Napoli, quando il concierge ti crea lo shopping su misura
Al Grand Hotel Parker’s di Napoli i due concierge costruiscono itinerari tailor-made, dalle camicie fatte a mano con stoffe vintage ai party dress perfetti per le sere d’estate.
«Mettete l’albergo sul mio conto». Sarà leggenda o verità che il signor George Bidder Parker abbia pronunciato quelle parole quando nel 1889 decise di acquistare l’hotel dove era solito soggiornare a Napoli, trasformandolo nel Grand Hotel Parker’s? Impossibile stabilirlo, però è un’incertezza che non scalfisce il misto di orgoglio e ammirazione con cui tutti in albergo parlano di lui, a cominciare dagli attuali e unici proprietari, la famiglia Avallone. Inglese e biologo marino, era arrivato in città per approfondire i suoi studi un paio d’anni prima, ci aveva messo poco a innamorarsi del golfo e a salvare da sorte incerta l’edificio con la sua vista spettacolare su Napoli, sulla costiera sorrentina e su Capri. Lì hanno soggiornato personaggi incredibili da Oscar Wilde a David Bowie, Anna Magnani, Mina, Virginia Woolf, attratti oltre che dalla posizione, anche dalla privacy e dal servizio, a cominciare da quello dei concierge.
Marco e Vincenzo sono entrambi Chiavi d’Oro - ovvero fanno parte dell’associazione che riunisce i migliori portieri d’albergo - e sono tutti e due napoletani innamoratissimi della loro città. Per definizione il concierge è chi: «Accoglierà qualsiasi richiesta degli ospiti, purché sia morale e legale… e umanamente possibile», come recita il sito della sezione italiana. L’Officiel li ha messi alla prova.
Volevamo sperimentare uno shopping il più possibile locale, scoprire realtà capaci di trasmettere una napoletanità autentica per portarci a casa ricordi, al di là del prodotto. Ci aspettavamo una serie di dritte, non immaginavamo che uno di loro avrebbe temporaneamente smesso la divisa d’ordinanza per accompagnarci da un indirizzo all’altro, una consuetudine per loro e non l’eccezione fatta per coccolare la stampa.
Il tour (da prenotare con un minimo di anticipo, come tutti gli altri che prevedono l’accompagnamento di uno dei concierge) si snoda tra le vie eleganti ma non affettate del quartiere di Chiaia, con una puntata sul lungomare Caracciolo e un finale super scenografico in galleria Umberto I. Il consiglio è di indossare scarpe comode, prendere un taxi per arrivare al primo indirizzo e da lì godersi la gioia di scoprire strade e palazzi, mentre ci si gusta lo charme innato dei napoletani.
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Camiceria Anna Matuozzo
Si schiude il bel portone di viale Gramsci 26 e con pochi gradini si arriva nel regno di Anna Matuozzo, camiciaia dagli anni ‘70, avvezza a servire una clientela di connoisseurs internazionali, eppure intimidita dalle tante domande che le rivolgiamo. Si capisce subito che lei è una abituata a fare, piuttosto che a chiacchierare, così come le sue tre figlie Simona, che affianca la madre al taglio, Antonella che si occupa della parte donna, sviluppata anche in abiti e gonne e Romina, a lungo alla guida dell’amministrazione, e ora intenta a fare crescere la sua collezione di gioielli. «La passione per il cucito ce l’avevo fin da piccola, ho subito capito che quella era la mia strada», spiega Anna. «Per circa 23 anni ho lavorato per Mariano Rubinacci, poi nel 1990 ho aperto l’atelier dove tuttora siamo e dove da sempre confezioniamo a mano le camicie sia da uomo, sia da donna». Le scaffalature alle pareti accolgono i tessuti tra cui la clientela sceglie, consigliata da Anna, c’è però quella che lei stesse definisce: «La stanza delle meraviglie, dove custodiamo i tessuti vintage che recuperiamo facendo ricerca in giro per il mondo. Qui ci sono dei lini ormai introvabili, anche se li vado a comprare dalla stessa ditta, non sono neanche lontanamente paragonabili». Pandemia a parte, la famiglia Matuozzo si reca spesso in Giappone per dei trunk show dedicati ai clienti più affezionati e lì scova diverse chicche. Dopo aver preso le misure, occorrono circa 20/30 giorni per la realizzazione, a seconda del grado di ricercatezza del capo.
Dalcuore
Fatica Cristina Dalcuore a parlare di suo padre Luigi al passato. È stato lui a fondare la Sartoria Dalcuore nel 1965 dopo aver appreso il mestiere nella storica bottega Del Duca e lei, insieme al marito Damiano, l’ha sempre aiutato. Purtroppo il covid l’ha portato via alla sua famiglia e a una clientela internazionale altissima, innanzitutto a livello di gusto. «In un sondaggio sui brand più significativi nel campo del formalwear fatto da una grande realtà del lusso su un campione di 15mila persone in vari paesi, il nome di Dalcuore è saltato fuori più volte», spiegano insieme. «Se consideriamo che noi lavoriamo esclusivamente da qui e per scelta abbiamo mantenuto una dimensione in tutto e per tutto artigianale, è un risultato incredibile». Lo showroom è al 17 di via Caracciolo, con le finestre che affacciano proprio sul mare, da cui in epoca pre-pandemica arrivavano molti appassionati, sbarcati dai loro yacht proprio per farsi fare un completo bespoke. «Usiamo solo materiali naturali e cerchiamo sempre di costruire proporzioni equilibrate, mai eccessive», racconta Cristina «Non ci è mai piaciuto imporci sul cliente, dire ecco questa è la nostra giacca. Di certo però ci sono delle caratteristiche che ci contraddistinguono, a cominciare dal concetto di a piombo di manica e spalla e del giromanica corto, abbinato però a una tromba della manica ampia, che dona grande comfort. Poi tendiamo a costruire un torace più abbondante rispetto al solito per dare più agio a chi poi indosserà il nostro capo, mentre la vita è molto stretta. La combinazione di tutti questi elementi fa sì che spesso ci definiscano molto maschili, sexy e rilassati».
