#TalkingWith Andrea Adamo e la sua collezione 'Nudo'
"Devo ripartire da me stesso." questo è stata una riflessione che ha dato origine ad ADĀMO il nuovo brand fondato da Andrea Adamo durante il lockdown. Tutto inizia dal suo cognome che allude ad Adamo ed Eva nudi senza vergogna nel Giardino dell'Eden. Un'idea che ha vestito perfettamente la brand identity di un marchio libero da etichette in cui regna equità e uguaglianza. La sua prima collezione Spring Summer 2021 intitolata "Nudo" è composta da: abiti, tutine di paillettes, canottiere in harness di cotone, ciclisti, leggins e body in knitwear tutto rigorosamente proposto.
Com’è nato questo progetto?
Nasce durante il lockdown. Essendo consulente avevo perso il mio lavoro, e sono ripartito da me stesso; ho pensato a me, al mio cognome (Adamo) legandolo al concetto di nudità. Era il periodo di Giugno e c’era anche in corso il movimento sociale Black Lives Matter. Quindi volevo parlare di questo problema sociale che la moda deve raccontare nei giorni nostri. Perciò ho pensato ai colori della pelle a cui non volevo dare nomi in quanto universali, ho creato il nudo 01, 02, 03 in modo che fossero tutti allo stesso livello.
Come mai l’idea di iniziare durante il periodo dell’emergenza sanitaria?
Perché secondo me nei periodi più bui la gente tira fuori il meglio di se. Nei momenti di disagio tiro fuori sempre il meglio di me e il lockdown mi ha reso più riflessivo e più creativo di prima.
Quali sono i tuoi designers di riferimento?
Il mio designer preferito è Yves Saint Laurent. Helmut Lang è anche una reference per tutti nel mondo del minimal, come anche Miuccia Prada. Yves Saint Laurent, per la sua vita e perché ha saputo raccontare il tema sociale della rivoluzione omosessuale senza troppi taboo, vestendo le donne in maniera maschile, dando una nuova forza e liberando il corpo femminile dalla moda istituzionale. Anche io a mio modo, vorrei raccontare cosa sta succedendo nella società di oggi. Bisogna essere orgogliosi del proprio colore della pelle perché la diversità è un plus e non una vergogna.
A proposito di designer hai lavorato con Elisabetta Franchi, Roberto Cavalli, Zuhair Murad, Dolce&Gabbana… Che cosa ti hanno insegnato tutti queste realtà?
Mi hanno insegnato tutti in maniera diversa. Elisabetta Franchi la determinazione, lei dal nulla ha raggiunto il suo successo e spero un giorno di raggiungere anche io i suoi successi di livello commerciale. Roberto Cavalli ha segnato per me l’inizio, mi sono messo in gioco e mi sono confrontato con un livello di professionisti differenti. Per Zuhair Murad sono andato a Parigi, non parlavo benissimo l’inglese, non ho mai parlato il francese, e mi sono rimesso in gioco. Dolce&Gabbana mi ha insegnato l’atelier dove ho conosciuto dei professionisti grazie ai quali ho migliorato il mio livello tecnico e le mie conoscenze stando in contatto con la sartoria. Ingie è stato per me l’esplorazione perché viaggiavo tantissimo.
Qual è il primo look che hai disegnato?
L’abito, l’idea è nata da dei vasi che avevo visto in un’esposizione a Malpensa. Queste sculture raffiguravano figure umane come un tutt’uno tra testa e corpo e da quel momento mi è partita l’ispirazione, perciò ho iniziato a fare quest’abito. In più il body shape, che è un elemento che differenzia la mia collezione. Un altro messaggio che volevo trasmettere infatti è: il “bella” non ti senti solo perché sei magra, ma bella ti senti perché sei orgogliosa del tuo corpo. Se determinati capi non funzionano, ho fornito una selezione di underwear. Le linee degli abiti con i tagli cut-out lasciano intravedere anche l’intimo.
Questo concetto di shades della pelle lo vuoi tenere in generale
Sarà la mia brand identity.
