Fashion Week

Il meglio delle Cruise 2020

Presentate tra maggio e giugno, e intervallate da mille altri eventi moda, le sfilate Cruise spesso sfuggono a uno sguardo d’insieme. Rivediamole.
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Un ritmo lento, non compresso nei tempi serrati delle fashion weeks, location disparate, in omaggio all’heritage del marchio, all’ispirazione dello stilista, e soprattutto ai paesi su cui si punta commercialmente di più. E capi fatti per andare tutti in produzione, quindi tendenzialmente meno destinati a rappresentare puri statement creativi di quelli delle stagioni tradizionali. Con qualche eccezione, in primis Maria Grazia Chiuri, con la sua superba collezione Dior, giocata sulla valorizzazione del tradizionale metodo africano di stampa a cera dei tessuti, applicato a un classicissimo motivo francese, la Toile de Jouy, e a un inedito motivo carte dei tarocchi. Prodotti in Costa d’Avorio da artigiani locali, i tessuti sono diventati la base di una collezione fatta per affascinare le globetrotter di tutte le età. Altri tessuti più ruvidi, simili a tappeti, sono stati commissionati a un laboratorio di tappeti marocchino, i turbanti, sempre in cotone stampato, risentono del know-how di Stephen Jones, e la Chiuri ha chiamato Grace Wales Bonner e l’artista afroamericana Mickalene Thomas a reinterpretare quella giacca Bar che tutti identifichiamo istintivamente con lo stile di Monsieur Dior. Se alla forza dei capi e del messaggio (sostanzialmente: la craftmanship africana che siamo abituati a vedere nei mercati ha un suo valore intrinseco e si coniuga perfettamente con l’idea occidentale di lusso) si aggiunge la suggestione della location, il palazzo El Badi di Marrakesch (in onore di uno dei più illustri predecessori della Chiuri come direttore creativo del brand, Yves Saint Laurent)…chapeau..
E’ una realtà paradossale che il mondo della moda, così pronto a schierarsi per i diritti LGBT, ignori regolarmente le battaglie delle donne. Grazie quindi ad Alessandro Michele per il mantra “my body my choice” e la celebrazione della data del 22 maggio 1978 (quella della legalizzazione dell’aborto in Italia) su alcuni dei capi fatti sfilare nella sfilata coed ai Musei Capitolini, in questi tempi in cui la libertà di autogestione del corpo delle donne è di nuovo sotto attacco. Per il resto, Michele fa sfilare il mix cui ci ha (felicemente) abituato: anni ’70, stampe check, pellicce colorate, tuniche da regina fantasy, acconciature alla Erté (via Cher e Bob Mackie), occhiali supersize, frange di cristalli, spille e bijoux da crocqueuses de diamants, tocchi vittoriani etc etc .. In tema di portabilità e abiti da giorno: gli abiti e le combinazioni di Miuccia Prada viste a Shangai sono più che mai freschi e easy to wear, Natacha Ramsay-Levi da Chloé si ispira al cinema cinese e alla sua eroina Shu Qi per abiti sottilmente seduttivi, allo Yacht Club di Montecarlo Alberta Ferretti sostituisce i classici abiti di voile che ne hanno assicurato la fama con abiti di suede anni ‘70, a Berlino Ian Griffiths presenta al Neues Museum una nuova versione dei grandi classici Max Mara, il cappotto cammello e il tailleur pantaloni, rivisti nell’ottica di due idoli che più glam non si può, David Bowie e Marlene Dietrich..

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Gucci
Max Mara
Alberta Ferretti
Prada
Dior
Chloé
Gucci
Prada
Max Mara
Dior
Chloé
Alberta Ferretti
Gucci

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