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Chantal Joffe

L’artista americana, 48 anni, ci ha aperto le porte del suo studio a Islington, Londra, in cui lavora: lì, nella confusione che fa da necessaria cornice alla creatività, dipinge i suoi ritratti dagli sguardi sfuggenti e i corpi distorti. Tra i soggetti favoriti del momento: sua figlia. «Credevo non sarei mai cambiata, ma con lei è cambiato tutto»

Chantal Joffe è una pittrice di fama internazionale conosciuta per i suoi ritratti fluidi di soggetti femminili: bambine, ragazze e donne dallo sguardo sfuggente e i corpi distorti. Le emozioni e le debolezze ma anche la vitalità e l’energia dell’esistenza sono catturate in istantanee capaci di evocare con immediatezza tutta la realtà dei diversi momenti della vita. Nata a St. Alban, U.S.A., nel 1969, vive e lavora da anni a Londra, città che ama intensamente e che quotidianamente è capace di stimolare la sua immaginazione: «Amo stare qui, ogni giorno cammino lungo il canale per raggiungere il mio studio e vedo sempre una città diversa. Tra fine ottobre e inizio novembre, le foglie cambiano colore e le viti sono rosse; adoro osservare le persone, mi chiedo in quale altro posto nel mondo ci sia così tanta varietà».

«Lavoro in uno spazio dai soffitti molto alti: è un vecchio palazzo costruito attorno a una corte che mi ricorda quella dei dipinti di Van Gogh con i prigionieri che camminano in cerchio»

Tutta questa diversità è catturata nei personaggi da lei dipinti che, senza esprimere giudizi ma con coinvolgimento e sensibilità, colgono l’intensità piscologica dei soggetti. «Alcune volte sono modelle, altre fotografie che io stessa ho scattato o raccolte dalle riviste di moda». Lo studio di Chantal si trova a Islington, nella parte nord della città, un quartiere nato con origini umili e diventato sobborgo di alta classe. Oggi meta di celebrità e professionisti, l’architettura mantiene la struttura originale 

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locande ed ex case popolari riportate a nuova vita come l’edificio dove lei lavora da più di dodici anni. «Il mio studio gode di una vista meravigliosa sul canale, quest’edificio mi ha colpito inizialmente per i suoi soffitti molto alti, è un vecchio palazzo costruito attorno a una corte interna che mi ricorda quella dei dipinti di Van Gogh che ritraggono i prigionieri camminare in circolo nella corte della prigione». Ogni mattina alle nove Chantal Joffe raggiunge il suo studio da Hackney e ogni giorno

è diverso, non c’è regola che ordini il suo processo di lavoro. «Non è possibile programmare la pittura, tutto accade mentre sto dipingendo». Autonoma nel lavoro e senza assistenti, il suo spazio è disordinato: pile di libri, disegni e dipinti appoggiati alle pareti, circondate anche dalle diverse immagini che fanno da modelli alle sue creazioni, poi ogni tanto periodicamente, tutto viene ripulito e riportato all’ordine. L’artista spesso dipinge giovani adolescenti perché quello è il periodo della vita in cui l’interiorità della persona è un concentrato di sogni e misteri, l’ispirazione visiva però fluttua non solo nel campo immaginario ma trae spunto anche da conoscenze reali. Così facendo le sue figure, non per forza riconducibili a un’unica identità, ma stratificazioni d’innumerevoli psicologie e volti, hanno l’intensità di veri e propri personaggi, di eroine e protagoniste di storie incredibili, che celano nel mistero anche un po’ di vulnerabilità. «I colori che utilizzo per i miei soggetti sono quasi sempre fedeli a ciò che vedo nella realtà, mi piace che la pasta cromatica sia pulita perché non amo le tinte torbide.

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«Ogni volta che impugno il pennello mi addentro in un nuovo viaggio, quello che penso della pittura non lo so prima, lo scopro mentre dipingo»
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Ogni volta che impugno il pennello mi addentro in un nuovo viaggio, è come se avessi dimenticato di dipingere e lo stessi facendo per la prima volta, mi sento sempre inadeguata». Alla domanda più banale del perché rappresentare quasi esclusivamente soggetti femminili, l’artista risponde con tutta naturalezza: «Dipingo ciò che mi piace guardare, dipingo volti di donne perché sono una donna, probabilmente se fossi un uomo avrei dipinto molti più uomini. Sono sempre stata una femminista, non penso che tu possa essere donna senza essere anche femminista». Nella sua ultima mostra alla Galleria Monica De Cardenas di Milano, Chantal Joffe ha presentato anche i nuovi pastelli della serie “Family Pictures” nei quali l’artista ritrae soprattutto la figlia Esme, il marito Dan e se stessa. «Penso che la maternità mi abbia cambiato, cambia tutto, non soltanto la persona. Adesso sono diversa. Pensate, ero certa che non sarei mai cambiata. Mi piace dipingere mia figlia, a lei non interessa, ma per me è importante, la famiglia è tutto, più grande divento e più centrale diventa. Quando ero giovane invece pensavo di potermi reinventare continuamente».Così, la connessione emotiva e l’esperienza artistica del diventare madre si fondono in una dimensione che non scinde il lavoro dalla vita, includendo ogni tipo di complessità psicologica e spazio-temporale.

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Foto di Andree Martis


Cover: Autoritratto
Foto1. Una scritta a carboncino sotto una finestra dello studio.
Foto2. Un ritratto dell’artista, nata a St. Alban, nel Vermont.
Foto3. L’artista di fronte a un autoritratto.
Foto4. Una serie di donne, il soggetto preferito dell’artista: neonate, adolescenti, mature. 
Foto5. I suoi ritratti ravvicinati e dalle proporzioni distorte sono stati definiti come “Picasso reinventato in stile manga”. Una delle maggiori ispirazioni dell’artista è la fotografa americana Diane Arbus.

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