#TalkingWith Genea Lardini
Genea Lardini è una figlia d'arte in tutti i sensi. Erede e Direttrice Creativa womenswear della casa di moda italiana Lardini, è prima di tutto un'appassionata d'arte. Formatasi all'Accademia delle Belle Arti di Brera, non ama le etichette e preferisce non definirsi "artista" ma dalle sue parole è facile intuire che attraverso l'arte filtra vita e lavoro. La sfida professionale di Genea è quella di portare la sua grande creatività e femminilità all'interno di Lardini, con grande dedizione verso il business familiare.
Ti sei formata all’accademia delle belle arti di Firenze e Brera e poi hai deciso di proseguire il tuo percorso nella moda. Come concili il mondo dell’arte e quello della moda?
Nel mondo della moda spesso mi definiscono "l'artista", ma io non amo le etichette, e poi è talmente un privilegio fare arte che non voglio usurpare la definizione di artista. Una cosa in cui credo, però, è che l'arte non può essere solo insegnata, a differenza di altre discipline: è un'attitudine personale, una passione che viene da dentro. La sensibilità verso l'arte è di sicuro applicabile anche alla moda. Molto spesso mi permette di non ragionare per schemi preimpostati durante il processo creativo. Quando lavoro parto sempre da un moodboard di collage che creo in maniera istintiva, da qui delineo pian piano la collezione: dalla scelta dei tessuti alle silhouettes, fino ad arrivare agli accessori. Dal mio punto di vista tutto sarebbe sterile se non ci fosse l'arte e per questo motivo è naturale che ci sia un unico fil rouge tra moda e arte. La mia esperienza di studi mi ha aiutato moltissimo da questo punto di vista, soprattutto dopo aver frequentato la Central Saint Martins di Londra, dove moda e arte si fondono in una cosa sola.
Quando hai deciso che avresti voluto seguire le orme della casa di moda di famiglia come direttrice creativa di Lardini? Quanto ha influito il tuo background personale?
Abbiamo deciso di fare una collezione femminile ormai cinque anni fa. Quello tra me e la moda è un amore che nasce piano piano. Tutto parte da Lardini, un brand con una grande tradizione e con un appeal preciso, da questo non si può prescindere. Quello che faccio nel mio lavoro è cercare di trovare un compromesso tra il DNA del brand e il mio senso estetico. La donna Lardini è molto diversa dall'uomo Lardini perchè, nonostante anche la linea femminile abbia una vasta proposta di capispalla, riesce ad essere tante cose contemporaneamente e di sicuro riflette moltissimo anche l'universo di Genea: è sfiziosa, estroversa, creativa... La mia visione nei confronti della moda è sempre stata proiettata al womenswear. Quando lavoro gioco con me stessa e mi piace dare libero sfogo alla creatività ma sono ben consapevole delle mie responsabilità e della grande opportunità che mi è stata data, e che porto avanti con grande serietà e dedizione. Le donne sono uniche per definizione e per me è un grande privilegio vestirle.
In uno degli ultimi servizi fotografici appari ritratta accanto alle sculture che hai realizzato in memoria dei vostri cani. Qual è il tuo rapporto con gli animali?
Ho una grande amore nei confronti degli animali, un'empatia. Tant'è che nel mio tempo libero aiuto i cani in difficoltà, salvandoli spesso dalla strada. A casa ho tre cani che ho adottato, strappandoli da situazioni difficili, e che amo molto. Poter rendermi utile da questo punto di vista mi dà una gioia immensa. Quelli ritratti nelle sculture sono i nostri primi due cani, le ho realizzate durante l'ultima estate che ho passato con loro, ho lavorato l’argilla per poi realizzarle in bronzo, unico materiale eterno.
Com’è stato e com'è ancora oggi lavorare durante il confinamento sociale?
Io sono una persona che ama lavorare da sola e il mio è un lavoro di solitudine, soprattutto durante l'elaborazione del processo creativo. Mi aiuta molto rimanere con me stessa e le mie idee nel mio laboratorio. Per fortuna, sono riuscita a lavorare anche durante il lockdown e a mettere insieme la collezione col resto del team in un secondo momento.
L’ispirazione dell’ultima collezione Fall di Lardini parte dal romanzo Il Dottor Zivágo, perché questa scelta? Hai qualche anticipazione per le prossime collezioni?
Ho creato delle situazioni romantiche, che prendono spunto dalla letteratura e dal cinema. I riferimenti erano tutti retrò, con un'aura speciale. Li ho scelti per rifarmi alla moda degli anni '40 e alla patina nostalgica dello stile dell'epoca, che personalmente adoro. Ho voluto raccontare una storia intrisa di cinema e letteratura. Ora ho chiuso questo capitolo ma di sicuro racconterò altre storie prossimamente e alle quali sto già lavorando... per il momento non svelo altro.