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Racconto in bianco: la storia della Maison Martin Margiela

È il padre della decostruzione sartoriale e l'ideatore dell'etichetta bianca. La storia e la carriera dello stilista belga Martin Margiela e della Maison più misteriosa di sempre. 

La storia della Maison Martin Margiela
La storia della Maison Martin Margiela

L'INIZIO DELLA CARRIERA DI MARTIN MARGIELA

Più di ogni altro designer, Martin Margiela detiene il riconoscimento dal fashion system per essere stato uno tra gli stilisti più influenti e iconoclasti degli ultimi 40 anni. Nato nel 1957 a Genk, in Belgio, lo stilista si è formato alla Royal Accademy di Anversa e la sua carriera lavorativa inizia come primo assistente nell'ufficio stile di Jean-Paul Gaultier. Nel 1988 fonda la sua Maison Martin Margiela a Parigi dove debutta con la prima collezione donna primavera estate 1989.

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Nella prima foto: Martin Margiela e Jean Paul Gaultier. Nella seconda foto: Martin Margiela e Jean Paul Gaultier foto d'archivio L'Officiel Paris 1999

LA DECOSTRUZIONE E L'ORIGINE DELL'UPCICLING

Alla ricerca di una definizione con cui etichettare la moda di Martin Margiela - ricca di provocazioni, mania per il processo creativo, e maestria sartoriale per realizzare i suoi capi - la stampa ha classificato e descritto le creazioni delle sue collezioni come opere di “metamoda”. Lo stilistia belga è considerato padre della tecnica della decostruzione sartoriale. Decostruire gli abiti significa scoporre e rimontare insieme parti di abiti vecchi, mettendo in mostra fodere e parti interne e proponendo un nuovo approccio al design. Questa tecnica aprì le strade ad una moda democartica che possedeva denominatori comuni con la libertà sartoriale degli anni Settanta e privilegiava l’utilizzo dei materiali di recupero anziché seguire un’idea di moda fatta di lusso e ostentazione. Ciò che oggi noi definiremmo con il termine upcycling.

Molti definiscono la moda di Margiela come un crossover tra il minimalismo e il punk con la costruzione di silhouette essenziali che incontrano l'utilizzo delle tecniche del bricolage: il patchwork e la decontestualizzazione di materiali e oggetti che assumono nuovi significati diventando capi, accessori o gioielli impensabili. Come tappi di sughero che diventano collane dal carattere haute couture, forchette d'argento che diventano bracciali e cocci di piatti di ceramica che si strutturano con fili di ferro fino a diventare dei gilet Artisanal.

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Nella prima foto: Maison Martin Margiela sfilata primavera estate 1990. Nella seconda foto: Maison Martin Margiela sfilata Autunno Inverno 1995. Nella seconda e terza foto: Martin Margiela editoriale L'Officiel Archive

L'ASSENZA DI MARTIN MARGIELA

A partire dagli anni ‘90 iniziò a manifestarsi una nuova tendenza nata in contrapposizione  all'esuberanza e opulenza degli anni ‘80 e Martin Margiela come testimone del tempo decise di promuovere il culto dell’assenza, eliminando ogni sua traccia. Declinava inviti personali, rifiutava fotografie ufficiali e interviste, persino ai fax e alle telefonate adottava la formula di plurale maiestatis, rispondendo sempre a nome della Maison. Margiela ha fatto della sua assenza una potente strategia della comunicazione pensata insieme alla sua stretta collaboratrice Jenny Meirens. Le stesse modelle e i modelli che sfilavano venivano presentati con il volto coperto, per mantenere il fil rouge con la comunicazione del brand e per non influenzare la bellezza e il potenziale intellettuale dei capi.

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L'ORIGINE DELL'ETICHETTA BIANCA


Sono poche le informazioni sul suo conto e la forza della Maison stessa si basava sull’assenza di Martin. Considerato come un vero e proprio distruttore del fashion system il designer belga levò (in un certo senso) la vita agli abiti, rimuovendo il suo nome dall’etichetta, e proponendo la leggendaria etichetta bianca fissata solo da 4 punti di cucitura. Successivamente venne proposta l'etichetta numerica, utilizzata come legenda con un indice numerato da 0 a 23 in cui ogni numero indica alla categoria di prodotto. Ad esermpio lo "0" circondato equivale alle collezioni Artisanal, il "3" indica le fragranze Replica e il "10" le collezioni moda uomo, e via dicendo..

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L'etichetta bianca della Maison Martin Margiela fissata con i 4 punti sugli angoli
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Uno scatto con le collezioni di Martin Margiela preso da L'Officiel Archive

LE BAMBOLE SONO STATE LA PRIMA ISPIRAZIONE DI MARTIN MARGIELA

Come rivelato nel documentario "Martin Margiela: In His Own Words"  di Apple TV, da piccolo insieme alla sua nonna sarta si ritrovava a cucire e riadattare abiti in maniera creativa sulle sue Barbie.  Negli anni Novanta, Margiela aveva proposto una collezione che celebravano le iconiche bambole. Facendo il processo inverso gli abiti delle Barbie e di Ken venviano riadattati sulle dimensioni reali umane mantenendo però le stesse proporzioni, colli, bottoni, polsini si presentavano fuori misura con dettagli volutamente enfatizzati e un fit oversize.

