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Trend: le streghe son tornate di moda

Nelle serie televisive, nei remake di film, nello streetwear, su Instagram: è sempre più acceso l’interesse per l’occulto. Il progetto fotografico “Major Arcana: Witches in America” conferma la fascinazione per una femminilità bella, deviante e magica

Il progetto fotografico “Major Arcana: Witches in America”
Il progetto fotografico “Major Arcana: Witches in America”

Foto di Frances F. Denny

La prima strega che ho incontrato nella mia vita - a parte quelle delle fiabe Disney come “Biancaneve” o de “Il mago di Oz” della Mgm - era nel telefilm “Sabrina, vita da strega”, adesso rilanciato da Netflix. Sabrina aveva sedici anni e a quell’età, per qualche verso, si è tutte streghe ossessionate dal look e, soprattutto, tutte vorremmo il gatto Salem come amico. Poi, nella prima metà dei 2000, sono arrivate le streghe di Aaron Spelling: Prue, Piper e Phoebe. Anche il cinema ci ha ricamato sopra: da “Le streghe di Eastwick”, che ha fatto la storia della cultura pop, all’attuale non-remake di “Suspiria” firmato Luca Guadagnino. Mentre in tv le streghe anni novanta erano adolescenti belle e buone, quella che ricordo con orrore è nel rivoluzionario film horror del 1999 “The Blair Witch Project”. Senza corpo né volto, non riuscivo a non immaginarla donna.

In effetti, nella storia, la maggior parte delle streghe è donna e perseguitata: la strega biblica di Endor, Baba Yaga - vecchia decrepita del folklore slavo - Circe dell’Odissea, e Hecate, dea greca della stregoneria. Sono creature mitiche ma anche corpi che hanno subito processi e torture; perseguitate per controllarne sessualità, socialità e produzione economica. Ce le figuriamo per lo più come donnine curve, vecchie e brutte e, forse, la nostra immaginazione non oltrepassa il diciassettesimo secolo. Ma di recente la strega si è imposta con forza nel discorso pubblico nel ruolo di “donna maligna” che si appropria dell’espressione in senso femminista.

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Leonore (Montpelier, VT).
Serpentessa (Esopus, New York).

Come prevedibile, i brand della moda, dell’high-street e dell’internet, hanno capitalizzato questo particolare aspetto dell’identità stregonesca: una T-shirt di Urban Outfitters riporta le parole “Boss Ass Witch”, e il marchio emergente Léa Peckre si riferisce al suo gruppo di fan con la parola “coven”, congrega. Il payoff del nuovo progetto di Léa Peckre è “All women are witches”. La novità risiede, più che nei capi, nel nuovo modello di business libero dal calendario tradizionale della Fashion Week: dodici mesi, dodici episodi, dodici donne. Ma il regno delle streghe pare essere la piattaforma Etsy, dove la query “witchcraft” restituisce più di 42.000 risultati, dalle bacchette di alloro alle ossa animali. Alcuni dati forniti dalla compagnia confermano che l’interesse in oggetti legati alla stregoneria è cresciuto molto negli ultimi anni, con acquisti aumentati del 60%, dal 2015 al 2017. Nel libro del 2015 “Witches of America”, Alex Mar stima che negli Stati Uniti la presenza di persone che praticano una qualche forma di paganesimo superi il milione e racconta di streghe che si radunano nei deserti della California, nelle foreste dell’Illinois, e negli appartamenti di New Orleans. 

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Wolf (Brooklyn, NY).
Kir (Brooklyn, NY).

Frances F. Denny, artista nata nel 1984 e diplomata al Risd college di Providence - Rhode Island - ha impiegato tre anni a documentare le streghe moderne nella serie “Major Arcana: Witches in America”, per demistificare i pregiudizi sulla stregoneria e farci vedere com’è, davvero, una strega di oggi. Il risultato è sottilmente inquietante: una collezione di ritratti femminili di donne provenienti da tutti gli Stati Uniti che si considerano streghe. Ogni donna fotografata per “Major Arcana” compie qualche forma di stregoneria, legata a una religione - Wicca o Vudù - o a una pratica personale. Molte si considerano pagane e attingono a una moltitudine di tradizioni: misticismo, occulto, femminismo, politeismo, e pratiche naturalistiche di auto-guarigione. L’interesse di Frances per le streghe contemporanee è cominciato «nel 2013, mentre facevo delle ricerche sui miei antenati e la storia del New England per un progetto poi diventato la monografia del 2016 “Let Virtue Be Your Guide”. Quando ho esaminato il mio albero genealogico, ho scoperto non solo che il mio bisnonno di decimo grado, Samuel Sewell, fu uno dei giudici più importanti dei famigerati processi per stregoneria di Salem (alla fine del 1600), ma anche che la mia bisnonna di ottavo grado, Mary Bliss Parsons, fu accusata di essere una strega nella cittadina di Northampton, Massachusetts».

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Deborah (Nyack, NY).
Keavy (Brooklyn, NY).

Alla base del portfolio c’è una riflessione sull’archetipo storico della strega. Dalle sacerdotesse Wicca alle femministe Millennial - meno inclini alla spiritualità - le donne ritratte si appropriano dello stereotipo anche attraverso la pratica di un’ampia gamma di stregonerie. La serie di ritratti diverge dai modi in cui le nuove streghe usano fotografarsi. In un’intervista rilasciata al New Yorker Frances afferma: “Da quello che ho visto, (di solito) c’è un sacco di luce bassa, di gel colorati, viola e verdi, e la teatralità è immensa”. Nelle sue fotografie, invece, la luce - quando possibile - è naturale e le donne guardano in macchina. Come per altri ritrattisti, per esempio il francese Charles Fréger - in esposizione all’Armani/Silos fino al 24 marzo - il punctum dell’immagine sta nell’atmosfera sospesa tra realismo e performatività, convenzione e naturalismo. 

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Marie e Ebun (NY).
Shine (NY).

Il progetto “Arcana” coincide con un ritorno dell’interesse verso la stregoneria nella cultura popolare. Su Instagram tag come #witch (più di 7,5 milioni di post), #witchy (1,4 milioni) e #witchesofinstagram (2,2 milioni) formano un immaginario che include gioielli, make up, tatuaggi, moda, cristalli, erbe medicinali, paesaggi ancestrali, e una miriade di selfie gotici. Gli aspetti spirituali e lifestyle del fenomeno si sfocano e la categoria “witchy” diventa un’estetica che aiuta a vendere, anche un magazine come “Sabat” di Elisabeth Krohn. Le streghe di “Arcana”, invece, fanno lavori normali. Anche se trasgrediscono canoni sessuali e di gender e rifiutano di assimilarsi alla cultura dominante, mantengono un’apparenza normale. Wolf, per esempio, viene da New York e si è immedesimata nell’identità di strega da quando aveva undici anni. Sono stati libri come “Donne che corrono con i lupi” (di Clarissa Pinkola Estés) che l’hanno introdotta a quel mondo; Erica invece è proprietaria di un piccolo negozio a Salem che si chiama “Haus Witch” e per lei la parola strega connota il suo femminismo radicale, un filo rosso che sembra accomunarle. In “Major Arcana” la strega è una sorta di archetipo femminista. Una donna che coltiva il potere di cambiare se stessa e il mondo. Un’identità femminile deviante, per quanto rassicurante e persino alla moda. 

Dal Portfolio “Major Arcana: Witches in America” della fotografa Frances F. Denny.

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