Valentino Spring 2021: la bellezza ci salverà
Cosa rende grande uno stilista? A certi livelli, la capacità di costruire un mood, riconoscere una fantasia vincente o selezionare il tessuto migliore tutti ce l’hanno. C’è chi riesce a conquistare il pubblico con una visione personale. Ma sono in pochi quelli che sanno ascoltare il mondo, farne propri i sentimenti e i bisogni, per poi tradurli in un abito, in una camicia, in una borsa da mettersi addosso. Fresco del riconoscimento come miglior designer donna per il 2020, il premio conferitogli dal CFDA - Council of Fashion Designers of America, Pierpaolo Piccioli centra un altro bersaglio grosso con la sfilata di Valentino per la Primavera-Estate 2021. Era l’appuntamento clou della Milano Fashion Week, un evento one shot dettato dalle preoccupazioni per la pandemia in atto, dato che la maison per consuetudine sfila a Parigi. E ha superato le aspettative, a cominciare dalla location. Valentino, tra le griffe simbolo dell’eleganza più preziosa e sofisticata, sceglie l’ambientazione scarna di una fonderia periferica, poi la fa decorare di foglie e di fiori dal plant artist Satoshi Kawamoto, ma il giusto, come se da qualche spaccatura nel cemento, fossero spuntati fuori dei ciuffi di verde. Chiama Labrinth, performer da brividi, accompagnato da due vocalist e da un solo piano, perché le loro voci tutte insieme sono così pure e belle e forti che non hanno bisogno di chissà quale contorno. Dopo di che tocca ai vestiti, un susseguirsi di mini abiti asciutti e in tinta unita, di camicie ampie da portare su degli shorts sofisticati, di completi in pizzo sì, ma dai volumi semplici, quotidiani. Per arrivare a long dress fluttuanti per via degli strascichi, più o meno trasparenti, a volte percorsi da ruches, mai però sovraccarichi di ricami e decori. Piccioli manda in scena qualcosa di più di una sfilata, racconta piuttosto della continua ricerca del bello, non avulsa però dal contesto storico. Di un lusso composto, definito con l’equilibrio di chi non si astrae da un presente che richiede serietà. In ogni uscita, il designer sembra accompagnare il pubblico attraverso sogni possibili, di quelli che una volta aperti gli occhi riesci a trasportare in questa complessa realtà. Poteva rifugiarsi nel bello tout-court, nessuno lo avrebbe biasimato se ci avesse offerto una meravigliosa fuga da circostanze critiche. Invece ha scelto la via di una bellezza sobria, che sa, anzi vuole crescere anche nel grigiore che la circonda. «Would you let me see beneath your beautiful?», mi lasceresti vedere al di là del tuo splendore, canta Labrinth sul finale. Una domanda che sembra una dichiarazione di intenti: la bellezza ci salverà, se sapremo attraversarla per guardarci dentro.