Ceo Pomellato dal 2015, Sabina Belli ha cominciato la sua carriera in un’agenzia di pubblicità per poi passare al marketing. Si è occupata di profumi (Dior), champagne (Veuve Clicquot), ed è entrata nel mondo della gioielleria da Bulgari.
Cosa rende unico un gioiello Pomellato?
Lo stile di Pomellato è minimalista ma di grande carattere, un po’ come Milano, dove il brand è nato nel 1967. Il fondatore, Pino Rabolini, era impregnato del design degli anni ’50 e ʼ60, dell’estetica di Giò Ponti e Gae Aulenti. La “milanesità” di Pomellato è evidente nella sua sicurezza di sé, senza fronzoli, alla Miuccia Prada per intenderci. L’85% della nostra clientela è costituita da donne che acquistano gioielli per sé. Ogni pezzo ha un design straordinario, è colorato, sensuale, e ha un touch unico, organico, perché è completamente lavorato a mano dagli oltre 100 artigiani della nostra Casa Pomellato di Milano.
Che cambiamenti hai portato dal tuo arrivo nel brand?
In quanto donna e donna Ceo, la prima cosa che ho desiderato apportare come cambiamento è stata la valorizzazione dell’empowerment femminile. Per me è un compito molto più importante di un qualsiasi obiettivo aziendale. Incoraggio e mi sforzo di fornire uguaglianza e pari opportunità di carriera ai miei dipendenti. E poi naturalmente mi sono impegnata in un lavoro da archeologa sui grandi fondamentali del brand, a partire dagli anni ’80 e ’90, quelli dell’epoca d’oro.
Pomellato si è sempre impegnato nel sostenere le donne, come del resto il gruppo Kering di cui fa parte dal 2013
Le donne sono al centro dellʼuniverso Pomellato. Nel 1967, quando fu fondato il marchio, il ruolo delle donne nella società stava cambiando radicalmente. Stavano diventando più indipendenti, sicure di sé ed erano in cerca di nuovi ruoli nella società. In effetti, Pomellato infrange da subito le regole della gioielleria tradizionale per soddisfare le esigenze delle donne emancipate. Oggi desideriamo rafforzare questo aspetto ed è per questo motivo che ho voluto creare una comunità di donne di ogni età e background per ispirarsi a vicenda attraverso la piattaforma di comunicazione #PomellatoForWomen. È venuto il momento di sviluppare un’idea di bellezza autentica e di dare voce ad argomenti importanti come la sorellanza, lʼuguaglianza di genere, lʼinclusività e la leadership femminile. Erano i temi del “Forum for womenˮ che avrebbe dovuto tenersi a marzo a Milano. Anche il gruppo Kering sostiene le donne con iniziative differenti, e a volte ci troviamo coinvolti insieme a sostegno di una causa, come adesso, nella campagna di sensibilizzazione a difesa delle donne vittime di abuso domestico. Pomellato e Dodo hanno attivato una campagna social e di crowfunding, #youarenotalone, per aiutare queste donne, vittime di una crisi nella crisi durante il lockdown.
Il numero delle donne che ricoprono ruoli chiave nel mondo della moda e del lusso è decisamente aumentato negli ultimi tempi. Tu avverti un effettivo cambiamento?
Certamente. Il cambiamento sta avvenendo perché c’è finalmente molta più presa di posizione nei board aziendali e nell’opinione pubblica. Anche se, a mio giudizio, c’è ancora molto da fare. Se si considera che solo il 5% delle donne al mondo sono Ceo, è evidente che le donne sono ancora assolutamente marginalizzate nel mondo delle decisioni. È l’inizio di una lunga dinamica: sicuramente noi donne dobbiamo rimboccarci le maniche, ma allo stesso tempo anche agli uomini tocca fare un passo indietro. Ho scritto un libro uscito l’anno scorso (“D come Donna, C come CEO”, ed Roi) proprio sulle mie esperienze lavorative e personali al fine di condividerle e nella speranza che possano essere d’ispirazione per altre donne.
Tornando ai gioielli... Il modello più iconico?
“Nudoˮ. L’anno prossimo avrà 20 anni ed è assolutamente timeless. È molto complesso da realizzare perché la pietra è molto profonda, tenuta solo da due finissimi ganci. È un vero e proprio exploit tecnico, dove la pietra è un falso quadrato con 57 faccette tutte tagliate a mano, di straordinaria trasparenza. Ha un minimalismo da solitario, per anni lo si portava da solo, poi abbiamo deciso di proporlo portato in serie e abbiamo anche giocato sulla misura, creando un modello jumbo enorme oppure l’abbiamo pavettizzato di diamanti. A un evento abbiamo riunito una cinquantina di “Nudoˮ diversi in una chocolate box: c’è stato chi ci ha chiesto di comprare l’intera scatola. E sono iconiche anche le catene, con le maglie tutte leggermente diverse tra loro proprio perché fatte a mano, così che nell’insieme danno vita a una forma ergonomica che risulta particolarmente sensuale sulla pelle. L’unica differenza è che le catene storiche erano molto pesanti, e abbiamo dovuto ripensarle con una tecnologia 3D per renderle più leggere mantenendone intatto l’impatto visivo.
Il tuo modello preferito?
L’anello “Victoriaˮ, quadrato, molto importante, in jet.
Come immagini il futuro del brand?
Credo che lʼidentità di oggi sia il valore di domani e che creare gioielli sostenibili e trasferire il nostro savoir-faire alle giovani generazioni sia la strada da seguire. Per questo ci siamo impegnati con la scuola orafa Galdus a formare giovani artigiani. Mentre l’evoluzione nel mercato della gioielleria deve passare da una presa di coscienza globale sulla necessità di essere sostenibili per il pianeta come già sta avvenendo nella moda. Non si tratta più di un’opzione, ma di un investimento che il settore deve fare. Stiamo implementando programmi specifici con i fornitori, in modo che il cliente finale, sempre più informato, possa finalmente scegliere prodotti che assicurano contemporaneamente qualità e sostenibilità.
Mentre esiste già un protocollo per oro e diamanti etici/sostenibili, le pietre colorate sono più difficili da tracciare...
È vero. Oggi si può tracciare la genesi degli smeraldi ma non quella di ametiste, quarzi, topazi. Come Kering intendiamo trovare una soluzione, a partire dai lapislazzuli protagonisti di una delle ultime collezioni, la “Denim Lapislazzuliˮ, in oro rosa fairmined e pietre acquistate da un’azienda estrattrice cilena che segue un protocollo sostenibile.