido di più tendenze e di molteplici personaggi che, nel periodo pre-Dada, raccolgono le istanze già in atto per generare l’autopoiesi del caos. L’influenza futurista, infatti, diviene il limite da travalicare in senso filosofico, quasi esoterico e iniziatico.

Dada viene dal dizionario. È terribilmente semplice. In Francese significa ‘cavallo a dondolo’. In Tedesco significa ‘arrivederci’, ’ci vediamo’. In Rumeno significa ‘sì, certo, ha ragione, è così. Naturalmente, sì, giusto’. E così via. Una parola internazionale - H. Ball

Per poi scoprire che, in realtà, l’essere internazionale si riduce all’esser tutto e il contrario di tutto, nel più puro spirito dadaista:

Dada si applica a tutto e tuttavia esso non è nulla, è il punto in cui il sì e il no e tutti i contrari coincidono. Dada è inutile come tutte le cose nella vita - T. Tzara, Conference sur la fin de Dada, Weimar, 1922

Il Dadaismo (o dadaismo, non importa) non è Arte. È arte per combattere l’Arte: un ossimoro dell’esistenza. Dov’è la coerenza dei dadaisti che sono ostili all’Arte con l’arte stessa? Non importa.

Scrivo questo manifesto per provare che si possono fare contemporaneamente azioni contraddittorie, in un unico refrigerante respiro; sono contro l'azione, per la contraddizione continua e anche per l'affermazione, non sono né favorevole né contrario e non do spiegazioni perché detesto il buon senso - T. Tzara, Manifesto Dada, 1918

Il rifiuto della razionalità permea tutto, dal metodo alla forma all’opera stessa, al fine di distruggere l’impostazione borghese della Creazione che da prodotto elevato diviene strumento di degrado, di distruzione di sé. L’individuo viene posto al centro come unico soggetto detentore dell’interpretazione dell’opera artistica, ma non per esser formato, stupito, indottrinalo, bensì per esser sconvolto, scosso, offeso e scandalizzato.

Ma cosa nasce - ci si chiede - da questo intento destrutturante e distruttivo? La nuova Arte che trascolora nel Surrealismo, tra il 1922 e il 1924:

Ma è con l’arrivo di Marcel Duchamp a New York che l’autopoiesi del non-senso assume connotati più peculiari rispetto al movimento dadaista svizzero. L’espunzione di oggetti di uso comune dal loro contesto quotidiano e la loro nuova combinazione (si pensi alla ruota di bicicletta che adopera uno sgabello a mo’ di piedistallo o al gomitolo di spago schiacciato da due piastre d’ottone) eleva provocatoriamente l’installazione di oggetti comuni a opera artistica, senza la necessità di un metodo o di una tecnica di creazione specifici: è la filosofia dell’arte ready-made, pronta per esser fruita con un solo gesto di espunzione dal contesto e conferimento di sacralità immeritata. Come accadde per l’orinatoio capovolto che Duchamp, sotto lo pseudonimo di Richard Mutt, inviò a un’esposizione del 1917 di cui egli stesso era co-curatore. Un testimone del tempo definì l’oggetto (che venne rifiutato per l’esposizione dagli altri curatori) «bianco, abbagliante, di una purezza che poteva dirsi primitiva: un orinatoio per uomini, quando lo si ricollocava nella posizione giusta. Ma così come era esposto, immerso nella luce che ne sottolineava con dolcezza le curve, ricreava il nostalgico effetto di una madonna velata».

A cento anni dalla nascita di Dada, la Fondazione Brescia Musei - in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti Santa Giulia e l’Università Cattolica del Sacro Cuore - propone la principale mostra italiana dedicata al dadaismo, presentando oltre duecentosettanta opere e documenti risalenti sino alla fine degli anni Venti del Novecento. Doveroso omaggio al dadaismo sviluppatosi, in relazione all’arte italiana, a sud delle Alpi, il percorso espositivo, curato da Luigi Di Corato, Elena Di Raddo e Francesco Tedeschi, si svolge in quattro sezioni tematiche (DADA PRIMA DI DADA - DADA, ZURIGO E IL CABARET VOLTAIRE - ARTE E FILOSOFIA DADA - OLTRE DADA) articolate in sottosezioni e offre, durante tutta la sua permanenza, importanti iniziative culturali dedicate a cinema e teatro dadaista, a letture e performance.

dada1916.bresciamusei.com

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Paul Klee - Untitled n. 161 (1923)
Julius Evola - Five o’clock tea (1917 circa)
Marcel Duchamp - Boîte verte (1934)
Marcel Duchamp - Frames from projected stereoscopic film (1920-1973)
Hans Richter - Lokomotivseele. Visionäres Portrait (1916)

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