Interviste

#WONDERWOMEN: JJ Martin

In conversazione con JJ Martin #WONDERWOMAN de L'Officiel Italia
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Nata a Los Angeles, JJ Martin arriva a Milano da New York nell’agosto del 2001. «Per amore, naturalmente. Di un primo marito e socio nel business... In realtà era un progetto di amore con poco business plan: vendere online, attraverso una piattaforma di lifestyle, abiti e bijoux vintage». Ma andiamo con ordine: a New York JJ  era marketing director da Calvin Klein, quando arriva in Italia si mette a fare la giornalista, per “Harper’s Bazaarˮ, il “Wall Street Journal” e “Wallpaper”. «Mi chiedevano sempre di intervistare Giorgio Armani e Stefano Gabbana, ma a me interessavano soprattutto le donne, quelle che nel mio sito, aperto nel 2015, ho chiamato le sciure anche se sciure nel senso convenzionale del termine non erano affatto: Nina Yashar (fondatrice della Galleria Nilufar, nda), Pupi Solari, Rossana Orlandi. Ma nonostante l’attenzione e l’apprezzamento riservati al sito era difficile realizzare profitto col vintage. Allora ho chiesto ai Mantero se potevo lavorare sul loro archivio: ho iniziato con il rilancio di otto stampe vintage e un unico abito». E proprio le stampe, prese da vecchi tessuti e carte da parati, e ora disegnate anche ex novo da un team dedicato,  e i colori vibranti, sono il marchio di fabbrica di La DoubleJ, la caratteristica che rende immediatamente riconoscibili i suoi abiti o il suo homeware.

Cosa è successo con il primo abito?
Era il 2016 e Matches lo comprò subito. Per tutto il primo anno avevo solo quattro modelli da vendere, una gonna, una camicia e due abiti. Il primo abito era lo Swing dress, linea ad A, maniche corte, lunghezza alla caviglia, in seta. Strasemplice e ancora oggi un bestseller. La gonna era a balze, iperfemminile e facile.

Fai molte collaborazioni...
Mi piacciono le collaborazioni, non mi interessa fare la regina del palcoscenico. Mi interessano quelle con un significato, non quelle superficiali: a tutti quelli che vengono a chiedermi di rifargli il packaging propongo sempre di allargare ad altro. È successo con Kartell: sono venuti da me per la solita sedia di Starck già fatta da tutti e io ho proposto di andare a cercare un pezzo su cui collaborare negli archivi di Piero Lissoni. È successo con Acqua di Parma, loro volevano che gli rifacessi il packaging di Blu Mediterraneo, e io ho proposto di creare una collezione coordinata di indispensabili da spiaggia: telo, cuscino, costume, pareo, tote bag. Ho una partnership con Fabrizio Viti per le scarpe, e tanti deal con aziende storiche che producono al 100% in Italia, come Ancap, una fabbrica di ceramiche di Verona, o Deruta, altra fabbrica di ceramiche nel perugino. Tutte aziende che fanno prodotti qualitativamente elevati, ma il punto è che non le conosce nessuno. Anche se in molti casi sono le stesse fabbriche che producono per Gucci.

Come definiresti la tua moda?
Non mi è mai interessato essere la migliore stilista, ma creare un mood, una good vibe al tempo stesso femminile e comoda: non vestirei mai come una bambola. Personalmente, mi piace accostare scarpe e borsa rigorose a un abito molto girly. Non mi piace la moda seria, concettuale, che richiede un manuale d’uso per essere indossata. Vedo il mondo come un luogo pieno di gioia e di colore che mi piace esplorare. 

Il classico sogno nel cassetto?
Inventare nuovi concept di albergo con André Balazs (l’imprenditore dietro ai successi del Mercer, dello Chateau Marmont o dei vari Standard, nda).

Tra 10 anni come ti vedi?
Sarò in Sicilia nel convento che ho intenzione di comprare per farne un ritiro di yoga e meditazione.

Sul tuo (bellissimo) account Instagram yoga e meditazione sembrano parte integrante della tua visione del mondo
Mi sono a lungo imposta una disciplina molto severa di ginnastica corporale, impegnandomi per otto anni anche a livello competitivo. Mi sono avvicinata allo yoga nel 1998, la meditazione è venuta dopo, la mia pratica spirituale si è consolidata negli ultimi 10 anni. E informa tutta la mia vita, compresa la mia azienda, che è ottimistica e energeticamente molto forte.  

La tua parola chiave?
Espansione. Io sono un’entusiasta, ma devo imparare a fermarmi, a impegnarmi solo sulle scelte veramente strategiche. Un errore che ho sempre fatto è stato dire di sì a tutte le buone idee, senza preoccuparmi se disponessi effettivamente dello staff e delle risorse necessarie per portarle avanti. 

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