Tantissimi i film in gara per gli Oscar 2020, ecco chi secondo noi potrebbe conquistare l'ambita statuetta
Miglior film: C’era una volta… a Hollywood di Quentin Tarantino
Tarantino ci prova a manipolare il destino degli uomini, a farsi Dio, narratore onniscente. Vuole cambiare la storia. Come in Bastardi senza gloria il regista mette in scena le cose come sarebbero dovute andare: nel film Sharon Tate sopravvive al suo brutale omicidio – suo e del bambino che aspettava. È un film californiano, che rappresenta gli antichi fasti di Hollywood, le feste, gli hippie pazzi, e ci sono scene memorabili come quella in cui Margot Robbie, bellissima, dorme russando, avvolta nelle lenzuola, con il sole che la illumina. Le donne russano scomposte, il sangue, come sempre, scorre.
Miglior regia: Sam Mendes per 1917
Un film-labirinto, che sembra un videogioco: sei proprio lì, nel 1917, insieme ai due soldati spediti al macello in una missione suicida: attraversare il territorio occupato dai tedeschi per avvisare un plotone che sta per cadere in una trappola. Sei con loro quando gli esplode una bomba accanto, quando saltano le trincee come se fossero ruscelli, quando bevono del latte trovato per caso in una fattoria abbandonata. Scelta virtuosa: attori famosi come Colin Firth e Benedict Cumberbatch in ruoli secondari, attori sconosciuti come protagonisti - bravissimi. Finalmente, un gran film di guerra.
Miglior attore protagonista: Joaquin Phoenix per Joker
Si sa, agli Oscar apprezzano le trasformazioni che subiscono gli attori per adattarsi ad un ruolo, ad una parte. E la trasformazione più spettacolare è sicuramente quella di Phoenix per Joker: magrissimo, la schiena quasi gli si spezza, i capelli mancano, il volto è una vera tavola degli orrori. Interpretazione magistrale anche se a tratti troppo retorica (anche meno balletti allo specchio), vale la pena vedere il film quasi – solo – per lui. E per Gotham City che è sempre brutta, sporca e cattiva.
Miglior attrice protagonista: Renee Zellweger per Judy
Adattamento cinematografico dell’opera teatrale End of the Rainbow di Peter Quilter, Judy racconta gli ultimi mesi della cantante, attrice, icona Judy Garland. A interpretare l’artista, e sopratutto la donna, è Renée Zelwegger, che, dopo diversi anni di pausa dalle scene, torna con tutta la sua forza a brillare.
Miglior attore non protagonista: Joe Pesci per The Irishman
Un altro grande ritorno. Era in pensione. Ha rifiutato il ruolo tante volte. Ma possiamo essere contenti che Pesci alla fine abbia ceduto, perché nonostante abbia recitato insieme a Robert De Niro e Al Pacino gli ruba la scena in The Irishman, l'ultimo (un altro, sì) capolavoro sulla mafia di Scorsese.
Miglior attrice non protagonista: Laura Dern per Storia di un matrimonio
Dern interpreta la parte di una bad bitch, matrimonialista spietata che accompagna Scarlett Johansson contro il povero Adam Driver che viene spolpato masticato e sputato come un chewing gum - non si può non parteggiare per lui. Driver magistrale ma non può fare niente contro “i trucchi” di Joker (peccato, meriterebbe la statuetta solo per la canzone che canta ad un certo punto del film). Torniamo alla Dern: donna forte, spietata, che offre i suoi biscotti migliori per sedurre la preda, che si muove a scatti, usa il corpo come se fosse un tono di voce, e fa un monologo bellissimo sul ruolo della donna in questa società.
Miglior sceneggiatura originale: Storia di un matrimonio di Noah Baumbach
È sicuramente un film completo, delicato, confezionato alla perfezione. New York vs Los Angeles, lei vs lui, odio vs amore, impegno vs leggerezza. Tutte le pieghe di un matrimonio che finisce, un matrimonio radical chic, ambientato nel mondo del teatro (vs cinema ovviamente). Scarlett con i capelli corti, struccata, castigata o vestita da uomo, lacrimosa e urlante, che non tiene il passo con Driver - più tutto. Ma un finale che vale una statuetta.
Miglior film internazionale: Parasite di Bong Joon-ho (Corea del Sud)
I poveri che si ribellano e vincono contro i ricchi. Un film che racconta la lotta di classe, l’alto e il basso. I "parassiti" sono una famiglia poverissima che vive in un seminterrato, i Kim: piano piano s'insinuano a casa di una famiglia ricchissima di Seoul, i Park. Prima il figlio si finge studente universitario per fare da tutor inglese per la figlia adolescente della famiglia Park. Poi, piano piano, tutti i Kim entrano nella vita dei Park fino ad estrometterli dalla loro stessa casa. Regia, fotografia, attenzione ai dettagli quasi maniacale. Potrebbe vincere anche un Oscar alla regia ma all'Academy sono all'antica.