Nicolas Ghesquière e i dieci anni alla direzione creativa del womenswear di Louis Vuitton
Con un défilé-evento che ha esplorato gli stilemi estetici che lo hanno accompagnato nel suo percorso fashion dal 2014 a oggi, Nicolas Ghesquière ha celebrato il suo decennio alla guida creativa della linea femminile di Louis Vuitton. «Dieci anni dopo quel debutto, questa serata è una nuova alba... Voglio continuare questo viaggio stimolante, aperto al futuro e al mondo intero, come è nella filosofia di questa incredibile maison».
«Sono stato chiamato da Louis Vuitton per fare moda, nel modo giusto. Non per creare qualche cosa di mainstream e di poco incisivo. Dal momento in cui sono arrivato la mia missione è stata quella di pensare a un guardaroba riconoscibile e preciso, regalare alla donna di Louis Vuitton una visione. Ho portato movimento nelle collezioni ispirandomi alla storia della maison legata al mondo del viaggio. Ho esplorato il design. Ho cercato di navigare tra le epoche, unendo elementi apparentemente anacronistici, giocando con il contrasto delle epoche, mescolandole. Questa maison racconta la storia di una donna urbana che non ha paura di osare, mixando elementi colti di epoche differenti. Il suo guardaroba non è né vintage né futuristico... Cerca di unire questi opposti creando qualche cosa di nuovo». La visione di Nicolas Ghesquière per il womenswear del marchio ammiraglio del gruppo LVMH è sempre stata chiara e precisa. E oggi, a distanza di dieci anni dalla sua nomina a direttore creativo della collezione donna, il suo progetto estetico appare più forte che mai. Tanto da portare in scena, durante l'ultima fashion week parigina dello scorso marzo, un défilé celebrativo consacrato a raccontare il suo universo di stile. In un gioco tra passato e presente. Una parade degli stilemi che, negli anni, hanno accompagnato la sua visione di donna contemporanea. Un percorso iniziato il 5 marzo del 2014 negli spazi della Cour Carrée del Louvre con un messaggio visivo capace di unire pulizia estetica e modernità. Incarnato dal volto della super-model Freja Beha Erichsen, chiamata a indossare il primo look di quella collezione e scelta per diventare il volto di un racconto in divenire.
Iniziato dopo i 15 anni precedenti trascorsi alla direzione creativa della maison Balenciaga dove ha forgiato il vocabolario visivo dello storico marchio fondato da Cristóbal Balenciaga, aiutandolo a risorgere dopo un momento buio della sua storia ma soprattutto proiettandolo nell'Olimpo delle maison più cool del fashion system. Ancora oggi, a chi gli chiede quale consideri il look simbolo della sua (ri)evoluzione estetica per Louis Vuitton, Ghesquière risponde: «Se ne devo scegliere uno sicuramente il primo look della mia prima collezione, quello indossato da Freja. All'epoca si trattava dei primi fondamenti dell'estetica che ho sviluppato per il brand. Sceglierei quel look perché non cè una stagione in cui qualcuno del team Louis Vuitton non venga da me dicendo: "Per piacere, vogliamo di nuovo quel vestito. Vogliamo di nuovo quella borsa o vogliamo la tua nuova visione di quel look originale". E devo dire che tutto ciò mi rende molto orgoglioso». A punteggiare quella collezione, composta da 49 look, i pillars del Ghesquière pensiero oltre ad alcuni accessori immediatamente entrati nella mitologia collettiva della moda. A partire dalla borsa Petite Malle, intuizione geniale nata esplorando gli archivi della maison nata come produttrice di bauli da viaggio. Quindi perché non creare un mini baule da viaggio in versione mini-bag. Stesso scheletro rigido, stessa manifattura haut de gamme, stessa allure chic & cool. A modellare un accessorio diventato un oggetto di design capace di scrivere l'inizio di un nuovo percorso. Quel percorso che, dieci anni fa, Ghesquière raccontava emozionato prima della sua prima sfilata con una lettera-messaggio dedicata a tutti gli ospiti dello show. «Oggi è un nuovo giorno. Un giorno impor-tante... Le parole non riescono a esprimere esattamente come mi sento in questo momento... Sopra ogni cosa, provo una gioia immensa». Il designer, nato il 9 maggio del 1971 a Comines, una piccola cittadina nel nord della Francia, ha sempre avuto una grande passione per la moda.
A soli 12 anni comunica ai genitori che il suo sogno è quello di lavorare nel settore. Disegna continuamente bozzetti, realizza i primi modelli utilizzando tessuti scovati in casa e, a soli 15 anni e con l'aiuto del padre, raccoglie alcuni dei suoi schizzi per mandarli ad Agnès Andrée Marguerite Troublé, anima del brand francese Agnès B. Sarà lei a intuire le sue potenzialità creative e a invitarlo a Parigi per uno stage. Iniziando una storia che lo vedrà collaborare con Corinne Cobson prima di approdare dal suo mentore, l'enfant terrible della moda francese: Jean-Paul Gaultier («Mi ero ripromesso che prima dei 18 anni avrei lavorato con Gaultier», ha raccontato lo stilista in diverse interviste). Successivamente arrivano le collaborazioni con Thierry Mugler, con le italiane Trussardi e Callaghan, ma anche con Pierre Hardy. Tasselli di un mosaico creativo che lo porta ad approdare da Balenciaga nel 1995, per 15 anni, prima dell'arrivo al timone di Vuitton. Il resto è una storia precisa di avanguardia e nostalgia, di futurismo e colte citazioni storiche, di arte, di architetture e di viaggi, di liaison inattese tra elementi apparentemente distopici, di epoche agli antipodi, di regole scardinate e di sperimentazione. In comune, quella eleganza e quella discrezione che lo hanno contraddistinto in questi dieci anni di direzione creativa.
E che lo hanno portato ad affidare, anche in occasione dell'ultimo show, le sue emozioni e il suo pensiero a una semplice lettera. «Questa è una serata particolare, una serata significativa. Dieci anni fa avete preso parte al mio primo show per Louis Vuitton. Ricordo il feeling del debutto, l'immensa gioia che ho provato. Quella gioia è ancora qui. Dieci anni dopo quel debutto, questa serata è una nuova alba... Voglio continuare questo viaggio stimolante, aperto al futuro e al mondo intero, come è nella filosofia di Louis Vuitton. È stato un viaggio meraviglioso che voglio continuare. Vi ringrazio per aver condiviso questi dieci anni di design con me: dieci anni per una creativo sono il tempo perfetto per raccontarsi nel modo corretto... Ringrazio voi e tutti quelli che fanno parte di Louis Vuitton, tutti quelli che mi hanno permesso di costruire e raccontare questa storia in continuo rinnovamento».