Fashion

Shopping sostenibile. Talia Collective lo controlla per te

È nato da poco e si sta facendo notare per la serietà con cui seleziona i brand a basso impatto, senza rinunciare allo charme
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Giovane, carina e molto impegnata. Si presenta così Rebecca Prunali, la fondatrice di Talia Collective, il sito interamente dedicato allo shopping sostenibile. Romana, una laurea in giurisprudenza per puntiglio («Non mi piaceva, ma non lascio mai le cose a metà»), un trasloco a Londra per amore e lì la scoperta di una grande passione, la battaglia per il riconoscimento dei diritti umani. Fa esperienza in solide ONG, si specializza in tematiche di responsabilità sociale e ambientale, dove matura la decisione di comprare per sé solo da marchi attenti alla tutela del Pianeta e delle persone. Peccato che non sia così semplice capire se il brand adocchiato è davvero fedele a ciò che dichiara di fare, o se si tratta di operazioni di greenwashing. All’inizio si focalizza su aziende di clean beauty, ovvero prodotti di bellezza a basso impatto, poca chimica e ingredienti, il più possibile naturali. Man mano allarga l’orizzonte all’universo fashion e si accorge di quanto manchi un collettore di marchi etici che si accolli il compito di verificarli uno per uno. Da lì l’idea di lanciare Talia Collective, al debutto online nel settembre scorso. 

Basata a Milano, dove ora vive con il marito, Rebecca raccoglie attorno a sé designer e piccole realtà imprenditoriali da proporre al pubblico con un guizzo pop: «Tuttora sono poche le piattaforme votate alla selezione di moda e beauty davvero sostenibili, ma noi ci differenziamo per  l’approccio volutamente colorato e appealing», spiega Prunali. «In più, siamo gli unici ad avere avviato un vero e proprio programma di educazione al consumatore, perché devi spiegare il motivo per cui un capo costa di più rispetto a un prodotto di massa, o cosa c’è di profondamente sbagliato nel comprare una camicia a 5 euro». Talia Collective ha otto parametri su cui si tara nella valutazione di ogni marchio, dal vegan al cruelty free per il mondo beauty, alla tracciabilità e attenzione all’impatto dei processi produttivi adottati, all’utilizzo di materiali sostenibili (il lino per esempio richiede molta meno acqua nella sua lavorazione rispetto al cotone comune). Poi c’è l’aspetto della produzione il più possibile in loco, il sostegno alla comunità il cui il brand opera, i protocolli di economia circolare e di riduzione dei consumi di acqua. «Per fare parte di Talia Collective, ogni label deve dimostrarci di soddisfare almeno due/tre di questi criteri e spiegarci come intende raggiungere gli altri obiettivi virtuosi nei due anni successivi. Naturalmente badiamo alle certificazioni che hanno ottenuto, tra cui Oeko-tex standard e GOTS, per i tessuti, Global Recycle Standards, legato all’importanza del riciclo per la crescita di un modello di produzione, Responsible Wool che verifica il benessere delle pecore da cui si ricava la lana o SA8000, in tema di buone condizioni di lavoro».

Al momento Talia Collective funziona come una vetrina per i brand selezionati, facendo da ponte tra il cliente e l’azienda che spedisce direttamente, ma a breve sarà il sito stesso a occuparsi della spedizione. «Garantiamo consegne entro una settimana, non di meno, perché il fast shipment ha effetti nefasti sulla Terra e offriamo il reso gratuito in caso il pezzo ordinato non vada bene. Abbiamo scelto di spedire ovunque nel mondo, ma compensiamo piantando alberi appoggiandoci a Treedom», sottolinea Rebecca.Tra i marchi da tenere d’occhio, Vernisse, modelli timeless realizzati esclusivamente con giacenze di magazzino, la maglieria etica di Mansken, le borse made in Africa di Aaks e le friuliane sostenibili di Flabelus.

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