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Elio Fiorucci, una retrospettiva alla Triennale di Milano celebra lo stilista visionario

Apre il 6 novembre "Elio Fiorucci", a cura di Judith Clark. Lo stilista e cool hunter viene celebrato in una mostra in Triennale a Milano, dove nessuno ha dimenticato il suo mitico store. 

Elio Fiorucci alla sua scrivania nel 1995 (Marco Maria Lussuoso/Courtesy Love Therapy Archive)
Elio Fiorucci alla sua scrivania nel 1995 (Marco Maria Lussuoso/Courtesy Love Therapy Archive)

Sperimentale, visionario, pop. Elio Fiorucci è stato stilista, designer e "cool hunter" ed ha rivoluzionato il costume e la moda italiani anticipando il desiderio di libertà esploso poi nel 1968. Il suo negozio di Milano è stato un luogo di culto, di incontro e connessione con le avanguardie straniere, quello di New York, del '76, il place to be per intellettuali ed artisti come Basquiat, Keith Haring che farà il restyling dello store di via Passerella con i suoi graffiti e Andy Warhol, che scelse Fiorucci, sulla 59th tra Lexington e Park Avenue, per presentare il suo magazine "Interview". Oggi in Triennale Milano, la mostra che porta il suo nome, a cura di Judith Clark (dal 6 novmebre 2024 al 16 marzo 2025), vuole restituirne le differenti dimensioni creative e si propone come «la più grande e ricca di opere e documenti mai dedicatagli». L'OFFICIEL Italia ne anticipa una visione più intima, parlando con la sorella Floria Fiorucci.

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Keith Haring mentre dipinge gli interni delo store di Fiorucci in via Passarella a Milano, 1984 (Courtesy Love Therapy Archive)

L'OFFICIEL HOMMES ITALIA: Com'era Elio, e che anni erano a Milano quando eravate ragazzi?
FLORIA FIORUCCI: Eravamo cinque fratelli, con mamma e papà che avevano un negozio di pantofole in corso Buenos Aires - vendeva le Friulane negli anni Trenta -, e una nonna speciale, che ci ha cresciuti. Con la guerra e i bombardamenti a Milano, ci eravamo spostati a Piona, in fondo al Lago di Como. E per noi ragazzini era come essere in vacanza. Elio va lì a scuola ma, come diceva il maestro, "guarda sempre fuori dalla finestra": era affascinato delle pecore al pascolo, dalle oche che portava al lago, facendo il bagno con loro...

LOHI: Cosa succede dopo?
FF: Tornati a Milano nostro padre gli dà un aut aut: "o si studia o si lavora", e Elio va in negozio, ha 15 anni, ma al tempo si era grandi, dopo la guerra c'era la voglia di ricostruire. Lui si innamora del negozio. Diceva che era "il luogo dell'incontro e dell'anima".

LOHI: Poi il colpo di fulmine con Londra?
FF: Lo manda nostra madre preoccupata perché c'era lì la sorella più piccola, per vedere se tutto andava bene. Non so nemmeno se l'ha vista nostra sorella... a Londra trova la musica, i giovani, la moda, i Beatles. È un viaggio che lo apre al mondo, uno shock benefico. Torna a casa con una visione diversa e con la novità del momento, le minigonne.

LOHI: È allora che apre il mitico negozio di San Babila?
FF: Prima, ne apre uno di calzature in via Torino, ed è un successo, ricordo le infradito con le margherite, e in abbinamento gli orecchini... Nel 1967 si sposta in San Babila, affidando il progetto ad Amalia del Ponte, che era un'artista e scultrice, artefice della boutique Gulp di via della Spiga, perché voleva un contenitore inusuale per mostrare il nuovo portato da Londra. Ma quello che importa non basta, e allora organizza una produzione con un ufficio stile, con sarti, modellisti. E iniziano le collaborazioni. Ricordo le zeppe, quelle che si vedono oggi noi le avevamo fatte negli anni Sessanta.

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Due modelle in Corso Vittorio Emanuele a Milano nel 1974 indossano abiti e jeans Fiorucci (Giorgio Lotti\Mondadori Portfolio by Getty Images)

LOHI: E i jeans...
FF: Le ragazze mettevano i jeans e Elio iniziò a farli attillati, femminili, con una fibra elastica realizzata con la Montedison, la lycra. Abbiamo portato i jeans in America! Lo store di New York apre nell '76.

LOHI: Uno spirito geniale, visionario, che cambia le regole e porta una visione nuova anche dell'Italia all'estero?
FF: Non lo fa da solo, c'era con lui Tito Pastori, insieme avevano visione e competenze. E in tutto c'era sempre un concetto di libertà, di gioco, divertimento. Una sottile linea provocatoria, ma con garbo e mai volgare. Era ironico, lo si vede anche nei servizi fotografici dell'epoca. Oliviero Toscani ha detto che "tutti gli stilisti sono debitori a Elio Fiorucci"

LOHI: Una continua caccia alle tendenze.
FF: Nel negozio c'era l'abbigliamento - le versioni dei jeans, le magliette con Topolino che volevano tutti, le tute sfumate, una collaborazione con Paolo Buggiani, street artist - e tante realtà trovate all'estero. Molti materiali di tendenza, sempre nuovi, e una quantità di gadget spiritosi, di spille, accessori. Mi ricordo le boule de neige, le tazze che cambiavano colore, gli accessori di cucina, e di arredo... Un mondo che era sempre gioioso e coloratissimo.

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Elio Fiorucci con Warhol nel '78 a Los Angeles (Courtesy Love Therapy Archive)

LOHI: Come viveva la popolarità raggiunta a NY? Le amicizie con Andy Warhol e Basquiat o una giovanissima Madonna?
FF: Tito lo ha introdotto nel mondo dell'arte, ma per lui non c'era differenza, veniva da un'educazione di grande rispetto per tutti.

LOHI: E dove lavorava, come era il suo ufficio?
FF: Era un apparente disordine, ci capiva solo lui, c'era un caos creativo dal quale attingeva e non levava niente. Come con le persone, se gli piacevano collaborava, era curioso, mai sazio di vedere il nuovo. E anche dopo la cessione del marchio, nel 1990, Elio ha continuato a sperimentare, per poi creare il progetto Love Therapy, nel 2003, con l'idea di portare una visione di amore e gentilezza.

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Elio Fiorucci (Marco Maria Lussuoso/Courtesy Love Therapy Archive)
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Elio Fiorucci (Getty Images)
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Due immagini da L'OFFICIEL Paris n. 591 del 1972 (Archivio L'OFFICIEL)
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Un immagine da L'OFFICIEL Paris n. 679 del 1982 (Archivio L'OFFICIEL)
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Uno sketch di Elio Fiorucci (Courtesy Love Therapy Archive)

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