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Dana-Fiona Armour, "un'artista-ricercatrice"

Il lavoro dell’artista Dana-Fiona Armour mira a creare una comunicazione tra specie diverse. Come racconta al critico e curatore Nicolas Bourriaud. 

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Per la scienza contemporanea non esistono oggetti isolati: ma se tutto ciò che esiste emerge da una relazione, se nulla è una semplice “cosa”, come la mettiamo con le opere d’arte? Dana-Fiona Armour inocula i suoi geni nelle piante, mescola pelle di maiale con lastre di marmo e usa VR, la realtà virtuale, per andare alla radice del tutto. Questa giovane artista tedesca appartiene a una generazione per cui la realtà si riconfigura in modo permanente. Gli artisti oggi stanno diventando traduttori - non come gli sciamani amazzonici che incrociano diversi mondi e formalizzano relazioni con interlocutori animali. La natura, come arte, è diventata uno spazio di negoziazione e un enorme dialogo tra le specie.

NICOLAS BOURRIAUD: La prima volta in cui ho visto il tuo lavoro è stato quando hai fatto domanda per il Master in Belle Arti a Parigi, in arrivo dalla Germania. Era ovvio che non avevi il profilo standard. Mi domandavo quali circostanze ti avessero portata alla scena artistica francese e, più in generale, cosa ti aveva ispirato a diventare un’artista.

DANA-FIONA ARMOUR: Ho sentito il bisogno di fare arte prestissimo, fin da bambina. A sei anni ho realizzato le mie prime sculture in pietra scolpite e ceramiche; più tardi ho avuto l’opportunità di frequentare una scuola con questo tipo di specializzazione. Questo contesto mi ha permesso di sviluppare un approccio più raffinato alla scultura e alla storia dell’arte. Il mio primo shock visivo è stato l’incontro con un’opera espo- sta alla National gallerie di Berlino, “Il peccato” di Franz von Stuck, che è un nudo di Eva con un grande serpente arrotolato intorno al suo corpo. Ero ossessionata dalla bellezza di quel dipinto simbolista e non potevo fare a meno di pormi delle domande sulla relazione tra le specie: la fusione di entrambe le pelli, quella rettile e quella umana, mi attraevano e repellevano allo stesso tempo. Penso che questa precoce esperienza estetica possa essere stata un seme per il mio successivo corpus di opere. L’essere cresciuta nella campagna tedesca ha generato in me un forte legame con gli animali e la natura, ho dovuto scegliere tra arte e veterinaria, ma alla fine ho fatto domanda alle Belle Arti di Parigi, dopo aver passato un po’ di tempo in Francia.

Progetto MC1R
Progetto MC1R, Veduta dell'installazione, Collezione Lambert, Avignone, Francia, 2022. Fotografia di David Giancatarina.

«la nostra società celebra una certa pulizia… una visione standardizzata sia dei corpi sia dei prodotti».

NB: Hai un approccio scientifico al mondo: misurazioni e quantità, esattezza, collaborazioni con scienziati e laboratori. Ti consideri una specie di parascienziata?

DFA: “Parascienza” è un termine interessante per descrivere le prime ricerche che ho fatto a Parigi. Ho sperimentato con materiali organici e sintetici. Il mio studio era diventato una specie di laboratorio, mentre le diverse entità creavano una simbiosi, trasformandosi in misteriosi oggetti ibridi, ben lontano dal classico approccio scientifico. Oggi vorrei considerarmi più come un’artista/ricercatrice. Ho avuto l’opportunità unica di collaborare con Cellectis, un’azienda di biotecnologia, per la mia attuale mostra “MC1R Project”, che utilizza gli ultimi ritrovati della tecnologia di editing genomico. Nemmeno nei miei sogni più impossibili mi sarei mai immaginata di poter usare quegli strumenti e integrarli nel mio lavoro. Il ruolo dell’artista sta cambiando: viviamo in un mondo dove la collaborazione diventa sempre più frequente. È il futuro. O almeno mi piace credere che sia già una pratica comune nel settore scientifico e che si stia diffondendo nel mondo dell’arte. Per i miei ultimi lavori ho collaborato coni biotecnologi, dottori, ingegneri del suono e motion designer. Questo approccio mi consente di immaginare una composizione globale senza limitazioni tecniche ed estendendo i confini delle scienze e delle arti. I risultati sono stati intriganti, non solo da un punto di vista artistico, ma anche sotto il profilo scientifico.

