Il rave narcisista di Versace
Un gigantesco bolide da corsa schiantato su un lussureggiante muro di fiori: l’opera dell’artista americano Andy Dixon, che aveva già messo a disposizione di Donatella il suo genio creativo in occasione dello scorso Salone del Mobile, accoglie gli ospiti della sfilata uomo di Versace nei giardini del mitico civico 12 di Via Gesù, inviolato santuario della maison dai tempi di Gianni.
Spregiudicata e più in forma che mai, Donatella sceglie di giocare con la virilità dell’uomo Versace, mettendone in discussione estetica e muscoli. Il machismo da motori un po’ guascone lascia così sbocciare il suo lato più femminile, fatto di sensibilità, vanità e capricci: le stampe iconiche del marchio schiacciano l’accelleratore verso le nuances fuxia degli oleandri, la pelle si mescola a tutta velocità con l’animalier, i tessuti diventano spalmati, iridescenti e glossy, le silhouettes asciutte e definite. E’ Il Vanitas Vanitatum et Omnia Vanitas degli antichi che riecheggia tra i fiori e i pouff stampati degli ospiti, tra riscoperto narcisismo e anomala virilità. Ma non è tutto: Donatella ha infatti voluto dedicare la collezione all’amico Keith Flint, il frontman dei Prodigy scomparso lo scorso marzo, infondendo alla collezione una impressionante carica rave: sulle note di Smack my Bitch up, modelli dai capelli neon incarnano alla perfezione l’essenza liberatoria di quegli anni, tra pelle borchiata e tessuti tye-dye, in un plasma sonoro e stilistico che finisce inevitabilmente per lasciare il segno.