Welcome to the Pucci's World
Camille Miceli, dopo aver collaborato con Dior e Louis Vuitton, racconta la sua esperienza come direttrice creativa di Pucci, e quel lato psichedelico e matto che le piace del brand satellite del mondo LVMH.
Nella sua carriera vanta collaborazioni in ruoli diversi da Azzedine Alaïa a Karl Lagerfeld, da Marc Jacobs a Nicolas Ghesquière. Oggi Camille Miceli è direttrice creativa di Pucci, dove ha trovato un mondo di «colore e di gioia e una bella squadra con cui lavorare». E «sebbene Parigi sia la mia città e mi piacerebbe vivere a Roma, perché è una città ricca di cultura dove ogni giorno puoi scoprire qualcosa di nuovo», ora è stabile a Milano.
L’Officiel: Come hai cominciato con Pucci?
Camille Miceli: La proposta è arrivata da Delphine Arnault e Sidney Toledano, ma onestamente era qualcosa a cui avevo già pensato guardando i marchi di LVMH, ho sempre creduto che si sarebbero potute fare grandi cose con Pucci. Quando mi hanno offerto il lavoro non ho avuto dubbi, ho subito preparato un dossier con le mie proposte per essere sicura di essere la persona giusta. Loro mi hanno accolta a braccia aperte. Mi piace Pucci perché è una casa di moda che ha un equilibrio tra uno stile easy e wearable e un approccio basato sul lifestyle e la gioia che comunicano le stampe.
LO: Che connessione c’è con Emilio Pucci?
CM: Spontanea, mi sarebbe piaciuto aver conosciuto il fondatore. C’è un lato psichedelico e a tratti “matto” che amo tantissimo, un senso di frivolezza e libertà che condivido. Mi piace quando le persone sono libere di inseguire ciò che vogliono senza porsi troppe domande.
LO: Qual è il tuo primo ricordo legato a Pucci?
CM: La prima memoria è legata a mia nonna, che spesso indossava i suoi capi in jersey, e si divertiva a mixare le fantasie. L’altro è di quando ero da Chanel e all’inizio degli anni ’90 avevo notato un ritorno di Pucci. Linda Evangelista ed Helena Christensen sfoggiavano pezzi vintage, stavano benissimo, e dopo averle viste anch’io comprai qualche capo.
LO: Come definiresti la donna Pucci?
CM: È una donna che conosce prima di tutto se stessa, è curiosa, libera e vive questa gioia in maniera assoluta. Pur essendo molto femminile mi piace vederla anche con uno stile più boyish, che sto cercando di inserire poco alla volta. Ha una forte personalità, viaggia in tutto il mondo, ha case ovunque, va in barca a vela e ha una vita culturale molto attiva. Pucci è un marchio senza età e anche la donna a cui penso non ha limiti generazionali ed è questo un concetto che abbiamo voluto raccontare con il nostro lookbook coinvolgendo personalità come Malgosia Bela e Doris Brynner.
LO: Come cominci a lavorare a una collezione e che rapporto hai con l’archivio?
CM: Parto dalle stampe, vado in archivio proprio perché voglio lavorare sulle stampe originali, poi le rielaboro manualmente senza computer, le metto insieme in un lavoro che coinvolge il team. Durante questo processo mi capita spesso di ritrovare lo stile degli anni ’70, a volte anche ’60. Come direttrice creativa credo che sia fondamentale avvicinarmi al marchio, non viceversa, avere rispetto, perché il mio compito è essere una traduttrice del suo DNA. Qui la star è Pucci.
«Da Pucci ho trovato un mondo di colore e gioia e una bella squadra con cui lavorare».
LO: Mi piace questa idea di star. Tu quando progetti hai una donna in mente?
CM: No, non ci riesco e credo che nel caso di Pucci sia irrilevante. Non ci sono binari generazionali, per me è una questione di Famiglia per questo la mia ultima collezione si chiama così: può essere indossata dalla madre, dalla figlia che frequenta i festival e i party, dalla nonna. E mi piace aggiungere uno storytelling su chi sia stato Emilio e che cosa abbia rappresentato, nel suo tempo.
LO: Con le tue collezioni hai interpretato l’universo legato a Capri e l’heritage del brand, poi siete passati allo skiwear, mi piace come stai interpretando l’archivio, la storia... qual è il tuo punto di vista?
CM: Cerco sempre di far emergere la personalità del fondatore. Certamente considero che la donna Pucci non è una donna che ha paura di osare, perché indossa colori potenti e stampe in maniera disinvolta, lei vuole apparire mostrando semplicemente se stessa.
