Cambio di passo: Marco de Vincenzo e Marina Rinaldi insieme
Marco de Vincenzo, il guest designer di Marina Rinaldi per l’A/I 2021-22, ha trovato una nuova visione della moda.
Photography MAURIZIO BAVUTTI
Tutto è iniziato con Tsumori Chisato. Una presentazione durante la Milano Fashion Week dell’A/I 2016-17 dà il via alle capsule collection affidate da Marina Rinaldi a creativi di spicco della scena fashion, come appunto la designer giapponese. Un paio d’anni prima Jean Paul Gaultier aveva decretato la necessità per il mondo della moda di aprirsi a fisicità diverse, non standardizzate, più morbide, ma in tanti all’epoca avevano bollato entrambe le visioni come un azzardo. Se c’è un brand che ha sofferto (e forse a volte ancora soffre) dei pregiudizi altrui è Marina Rinaldi. Collezione chic nei materiali e nei concetti, nel 1980 nasce in seno a Max Mara, prendendo atto di un’ovvietà: le donne hanno corpi sinuosi, rotondità che la moda del tempo non fa che ignorare. Ma se oggi è sempre più la norma immaginare la bellezza e l’eleganza al di fuori di certe taglie predefinite, il merito va anche all’impegno costante del marchio nel produrre moda inclusiva, quando il termine non era ancora entrato nella coscienza collettiva. Non solo, in Marina Rinaldi hanno scommesso sulla capacità di attrarre hot names della moda e di spingerli a ripensare la propria estetica con criteri “curves-friendly”. Dopo la Chisato è stata la volta di Stella Jean, Roksanda Ilinčić, Fausto Puglisi, Antonio Berardi: mondi diversi, a volte opposti, che si sono alternati nel dialogo con l’ufficio stile del brand. Tutti si sono portati a casa conoscenze importanti in fatto di progettazione e modellistica e non fa eccezione Marco de Vincenzo, guest designer della mini linea per l’A/I 2021-22. Messinese, colto, affabile e appassionato, è uno di quelli che hanno scelto la via dell’indipendenza, con cui ha delineato uno stile riconoscibile, una mescolanza di fantasie all-over, cromatismi e iridescenze ipnotici, montati su linee che partono da assunti retrò per sviluppare visioni assai contemporanee. I pilastri portanti del suo mood li ha trasferiti al mondo Marina Rinaldi, a cominciare dal tipico dégradé multicolour con cui ha ammantato il cappotto con collo sciallato e quello fur-no-fur fotografato in queste pagine. Ma a sentir lui, quello che ha avuto in cambio è una diversa chiave di lettura nel concepire la sua stessa moda.
L’OFFICIEL ITALIA: Com’è stato il confronto con Marina Rinaldi?
MARCO DE VINCENZO: Era da tempo che aspettavo un’opportunità del genere. Già un paio di anni fa avevo tentato di costruire un casting più eterogeneo per la mia sfilata, ma mi ero scontrato con la difficoltà di trovare i volti giusti. Sognavo di esplorare nuove fisicità e poi è impossibile dire di no a un team come il loro, che fin dal primo incontro ti trasmette tutto il proprio amore per la moda, dandoti libertà totale. Mi hanno messo nella condizione di non avere paura di essere me stesso. Il risultato di questa prima collezione (a cui ne seguirà una seconda, ndr) mi diverte, riconosco il mio universo, solo con proporzioni differenti.
LOI: Cosa hai imparato?
MDV: Che la moda è un linguaggio davvero universale. Mia madre, per com’è fatta, potrebbe essere una cliente tipo del brand e quando l’accompagnavo a fare shopping, quello che avrebbe dovuto essere un momento divertente, spesso si trasformava in un incubo, non riusciva quasi mai a trovare quello che aveva in mente. È come se la moda, dopo una certa taglia, smettesse di giocare, invece la moda è proprio un gioco. Sono partito da lì, ragionando sul fatto che non aveva senso offrire un basico. Perché non regalare alla cliente qualcosa che forse non ha, dei capi fatti di colore, di sfumature, di sorprese? Ho lavorato sui loro modelli iconici, non mi sentivo all’altezza di modificare strutture che loro ci hanno messo anni a mettere a punto. Anche l’esperienza sul set della campagna con la modella Precious Lee è stata significativa. Ha una forte consapevolezza del suo corpo, si muove e tu capisci che la bellezza non ha più bisogno di limiti, di paletti, di codici. Credo che noi designer dovremmo ridefinire i nostri ideali.
LOI: Mi spieghi meglio?
MDV: Tutti noi partiamo sempre da una tipologia di donna che abbiamo in testa sin da quando iniziamo e fatichiamo a sganciarci da quell’immagine. Una collaborazione come questa ti fa capire che la tua donna ideale non è un corpo, ma un’attitudine. I capi che ho realizzato per Marina Rinaldi li vedrei bene su mia madre come su una taglia 38, non posso dire lo stesso di altre mie creazioni del passato.
LOI: Quindi stai ripensando tutta la Marco de Vincenzo?
MDV: La mia moda non potrà più parlare solo il linguaggio di prima, dopo questo incontro che mi ha fatto crescere. Ho ampliato il mio orizzonte e, anche per via dello stop forzato imposto dal lockdown, mi sono messo in discussione. Oggi il mio sforzo quotidiano è quello di liberarmi dai pregiudizi, il nuovo punto di partenza del mio brand si basa su pezzi che non abbiano età o fisicità predefinite. E sono ossessionato dal trovare un modo per essere il più possibile sostenibile in tutti gli aspetti della collezione. Sto lavorando a scenari al di fuori degli standard della campagna vendita o della sfilata. Ci saranno altre collaborazioni stimolanti e soprattutto un progetto a cui tengo moltissimo che inaugura una nuova dimensione della mia moda. Sto mettendo in campo la nuova versione di me.
In entrambe le immagini il designer Marco de Vincenzo.
MODEL: Vivian Hoorn @ SCALA MANAGEMENT