Lo shopping dopo il Covid-19
Parlano Carla Sozzani, Daniela Kraler e Beppe Angiolini, da nord a sud le riflessioni sul post Covid-19
Come sta affrontando la moda questo importante cambiamento e come sarà lo shopping post Covid-19? Abbiamo chiesto a 3 negozi di culto italiani alcuni spunti di riflessione per poter capire quali azioni il sistema moda dovrebbe attuare e immaginare i prossimi scenari in questa situazione che non conosce precedenti. Parlano Carla Sozzani, Daniela Kraler e Beppe Angiolini.
Carla Sozzani - 10 Corso Como - Milano
Come cambierà il retail dopo la pandemia?
Stiamo vivendo un momento storico difficilissimo. L’approccio dovrà essere di fare finalmente sistema e pensare a un futuro più responsabile fatto di qualità e non quantità. Riportare le collezioni come erano, due volte l’anno, permetterebbe contenuti più innovativi. Riallineare le proposte delle collezioni con le stagioni e non vendere in estate l’inverno e l’inverno in estate, permetterà di rallentare e apprezzare la qualità della vita.
Quali misure di intervento richiedono alle istituzioni?
Lo "slow fashion" potrebbe rimodulare i processi di una filiera eccellente come quella italiana, premiando una qualità finale autentica.
Sarà lo slow fashion la chiave di volta?
Tutto si sta muovendo molto velocemente. I social media sono senza dubbio sorprendenti, ma ci stanno anche rubando molto tempo, quindi penso che lo slow fashion possa trovare un posto importante nel sistema, così come la sostenibilità che diventa sempre più centrale. Credo che 10 Corso Como ne sia la prova: la gente può trascorrere anche mezza giornata in negozio, visitando la galleria, leggendo in libreria o con una sosta al ristorante per finire con gli acquisti nel negozio. Al giorno d'oggi il tempo è un lusso, ma dobbiamo avere la possibilità di scegliere.
Daniela Kraler – insieme marito Franz e il figlio Alexander – gestiscono i luxury multibrand store più importanti delle Dolomiti (da Cortina a Dobbiaco i loro negozi sono un punto di riferimento per i fashion addicted)
Come cambierà il retail dopo la pandemia?
Sarebbe giusto ripensare la moda con ritmi più umani e lenti, se ci riflettiamo in una stessa stagione si presentano la Cruise, la Pre-Collection, la Main, poi la Catwalk e infine l’Haute Couture. Indipendentemente dalle riflessioni che possono nascere dal Coronavirus, mi sento di dire che sul mercato vengono presentate decisamente troppe collezioni. Il lusso non può e non deve essere veloce, perché il lusso ha bisogno di tempo per essere raggiunto e apprezzato. Sono molto d’accordo con Giorgio Armani che ha dichiarato che “questa crisi è un’opportunità anche per ridare valore all’autenticità”. Basta infatti con la moda intesa come “pura comunicazione”, con le cruise in giro per il mondo per presentare “idee deboli e intrattenere con show sfarzosi”. Infatti, “gli eventi speciali dovrebbero essere fatti per occasioni speciali, e non come una routine”.
Come è stato colpita la vostra realtà molto legata al territorio?
Essendo Franz Kraler in una località turistica siamo stati molto penalizzati dal lockdown per l’emergenza sanitaria. Da noi la primavera/estate si vende fino a dopo Pasqua e ovviamente nei ponti di vacanza primaverili con le vacanze prolungate fino a maggio. Tenendo poi conto che le prime consegne di capi invernali arrivano già a fine maggio/giugno, le rimanenze in negozio delle collezioni primavera estate 2020 potrebbero arrivare a raggiungere una percentuale pari al 55%, mentre le consegne tardive dell’after show siamo riusciti bene o male a fermarle. Alla riapertura sarà necessario molto probabilmente vendere le collezioni con politiche di sconto da commisurare, ma il calo di fatturato influirà molto sul margine operativo lordo del primo semestre 2020.
Come si evolverà la moda?
Io voglio credere nel risvolto etico! Ci piace vestirci e continueremo a farlo, ma ci porremo il problema di quanto inquinamento va nell’aria e di quante persone vengono sfruttate per garantircelo. Si dovranno promuovere i brand indipendenti, quelli che non hanno le spalle coperte dai grandi gruppi internazionali e che negli ultimi anni hanno trovato un posto al sole sul mercato grazie a una creatività innovativa e a produzioni di nicchia, spesso artigianali. Non si può più prescindere dalla qualità, adesso che l'ambiente ci chiede di essere più attenti e di evitare gli sprechi, soprattutto dopo essere stati messi in ginocchio da nemici invisibili e potenti come il virus e la paura.
Beppe Angiolini - Presidente onorario di CBI (Camera Buyer Italia) e founder di Sugar (Arezzo)
Come vedi lo scenario che stiamo vivendo?
Prima di tutto, oggi, dobbiamo pensare al bene comune che in questo momento è rappresentato dalla salute pubblica e all’affetto vero di cui siamo ancora capaci.
Un pensiero forte anche a chi combatte in prima linea: medici, infermieri, personale sanitario, alla protezione dei nostri anziani e purtroppo, a tutti quelli che non ce l’hanno fatta. Pensando al futuro invece, proprio ieri - in questi giorni si sta molto al telefono - parlavo con un mio vecchio amico che nella vita fa il professore al liceo classico: la prima lezione che ha dato “online” riguardava il verbo “kryno”, da cui deriva la parola “crisi”, quella che stiamo vivendo.... Bene - mi ha aggiunto - ma questo verbo greco significa anche “scegliere”, avere un’opportunità. Quindi crisi che genera opportunità.
Come sta reagendo il sistema moda?
Vedo forte e chiaro il disastro di uno stop prolungato per chi produce e chi vende. E nel decreto “Cura Italia” la politica si è completamente dimenticata del settore moda, ma spero ci saranno nuovi provvedimenti. Sono orgoglioso di appartenere a un mondo dove da Armani, Gucci a Prada fino alle piccole, medie e piccolissime imprese hanno riconvertito la loro produzione per produrre camici e mascherine per la sanità. Eroicamente in prima linea, tutti insieme. E’ una grande prova: il “nessuno si salva da solo” come nella bellissima solitaria preghiera del Papa a San Pietro. Si è rafforzato in noi il senso di solidarietà e responsabilità: non siamo una somma di individui, ma una comunità. E nelle immagini delle città vuote – al di là dell’angoscia - abbiamo riscoperto la grande Bellezza del nostro paese e abbiamo più voglia di difenderla. Lo stesso discorso vale per l’ambiente.
Come cambierà il modo di fare shopping?
Credo che i negozi diventeranno sempre più luoghi di incontro tra le persone, non solo clienti e committenti, dove si eserciterà sempre più il rispetto per oggetti che raccontano idee e lavoro che sta dietro le quinte. Del resto non troppo tempo fa Anna Wintour sottolineava che gli abiti vanno scelti, amati, conservati e perché no tramandati. Detto questo, avrà importanza se metteremo in vetrina collezioni di due stagioni? Forse, in futuro, molto meno. Queste giornate senza adrenalina ci hanno costretto a riflettere.... credo che chi produce, vende o compra, abbiano un comune denominatore: rispetto, responsabilità, onestà intellettuale e professionalità. Parole che non saranno più “di moda” ma la “MODA”.