L'estate italiana di Giorgio Armani
Mina che canta Lucio Battisti e la sua "I giardini di marzo". La vegetazione rigogliosa che veste il colonnato di Palazzo Orsini, storica sede e atelier del marchio dal 1996, racconta un'estate italiana fatta di charme e di fascino. Di raffinate atmosfere accaldate e di eleganti passeggiate. Giorgio Armani immagina cosí la primavera-estate 2020 della sia linea ammiraglia. «Questa stagione ho voluto osare», ha spiegato lo stilista che ha portato in prima fila un mondo di attori hollywoodiani capitanato da Samuel L. Jackson e Richard Madden. E osare le king Giorgio significa giocare con i colori, in primis quel rosso/corallo che punteggia lo show. Ma significa anche giocare con i capi del guardaroba, recuperando il gilet e facendolo indossare al suo uomo a nudo. O ancora significa giocare con tessuti leggeri dai print grafici e dal monogramma in evidenza. In mente restano cartoline di un'estate italiana diversa. Di quelle raccontate da Call me by your name di Guadagnino ma non solo. Di quelle che strizzano l'occhio a Gore Vidal e Ravello. E non solo. «Di recente ho visto una foto di Luchino Visconti con completo caffè e una camicia azzurra dall’effetto estremamente elegante», ha poi detto il designer, portando in scena frammenti di un'estate languidamente raffinata, elegantemente sensuale. «Volevo che questo uomo fosse sexy e coraggioso», ha aggiunto il creativo che ha punteggiato lo show con alcuni look della collezione resort donna, presentata solo poche settimane fa a Tokyo. «L'uomo oggi cerca la stampa e la fantasia per il suo guardaroba altrimenti si annoia. Bisogna dare sempre un tocco di glamour, e tutto dipende da chi fa una collezione e come la fa... Qui ho voluto che la prossima estate fosse un po' più fashion e più sexy del solito», ha continuato. «Ho voluto trasmettere l'idea di un uomo elegante ma tutto meno che noioso». Che nel linguaggio Armani significa un lavoro preciso sulla silhouette, leggera e svuotata, elegantemente fluttuante. Ma anche sui colori, in uno scandirsi di cromie tipicamente armaniane e maschili, addolcite da una velatura che ne smorza gli estremi per renderli soffici. E sui tessuti, come il denim giapponese, le sete dai disegni simil cravatteria o la pelle dalla mano stropicciata. Fino ai dettagli: che sono le cinture dal monogramma geometrico o i dettagli dal profumo etnico che decorano le giacche aggiungendo un touch esotico anche al sartoriale più rigoroso. perché il tailoring di stagione, in tutte le sue accezioni, ha un retrogusto active visto che tutte le silhouette nascono da una crasi di codici sartoriali ed elementi sportivi. Su alcuni capi compare, come decoro sui generis, la firma autografa dello stilista ricamata tono su tono. A raccontare un universo di stile celebrato nel quadro finale dello show, quando Giorgio Armani esce a raccogliere la standing ovation circondati dalla sua crew di oltre 70 modelli.