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Maison Martin Margiela collezione autunno inverno 1994 ispirata ai vestiti delle Barbie.

LA CREAZIONE DELLE TABI LE SCARPE DELLA 

Nel 1997 preso dalla frustrazione di creare la scarpa perfetta e riconoscibile per le sue collezioni, Martin Margiela ha creato le Tabi - le scarpe più controverse mai esistite - realizzate partendo dalle tabi giapponesi, le calze adatte alle infradito che separano l'alluce dalle altre dita dei piedi. Aggiungendo una suola, strutturando la tomaia distintiva in pelle, una chiusura a corsetto sul lato interno e un tacco di legno cilindrico, Martin Margiela ha creato le scarpe più distintive e desiderabili del fashion system.

La prima comparsa delle Tabi fu con la collezione primavera estate 1989 al Café de la Gare di Parigi. Sulla passerella di tela bianca sfilano modelle con il volto coperto da una maschera anonima che indossavano le scarpe e i Tabi boots verniciati di bianco e pucciate nella vernice rossa che lasciavano lungo la passerella queste orme di vernice rossa fresca. Una sfilata-performance unica che è rimasta nella storia e le impronte della calzatura di Martin Margiela divennero subito un'icona della maison. Successivamente la tela della passerella con l'impronta delle Tabi, stata riutilizzata per la collezione della stagione successiva per la produzione dei capi.

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Le Tabi di Maison Martin Margiela (Getty Images)

LO STREET CASTING E I MODELLI NON PROFESSIONISTI

Sebbene fin da piccolo Martin Margiela è stato un grande cultore della bellezza non convenzionale, lo stilista belga è stato anche pioniere dello street casting. Alle presentazioni e alle sfilate, venivano ingaggiate per lo più persone comuni e modelli non professionisti che provenivano dalla strada o erano vicini alla Maison.

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Maison Martin Margiela la presentazione della collezione autunno 1994 a New York (Getty Images)

LA FASCINAZIONE PER I CAPELLI 

Molti credono che i capelli e le parrucche siano solo un'ossessione e un feticcio di Martin Margiela, ma non è così. Il padre di Martin era un parrucchiere - e possedeva anche un suo salone di bellezza a Genk - e fin da piccolo lo stilista belga era affascinato dalle parrucche e dai capelli. Da questa sua passione, Martin Margiela ne ha fatto un tratto distintivo per le sue collezioni introducendo fluenti parrucche di ogni tipo, pelliccie di capelli e accessori e gioielli che includevano lunghe ciocche di capelli. Oggi il fratello, Luc Margiela Kapper (anche lui hairstylist) porta avanti il salone di famiglia di Margiela. 

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Alcuni look della sfilata Maison Martin Margiela primavera estate 2009 (Getty Images)

GLI ANNI DI MARTIN MARGIELA DA HERMÈS

Dal 1997 al 2003 oltre alla sua omonima Maison, Martin Margiela si occupava anche delle collezioni femminili di Hermès di cui era direttore creativo. In questi anni lo stilista si è concentrato a sperimentare con i suoi design più essenziali e minimalisti e la decostruzione abbianata al mondo luxury della pelletteria e la sartorialità di lusso.

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La sfilata di Hermès autunno inverno 1988-89 (Getty Images)

LE MOSTRE DI MARTIN MARGIELA

Dalla sua uscita dal fashion system nel 2009 sono state realizzate diverse mostre sull'approccio pionieristico del designer belga: dalla storica Martin Margiela (9/4/1615) organizzata al Museum Boijmans van Beuningen a Rotterdam  fino alle più recenti, la Margiela les années Hermès al Musée des Arts Décoratifs e Margiela/Galliera, 1989-2009. La più recente Martin Margiela Lafayette Anticipations — Fondation d'entreprise Galeries Lafayette a Parigi che espone per la sua prima volta le sue opere d'arte feticcio in veste di artista contemporaneo.

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Nella prima foto: una foto della mostra "Martin Margiela (9/4/1615)" organizzata al Museum Boijmans van Beuningen a Rotterdam. Nella seconda foto: un'installazione alla mostra Martin Margiela a Lafayette Anticipations — Fondation d'entreprise Galeries Lafayette di Parigi

I DOCUMENTARI DI MARTIN MARGIELA 

Sulle poche fonti di Martin Margiela i documentari a lui dedicati sono tra le più attendibili. Tra i più famosi c'è il breve cortometraggio "The Artist is Absent", il documentario "We Margiela" in cui la storia della Maison francese viene raccontata attraverso le figure dei collaboratori stretti del designer tra cui Vicky Roditis, Deanna Ferretti Veroni e Alda Farinella e l’ultimo documentario "Margiela In His Own Word" diretto da Reiner Holzemer.

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La locandina di Martin Margiela "In His Own Words"

LA MAISON MARTIN MARGIELA VIENE ASSUNTA DAL GRUPPO OTB

Nel 2002 Renzo Rosso proprietario e presidente del gruppo OTB (Only The Brave) di Diesel acquisisce il brand Maison Martin Margiela. Nel 2014 lo stilista belga abbandona la Masion lasciando il posto all'attuale direttore creativo John Galliano che ancora dirige le collezioni di Maison Margiela, che non riporta più il nome di Martin. 

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