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Roberta Bacarelli
A Napoli feste e matrimoni sono una cosa seria, ma il gusto di indossare un abito importante le donne partenopee lo coltivano con passione anche per un party estivo. L’indirizzo giusto dove trovare delle mises sofisticate a prezzi ben calibrati, specie considerando la qualità di stoffe e lavorazioni, è la boutique di Roberta Bacarelli, in via Carlo Poerio 47. La fondatrice del marchio l’amore per la moda lo coltiva da sempre: «Quando ho iniziato, non si usava tanto fare le scuole di settore, si andava direttamente a Milano con un po’ di schizzi per proporsi ai grandi stilisti», racconta Roberta. «Ho lasciato Napoli a 19 anni insieme ad Alessandro Dell’Acqua, con cui eravamo molto amici. Ho cominciato disegnando tessuti da Luciano Soprani, poi sono entrata nel team di Franco Moschino, dopo di che, per amore, ho deciso di tornare in città, dove ho dovuto lottare non poco per realizzare il mio progetto. Ho iniziato disegnando delle collezioni donna e bambino, conquistandomi sul campo la clientela». Dopo aver animato diversi spazi, nel 2013 ha aperto l’attuale concept store, dove le napoletane vengono sia per il prêt-à-porter, sia per il su misura. «I miei capi si trovano solo qui, a Capri o sul nostro e-commerce, perché a me piace creare un rapporto il più possibile diretto con le clienti». Come si faceva una volta negli atelier, Roberta ha un grande librone dove per ogni evento o cerimonia della zona lei segna scrupolosamente quali dei suoi abiti sono stati scelti dalle diverse invitate, evitando così i temuti doppioni. «Diverse signore vengono apposta da Milano per farsi fare l’abito per la prima della Scala, magari anche optando per uno dei nostri cavalli di battaglia la tuta. Contrariamente a quanto si crede, è un capo molto donante se costruito bene e le nostre tute-smoking sono apprezzatissime».
Museo del Corallo - Famiglia Ascione
La galleria Umberto I proprio di fronte al Teatro San Carlo è uno dei simboli della città, sotto le cui volte si sono incontrati nel tempo grandi personaggi storici, artisti e letterati. Varcando uno degli ingressi degli edifici che la compongono, si sale in un luogo sorprendente che raccoglie un eccezionale patrimonio del passato, mentre racconta il presente della più antica delle dinastie di corallari di Torre del Greco. Si tratta del Museo del Corallo, voluto dagli attuali membri della famiglia Ascione la quale, dagli inizi dell’Ottocento, lavora i coralli con delle tecniche antiche e di grande maestria. Ad attenderci, insieme alla tipica caffettiera napoletana sul fuoco, ci sono Mauro e Giancarlo Ascione, alla guida dell’azienda insieme agli altri fratelli Caterina, Marco e Giuseppe. «La nostra sede storica è a Torre del Greco, ma volevamo creare nel cuore di Napoli un punto di incontro con clienti o semplici appassionati. Qui esponiamo la nostra produzione attuale, dove il corallo viene interpretato con piglio contemporaneo, proprio come ci aveva insegnato nostro padre Giovanni», raccontano, «però ci teniamo a ricordare che le porte sono aperte anche a chi vuole semplicemente conoscere meglio il nostro mondo. Per noi è sempre un piacere mostrare i pezzi della collezione storica, basta chiamare per fissare un appuntamento». Per chi vuole concentrarsi sullo shopping, consigliatissimi sono gli anelli dalle forme geometriche con richiami quasi tribali, gli orecchini allungati, le stole di shantung arricchite da ricami in corallo o i sautoir che richiamano quello preziosissimo prodotto ai principi del Novecento per la principessa Maria José di Savoia. Garantito l’effetto meraviglia a tutti coloro che saliranno le scale del museo vero e proprio. Impossibile descrivere il valore e il saper fare di tutte le opere esposte. Un esempio per tutti è la parure del 1934 regala da Re Farouk I d’Egitto a sua moglie Farida. «Quando creiamo oggetti di alta gioielleria come questo, di norma realizziamo un secondo, in tutto e per tutti identico, per essere in qualunque momento in grado di intervenire sull’originale sostituendo parte persa o danneggiata. Quella esposta è la copia, anche se in famiglia si raccontava che papà avesse trattenuto l’originale perché non riusciva più a separarsene, chissà se davvero era andata così?», conclude Mauro.