La doppia anima della London Fashion Week
L’edizione della London Fashion Week per le collezioni donna Autunno-Inverno 2020/21 che si è conclusa il 18 febbraio era la prima dopo l’uscita ufficiale del Regno Unito dall’Unione Europea avvenuta il 31 gennaio. È troppo presto per capire quale sarà il reale l’impatto sul sistema moda inglese, anche perché il nuovo assetto doganale si delineerà a fine anno, al termine del periodo di transizione. Meglio quindi limitarsi a più consuete riflessioni di stile.
Londra è per antonomasia la capitale della moda dove gli stilisti sono incoraggiati a sperimentare, senza dover per forza rendere conto ogni due per tre a strategie di marketing e di vendita. Eppure sulle passerelle della London Fashion week si è visto uno show come quello di Victoria Beckham, unanimemente decretato come uno dei migliori, che è un concentrato di look tanto chiccosi quanto facilmente indossabili nel qui e adesso. Così come accade con l’eleganza ladylike percorsa da sottili accenti ribelli di Riccardo Tisci per Burberry. O con gli ensemble vagamente anni ‘80 di Roland Mouret.
Certo a fare da contraltare c’è la latex couture iper floreale di Richard Quinn, che voci di corridoio darebbero in arrivo a Parigi a disegnare per qualche grande griffe. I tulle underground di Molly Goddard, o le silhouette stratificate di Simone Rocha. Ma forse più che di stoffe, volumi e colori, vale la pena di ragionare su un fil rouge che accomuna quei designer (Erdem, Emilia Wickstead e Preen by Thornton Bregazzi inclusi, sebbene in forma più diluita). È come se nella capitale inglese ci fosse una spinta più o meno inconscia a guardare il passato, a proporre abiti che trasformano chi li indossa in creature quasi magiche, che sembrano atterrate nel 2020 grazie a una qualche macchina del tempo. Da sempre gli stilisti rielaborano forme, volumi, fantasie proprie di un’altra epoca. In questo caso però colpiscono i tanti richiami ottocenteschi, mescolati a riferimenti che spaziano tra gli inizi e gli anni Cinquanta del Novecento, chissà se per fuggire dalle incertezze dell’oggi. La London Fashion Week svela dunque una doppia anima, da una parte fruibile e contemporanea, dall’altra evanescente, meditativa. Con l’eccezione di J.W. Anderson, che con il suo show da urlo riesce a mettere insieme le due istanze producendo qualcosa di indefinibile, perché unico. E proprio per questo applauditissimo.