LO: Perchè hai deciso di inserire anche lo sviluppo maschile nella collezione?
CM: Mi sono detta “Why not?!”, in termini di business il menswear è potente e dalla prima collezione insieme al mio migliore amico Virgil abbiamo deciso di inserire dei pezzi unisex nella collezione, principalemente perché trovo che sia cool che una donna attinga al guardaroba maschile e viceversa. C’è molta attenzione intorno all’universo maschile, sono convinta che ci sia uno spazio anche da Pucci, anche se non credo che abbia un potenziale immenso, come nel caso di Dior Men. Ho visto l’interesse di mio figlio, che ha 22 anni, e dei suoi amici che hanno amato la collezione. I ragazzi oggi sono disposti a spendere cifre esorbitanti, non comprano tanto ma investono correttamente sulla qualità e capita anche che comprino in società e condividano gli acquisti.
«I ragazzi oggi sono disposti a spendere cifre esorbitanti, non comprano tanto ma investono sulla qualità. Capita anche che comprino in società e condividano gli acquisti».
LO: Considerando tutte le tue esperienze lavorative precedenti da Azzedine Alaïa, Chanel, Dior e da Louis Vuitton, come sei arrivata dagli accessori e i gioielli a quello che proponi oggi?
CM: Onestamente sono stata molto fortunata ad aver lavorato per maison così grandi da cui ho imparato il metodo, il processo, il business e il modo in cui si approcciano le situazioni. Il mio background mi ha aiutato parecchio e ora lo sto applicando ad una realtà piccola e contenuta come Pucci. Una delle mie prime esperienze lavorative fu per Azzedine Alaïa, era un grande amico dei miei genitori, ricordo che era meticoloso in maniera ossessiva e sento di aver ereditato da lui questo tratto. Karl Lagerfeld invece era il re del marketing, aveva un mindset di strategie ben preciso e idee chiare su come impostare il proprio lavoro, la nostra attuale formula see-now-buy-now di Pucci è stata un’intuizione conseguente alla preparazione che ho ricevuto da Karl.
LO: Qual è la stampa che ti piace di più?
CM: Senza dubbio la stampa Marmo, per me è come una firma distintiva, è così psichedelica e mi piace molto anche la storia della sua creazione. L’aveva creata quando era in viaggio a Capri nella Grotta Azzurra ed era stato ispirato dai riflessi del sole sul mare.
LO: Mi piace molto l’idea di co-branding con Fusalp per la collezione “La Famiglia”. Pensi di continuare in questa direzione?
CM: Dato che siamo una realtà piccola e non abbiamo tutte le risorse che potremmo avere, penso che sia un’ottima cosa trovare marchi che possano collaborare con noi per intraprendere una condivisione reciproca di valori, conoscenze e nuove tecniche.
LO: Se dovessi scegliere i pezzi di punta della tua ultima collezione…?
CM: Sicuramente la cappa, i pantaloni e i furry boots.
LO: Sei intenzionata a presentare le tue prossime collezioni con una sfilata fisica?
CM: Per il momento no, anche perché perderebbe di senso con la formula see-now-buy-now. Mi rendo conto che non posso avere sia la sfilata che le immagini del lookbook, quindi sono costretta a fare una scelta. Devo dire che mi piace vedere come vengono interpretate le mie collezioni dai talenti, e lo trovo meno dispendioso che fare un fashion show da 10 minuti.
LO: Vorresti continuare con le collezioni see-now-buy-now?
CM: Si perchè viviamo in un epoca in cui le persone spendono intere giornate al telefono a scorrere contenuti immediati, perciò se una persona desidera qualcosa mi piace soddisfare subito, nell’immediatezza, il desiderio di possederla.
LO: Che sogno riservi per il futuro di Pucci?
CM: L’obiettivo finale sarebbe avere un luogo meraviglioso in Toscana nel mezzo della natura, in cui possiamo essere sostenibili e autoctoni, cucinare il cibo che abbiamo coltivato, gestire soggiorni in hotel, praticare yoga e laboratori di ceramica facendolo diventare anche il luogo ideale per il benessere. Mi piacerebbe che diventasse la giusta residenza per artisti. E se devo pensare in grande mi piacerebbe andare nello spazio con Pucci.
LO: A proposito di spazio, Emilio Pucci fece il logo per la NASA, come desidereresti lasciare il segno tu?
CM: Ideando un marchio di acqua potabile, perchè probabilmente il problema dovuto alla mancanza di acqua andrà avanti per i prossimi 20 anni, perciò mi piacerebbe produrre questa soluzione vitale per gli esseri umani.