NB: Agli inizi, il tuo lavoro sembrava in qualche modo insistere su forme ripugnanti, al limite del disgustoso o scioccante: ricordo il vomito che avevi fotografato per le strade di Parigi… Stavi combattendo con l’idea comune, “ufficiale” del corpo umano e stavi cercando le forme che avrebbero potuto ampliare la nostra definizione?

DFA: La nostra società celebra una certa pulizia… una visione standardizzata sia dei corpi sia dei prodotti, che sono commercializzati come merci. Quei corpi (umani e non umani) sono frammentati, digitalizzati, polverizzati - un presunto corpo senza organi. Nel dividere il corpo in frammenti, intendo esaminarne la composizione attraverso i miei lavori. Nella nostra natura ipercivilizzata, non vediamo più quegli elementi abietti e il mio era il tentativo di reinstallare una connessione con loro, utilizzando un approccio di sublimazione che potesse riconnettere il pubblico con la sua vera interiorità. L’oppressione e la negligenza di questo sé (come accade un gran parte delle società occidentali) può portare alla frustrazione e a un disordine dismorfico. Come spiegava George Bataille in “Abiezione e forme miserabili”: “In ultima analisi, gli oppressori devono essere ridotti alla sovranità nella sua forma individuale: al contrario, gli oppressi sono composti dall’amorfa e immensa massa della popolazione miserabile”.

Progetto MC1R
Progetto MC1R, Veduta dell'installazione, Collezione Lambert, Avignone, Francia, 2022. Fotografia di David Giancatarina.

NB: La tua idea di studiare la composizione del corpo umano, sublimando i rifiuti fluidi, rende rilevante il tuo riferimento a Georges Bataille. In realtà, Bataille vedeva l’erotismo come un modo, per gli esseri umani, che sono discontinui, o in altre parole dei mondi individuali, per riconnettersi a una continuità. E, tra l’altro, il dipinto di Franz von Stuck a cui ti riferisci, “The sin” è anch’esso un’immagine erotica. Il tuo interesse per i frammenti, le inoculazioni e gli agglomerati è forse fiancheggiato da una ricerca di continuità? Penso all’esperimento che hai condotto sulla pianta di tabacco, ma anche, più in generale, al tuo uso di materiali che arrivano da specie diverse, dagli organi animali, alle polveri di ossa, al marmo.

DFA: Costruire una nuova entità da frammenti facendo sì che quella creazione diventi una cosiddetta “continuità” è stato il mio possibile scopo negli ultimi anni. L’inoculazione di un singolo gene umano all’interno di una pianta di tabacco è anche in qualche modo un processo di procreazione (in vitro): la creazione di una nuova forma di vita, una specie ibrida che non esiste nella storia botanica. In questo caso, l’umanità è infiltrata come un virus. Un’operazione abbastanza narcisistica… Questa urgenza di creare nuove forme di vita attraverso la manipolazione genetica e l’addomesticazione della natura risale al 1700. Il termine “genetica” è derivato dal greco “generare”. L’allevamento selettivo per migliorare il bestiame e i concimi per le piante sono pratiche profondamente radicate nel comportamento umano. Ma “continuità” evoca una fluidità di materia e un’infinita circolazione di tutti gli elementi, il creare unità attraverso tutti gli esseri terrestri. Usando materiali presi da sfere differenti, come il marmo, la polvere di ossa animali o di melanina e il vetro sto cercando di mettere sullo stesso livello l’insieme di materie e specie. Voglio creare un dialogo tra le specie, una nuova relazione (come nel caso di MC1R Project) che estinguerà le frontiere tra l’umano e il non-umano.

