Going global: un viaggio attraverso le pagine de L'Officiel
La moda raggiunge tutti gli angoli del mondo, ma Parigi resta l'epicentro dello stile internazionale. Oltre a essere anche il luogo dov'è nato L'OFFICIEL.
La moda è una forza ed entità globale. Ma il fashion globalism - che si rivolge e interpreta il mondo intero attraverso la moda - significa qualcosa di più delle reti commerciali che si incrociano nel globo: produce trasformazioni culturali. Comprendere la moda all'interno di una cornice mondiale significa anche coltivare un senso di cittadinanza da cui derivano diritti, responsabilità e storia.
Le pagine de L'OFFICIEL hanno sempre cercato di coinvolgere una audience mondiale e il suo centenario ci dà l'occasione di riflettere sull'interesse dell'industria della moda nei coinvolgimenti creativi con una diversa gamma di culture ed etnie. In entrambi i casi, il ruolo che i magazine di moda hanno svolto nel creare la moda su scala globale è stato profondo, ma deve essere compreso come un globalismo europeo. E per quanto riguarda L'OFFICIEL, potrebbe addirittura essere definito globalismo francese.
I fashion magazine spesso fanno ricorso a una concezione potente di identità condivise in fatto di gusto e desiderio. Affermazioni tra le righe come "We love this" attirano il lettore in un immaginario gruppo di esperti di moda e consumatori culturali. I singoli autori possono parlare da posizioni attentamente collocate, ma a livello editoriale, quando il magazine parla di per sé, al contempo dà per scontato e incoraggia il fatto che il lettorato sarà tutto in accordo. L'OFFICIEL attualmente è pubblicato in 30 edizioni internazionali e può essere acquistato in almeno 80 nazioni. L'utilizzo delle lingue locali, di riferimenti culturali e di persone significa che ogni edizione internazionale può invitare i lettori a confrontarsi con il proprio centro nazionale relativo alla moda. E in questo modo il senso del "We" non è Parigi-centrico. Lo stesso però non si può dire del senso della "moda" che è stato utilizzato e condiviso.
Pubblicato sin dai primi tempi in francese, inglese e spagnolo, L'OFFICIEL ha avuto come missione primaria quella di incoraggiare il mondo a comprare sempre da Parigi e a convincere i lettori che la moda francese non potesse assolutamente essere imitata. Il gusto francese veniva descritto come universalmente splendido, il nesso tra l'arte moderna e la creatività dello stile. Nei primi anni '20, l'abbonamento annuale di 40 franchi garantiva l'accesso internazionale a L'OFFICIEL, spedito da Parigi. Se la Chambre Syndicale de la Couture Parisienne centralizzava il fashion system francese a Parigi, 'internazionalità di L'OFFICIEL puntava a legittimare di continuo Parigi come il centro mondiale della moda. Lo stesso magazine nel 1922 dichiarava: «Ici réside le secret de notre force» (E qui il segreto della nostra forza). Con dei contenuti marchiati con il "copyright reserved for all countries", L'OFFICIEL definiva la sua presenza globale come la massima visione della couture, della moda e della confezione parigina, trascendendo tutti i confini geografici e le divisioni politiche. Il tutto mantenendo i francesi in controllo della moda stessa.
Intorno alla metà degli anni '30, il magazine pubblicizzava che, grazie alla posta aerea, i lettori a Londra avrebbero potuto vedere il nuovo numero de L'OFFICIEL nello stesso giorno dei francesi. Assicurarsi che i lettori fossero consapevoli di questo lasso di tempo e spazio era cruciale per una egemonia che considerava Parigi il centro del sistema moda occidentale. Le prime forme di globalismo de L'OFFICIEL sembrano essere nate attorno a un'idea centrale: il genio artistico e la fantastica artigianalità che la Francia dà al mondo, in cambio del riconoscimento mondiale della Francia come arbiter della modernità artistica. Questa supremazia di gusto si riversava in molteplici campi artistici e creativi e non può essere dissociata dal ruolo del tema coloniale all'interno delle dissertazioni estetiche.
La moda può unire persone differenti in posti differenti. Creando unione in un momento di comunità e novità esteticamente simili.