Il tuo racconto e i tuoi messaggi sono molto belli…
Penso che oggi bisogna essere semplicemente se stessi, essere orgogliosi di quello che si è. Questo è il senso in cui ha inteso la nudità, Adamo ed Eva erano nudi ma senza vergogna.
Come sarà il tuo menswear?
Il mio uomo sarà lo stesso della donna, perché non c’è alcuna differenza tra uomo e donna a livello sociale. C’è solo una differenza a livello visivo ma non sociale. Anche nella selezione dei ragazzi per il casting cerchiamo sempre di trovare una bellezza raffinata che si avvicina a quella femminile per mantenere tutto sullo stesso livello. Al momento c’è solo la canotta e l’harnes. Nel lookbook avevano anche i ciclisti di maglia, adesso comunque faremo uno studio a tavolino con il commerciale. Ad oggi comunque dire femminile o maschile non ha più senso.
Dove produci tutto?
E’ tutto made in Italy. La maglieria è ad Ancona e ci tengo a precisarlo, sono fornitori nuovi per le mie conoscenze, che mi hanno dato subito credibilità e devo ringraziarli per il supporto per sempre.
E ti piacerebbe poter sviluppare altre tipologie di prodotto per completare il look?
Avvicinandomi alla fase lookbook, ho pensato subito ad un accessorio come la scarpa, poi ho visto che il mercato era troppo saturo, e nonostante il brand è registrato in tanti paesi anche nella classe accessori, mi sono detto “meglio procedere step by step”.
Accessori?
Sarà uno step successivo.
Tu hai una tipologia di donna in testa quando crei?
Io ho sempre in testa Christy Turlington negli anni ’90. Per me lei è tutto quello che una donna dovrebbe essere. Ma se devo dare una risposta obiettiva a questa collezione pensavo alle mie amiche, le donne che vedevo vestite per strada e le donne della mia quotidianità. Dire Christy Turlington non sarebbe inclusivo. Bisogna sognare, ma sempre tenendo un occhio sulla società di oggi.
A che cosa lo abbini il discorso di nudità? E’ anche un discorso di etichette?
Si, soprattutto, perché il fatto di essere nudi e di mostrarsi per quello che siamo, deve essere senza vergogna. Oggi non deve più valere dire “gay”, “etero”, “effemminato”, “virile”, “grossa” o “non grossa”. Siamo tutti allo stesso modo, e per me la nudità è legata quindi alla caduta delle etichette nel mondo.
Il nome Adamo, veste perfettamente l’idea per il tuo marchio. Il suggerimento è arrivato da qualcuno o ti è nato spontaneo?
Una sera mi sono detto, “devo ripartire da me stesso.”: Adamo.
Tornando al discorso delle etichette, sta scambiando qualcosa in questo momento?
Devo dire che sono stati fatti piccoli passi in avanti nei confronti della popolazione black e la comunità LGBTQI+. Ancora oggi ci poniamo il problema se una persona è di colore, è trans, o se è omosessuale. Ma allo stesso tempo, dobbiamo domandercelo veramente?
In Italia questo target non è ancora ben presente rispetto all’estero
Questa è una mia esigenza, di far vedere che noi italiani possiamo essere un riferimento internazionale. L'Italia non deve fermarsi alla pizza, agli spaghetti, al mandolino e a Sofia Loren, ma può essere contemporanea come tutti gli altri paesi, come i designers francesi e quelli londinesi.
Quali sono le tue principali ispirazioni quando progetti?
Il corpo è al centro delle mie ispirazioni e soprattutto i miei abiti sono studiati tecnicamente per dare comfort ai movimenti. La libertà del corpo di una donna è la priorità per i miei capi.
Come funziona il tuo processo creativo quando davanti hai un foglio bianco?
Ho questa figurino che mi accompagna da sempre. È come se fosse la mia migliore amica, che non mi ha mai abbandonata. Parto sempre da lei. È sempre stata lì fin da quando ero bambino.