The social networks
Siamo stati invitati ad una conversazione sulla famiglia tra due mega influencers - Bryan Grey Yambao, noto come Bryanboy, che ha appena lasciato Manhattan per vivere in Svezia con suo marito e il loro cane Bettina Buffé (già influencer su Instagram) e Susanna Lau, conosciuta come Susie Bubble, che risiede a Londra con la sua bambina Nico alla quale si è dedicata in prima persona rimandando il più possibile l’aiuto di una babysitter. Ci raccontano il loro punto di vista sul concetto tra followers e real life. Non apparenze, ma legami veri.
L’O: Avete entrambi un background molto interessante. Fino a che punto le vostre origini culturali influenzano il vostro lavoro?
Bryanboy: «Devo alla famiglia e alle mie origini culturali una serie di valori su cui baso la mia vita. I miei genitori mi hanno insegnato quanto sia importante lavorare sodo e non dare mai nulla per scontato. A differenza di molti altri professionisti dell’industria della moda non ho una famiglia importante alle spalle; sono del tutto indipendente e mi sono fatto da solo».
Susie Bubble: «Sono molto orgogliosa delle mie origini cinesi, anche se non svolgono un ruolo decisivo nella mia attività professionale se non in casi specifici, come per esempio quando penso alla diversità, alla rilevanza degli anglo-cinesi nelle arti oppure quando vado a Hong Kong e osservo altri stilisti che esprimono le proprie radici culturali nel loro lavoro».
L’O: Ci sono persone che considerate vicine come una vera famiglia?
BB: «Sono tante le persone che considero la mia famiglia, i miei colleghi e amici più cari sono Susie Lau, Tina Leung, Declan Chan e Veronika Heilbrunner. L’idea che sia impossibile farsi degli amici nel mondo della moda è uno dei falsi miti dei nostri tempi. In questo ambiente ci sono persone fantastiche che mi sono sempre state accanto nel bene e nel male, nella buona e nella cattiva sorte».
SB: «Direi che le persone che fanno parte della mia “altra famiglia” sono Bryan (Bryanboy), Tina Leung, Phil Oh (Mr. Street Peeper di Vogue) e Tommy Ton; le nostre carriere hanno seguito strade parallele, siamo cresciuti insieme nell’industria della moda».
L’O: Avere una famiglia vostra ha cambiato l’equilibrio tra vita privata e vita professionale?
BB: «Non ho mai avuto il problema di conciliare vita privata e lavoro perché per mia grande fortuna ho un compagno molto comprensivo che mi permette di essere sempre me stesso. Stiamo insieme da circa dieci anni; quando ci siamo sposati sapeva a cosa sarebbe andato incontro. Era con me quando mi sono trasferito dalle Filippine a New York e poi da New York alla Svezia. Se non altro, è tutto più facile adesso che viviamo insieme».
SB: «Direi che le mie priorità riguardano soprattutto mia figlia Nico e il mio desiderio di darle la massima attenzione possibile. Ed è per questo motivo che per molto tempo ho preferito non assumere una babysitter e passare più tempo con lei».
L’O: Cosa pensate dell’idea di postare sui social le foto dei figli? È una questione di cui vi preoccupate?
BB: «Ogni genitore sa cosa sia meglio per i suoi figli e per se stesso. Tuttavia, se avessi figli miei, penso che una foto carina ogni tanto sarebbe sufficiente. Di certo non incentrerei su di loro i miei account social. Mi piace pensare che da padre rispetterei il diritto alla privacy dei miei figli, cosa che di questi tempi accade raramente ed è diventata un lusso».
SB: «Credo di essere piuttosto attenta alla frequenza con cui Nico compare nei miei contenuti social e in ogni caso si tratta delle storie di Instagram, che sono temporanee. Non penso che quelle foto siano un grosso problema, anche se sono consapevole del fatto che un giorno lei possa preferire di non apparire su internet».
L’O: Cosa pensate della politica riguardo alle famiglie LGBT? La gente famosa è più fortunata rispetto alle persone “comuni” che ogni giorno affrontano molte difficoltà pur di essere se stesse?
BB: «Grazie all’amministrazione Obama, negli Stati Uniti i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono diventati legali nel 2015. Era tempo che accadesse, visto che diversi paesi europei avevano già provveduto a regolarizzare le unioni civili una ventina d’anni fa. Io credo fermamente nell’uguaglianza e penso che chiunque abbia il diritto di crearsi una famiglia, che sia attraverso l’adozione o la maternità surrogata. È triste vedere la politica e la religione strumentalizzare questi principi per dividere le persone. I diritti LGBT sono chiaramente sotto minaccia, soprattutto se pensiamo alle tendenze politiche che adesso prevalgono nel mondo e all’ascesa del populismo di destra, dei nazionalismi e dei partiti conservatori».
SB: «Conosco molte famiglie che credono in un mondo migliore. Per me, le famiglie “diverse” o non tradizionali che rientrano nella categoria LGBT. Non credo che le persone famose siano avvantaggiate rispetto alle persone comuni, perché per fortuna adesso certe situazioni sono considerate normali in molte società».
L’O: Bryan, consideri la possibilità di diventare padre e costruire una famiglia con tuo marito e tua “figlia” Bettina Buffé?
BB: «Assolutamente sì. Le famiglie si formano o per natura o perché si sceglie di prendersi cura di qualcuno. Sogno di avere una bambina un giorno (mio marito vorrebbe un maschio), ma i costi relativi alla maternità surrogata sono proibitivi. Vorrei avere milioni di euro, nascosti sotto il materasso. E poi c’è l’opzione di adottare. Ci sono così tanti bambini al mondo che hanno bisogno di una famiglia amorevole. Ho sempre guardato ai genitori adottivi come a degli eroi moderni».
Foto di Jessica Sidenros @soderbergagentur