Nel 1920, quando L'OFFICIEL è nato, il potere coloniale francese era al suo apice. Gli articoli sugli andamenti delle vendite in Egitto mostrano l'importanza di competere con altre nazioni europee per mercati moda non europei e rivelano l'attiva partecipazione del fashion system occidentale tra gli imperativi economici dell'imperialismo.
Dove il sistema moda occidentale è quello dominante, la moda è solo associata a particolari modelli di modernità e identità europea. Nel 1925, un endorsment a tutta pagina dell'attrice giapponese Tsuru Hayakama (Tsuru Aoki) definisce Parigi: «Il centro mondiale di tutte le produzioni di moda» e nella pagina opposta c'è un editoriale che difende la centralizzazione della moda a Parigi sostenendo che le donne che comprano dai couturier di Roma, New York e Londra sono immediatamente identificabili come: «Abìmées par un brin de provincialisme», guastate da un tocco di provincialismo. L'autore sostiene inoltre che, fatta eccezione per culture che ancora hanno un proprio stile di abbigliamento, Parigi è in tutto il mondo riconosciuta come l'apice del gusto alla moda.Le eccezioni elencate nell'articolo segnalano chi è considerato parte dell'idea di global fashion e chi invece ne è escluso. La presenza di Tsuru nell'altra pagina potrebbe dimostrare l'esistenza di un lettorato giapponese, ma può essere più indicativa di un messaggio più ampio per cui tutte le nazioni la cui modernizzazione è riuscita o sta avvenendo utilizzano modelli di modernità che li connettono alla moda francese. Nelle decadi successive il contenuto del magazine si amplia considerevolmente e include, in modo innovativo, quel tipo di articoli di interesse culturale meravigliosamente illustrati, comuni ancora oggi nell'editoria di moda.
Viaggiare per turismo, d'altro canto, concettualizza il global fashion come il piacevole consumo di culture mondiali, in virtù della posizione di turista all'interno della modernità occidentale. Un articolo del 1951 sul Messico si basa sull'idea che nell'era moderna: "Le lontain proche", il distante è vicino, perciò il Messico è per tutti a portata di mano. Si tratta di un globalismo legato al consumo della moda, dove l'identità di chi compra moda tra i lettori di L'OFFICIEL si sposta verso quella del compratore/consumatore di sogni di moda. E stabilisce il tono del discorso sulla moda durante la seconda metà del XX secolo. In fondo, L'OFFICIEL esiste per vendere il gusto francese e i suoi prodotti culturali, perciò le altre culture non possono che apparire in quanto plus di fascino da esercitare sul consumatore.
Abbiamo dunque visto come L'OFFICIEL abbia avuto un ruolo nella globalizzazione della moda occidentale attraverso la promozione del fashion system il cui centro era Parigi e la comprensione che la moda francese era desiderabile ed essenziale per la fashion people di tutto il mondo. L'attuale internazionalizzazione delle riviste di moda richiama la fashion globalization. Il globale, tuttavia, non può mai essere visto e compreso in tutta la sua ricchezza e complessità. I fenomeni "globali" raramente si riferiscono davvero a tutti luoghi e a tutte le genti allo stesso modo. La moda può unire persone differenti in posti differenti, creando unione in un momento di comunità e novità esteticamente simili. Ma anche la moda più recente è vissuta e interpretata diversamente in posti diversi e la moda lavora sull'esclusione di certe persone proprio come crea un senso di appartenenza sociale. Immagini difficili e storie difficili vanno affrontate in questo processo. Va inoltre prestata attenzione al pericolo di rendere l'antirazzismo di moda di per sé, mentre si ripetono le offese del passato riproducendo delle immagini iconiche ma controverse per come suggeriscono un piacere sensuale o estetico in modo razzista. Trattare questi casi con costernazione non fa altro che rivelare gli effetti accumulati di certe forme di globalismo. Ma laddove costernazione e controversie vengono prese in considerazione, anziché ignorate, si pongono le basi per un nuovo e tuttora inimmaginabile futuro fashion globale.
Un estratto del testo di Sarah Cheang per "L'Officiel 100: One Hundred People and Ideas from a Century in Fashion" a cura di Stefano Tonchi, pubblicato da Marsilio.