Armatura Dana-Fiona nel laboratorio del BIAM
Dana-Fiona Armor nel laboratorio del BIAM (Bioscience and Biotechnology Institute of Aix-Marseille), Francia, 2022.

«dobbiamo ridefinire la nostra comprensione del mondo. sarò forse un’idealista, ma continuo a sperare che possiamo cambiare la consapevolezza collettiva finché c’è ancora tempo»

NB: Perché per te è così importante cancellare o attenuare quei confini?

DFA: Catastrofi come gli incendi, le siccità, le pandemie e le estinzioni di specie sono diventati sempre più ricorrenti. Ci vediamo come i “signori e padroni della natura”; hai usato tu questo riferimento a René Descartes nel prologo della tua mostra “Planet B: Climate Change & the New Sublime”. Il Capitalocene e l’Antropocene, entrambe armi di distruzione, stanno devastando il mondo così come lo conosciamo. Per mutare questa prognosi devastante, dobbiamo trovare un modo per coesistere, per installare la nozione di giustizia intra-specie, per abbandonare l’eccezionalismo umano in favore di un reale “multispecismo”. Nel tentativo di cancellare o at- tenuare quei confini tra umano e non-umano, sto cercando di aumentare la consapevolezza della nostra condizione. Per esempio, condividiamo il 98% del nostro DNA con quello dei maiali e le piante emettono suoni informativi trasmessi nell’aria quando sono sotto stress. Ho usato quegli ultrasuoni per comporre il tappeto sonoro di MCR1 Project. Dobbiamo affrontare questi fatti, continuare la nostra ricerca nei campi artistico e scientifico, riconsiderare le teorie radicate e ridefinire la nostra comprensione del mondo. Sarò forse un’idealista, ma continuo a sperare che possiamo cambiare la consapevolezza collettiva finché siamo in tempo

NB: Mentre mostri al mondo una negoziazione tra le specie, ti vedi come una sorta di traduttrice? In un certo qual modo, gli sciamani questo sono. Comunicano con altre sfere animali o vegetali.

DFA: Stiamo vivendo una totale alienazione dalla natura e questo sta diventando pericoloso. Penso sia necessario agire come una sorta di traduttrice o sciamana tra animali, piante e umani. La mia ricerca artistica si propone di operare come una sorta di intersezione, per dare voce a chi non ne ha e per rendere visibile ciò che è invisibile. Gli animali sono in grado di comunicare in un dialogo intra-specie. Le piante possono comunicare con gli animali. Ci sono diversi esempi di comunicazione tra specie diverse nel regno animale. Un cactus, l’Esposto a Frutescens, è capace di emettere ultrasuoni che aiutano i pipistrelli con l’impollinazione. I cavalli distinguono se l’abbaiare di un cane è aggressivo o innocuo. Possono anche condividere espressioni facciali e comportamenti simili quando giocano insieme, rispecchiandosi l’uno con l’altro. Trovano un modo per giocare su un terreno comune che sia divertente per entrambi. Immagino che possiamo imparare da questi esempi per instaurare e migliorare la comunicazione tra specie diverse.

NB: E dove ti posizioni come essere umano? Dov’è collocata in questo processo la tua storia personale? Mi domando se questa domanda sia ancora rilevante o se l’ego dell’artista abbia perso il suo significato.

DFA: Il significato di ego sembra davvero destituito oggi, sebbene non sia mai stato così presente e immediato. Non sarebbe meglio mettere da parte i nostri ego per coltivare una certa umiltà, specie nel confrontarci con la grandezza della natura? L’ego non sta forse distruggendo il messaggio originale delle arti? Ma poi, chi sono io per giudicare?

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