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An Invitation to Disappear: l'arte di Julian Charrière

L’artista multimediale Julian Charrière esplora l’effetto disorientante del perdersi nella natura, così come gli effetti distruttivi degli uomini sulla natura stessa.

"Not All Who Wander Are Lost", vista dell'installazione, Venezia 2022.
"Not All Who Wander Are Lost", vista dell'installazione, Venezia 2022.

In un’oscurità impenetrabile fluttua davanti agli occhi un singolo punto luminoso. Altri guizzano lentamente,vorticando in tutte le direzioni. Un delicato nevischio prende slancio mentre il vento si fa più diretto. Depositati nel bel mezzo di una tormenta di neve, si strizzano gli occhi alla neve che avanza. Uno sguardo al terreno ghiacciato offre un fugace senso di orientamento prima di svanire nella notte. A distanza, si profila la baluginante sagoma bianca di un iceberg. E mentre un fascio di luce delinea una cresta ghiacciata, un crescente brusio elettronico alimenta l’anticipazione di uno scenario da lì a breve rivelato, mettendo in prospettiva un paesaggio frammentato rivelato da flash di immagini in movimento. Una splendida facciata glaciale riempie l’enorme schermo della video proiezione. La sera in cui ho incontrato per la prima volta l'artista Julian Charrière la nave diretta all’Antartico e fissavamo la neve che turbinava nell’oscurità. Mentre l’imbarcazione ondeggiava da un lato all’altro nel mare in tempesta del canale di Drake, un enorme fascio di luce si muoveva avanti e indietro sul nero oceano. Nonostante la nave fosse equipaggiata con i più avanzati radar disponibili, un marinaio manovrava manualmente il faro alla ricerca di iceberg. Charriére faceva notare quanto sembrasse di guardare da dietro le spalle di un tecnico delle luci di un teatro dell’Ottocento, quando all’improvviso un iceberg colossale era emerso dall’oscurità, trafitto da un raggio di luce prima di ripiombare nell’oscurità. L’impressione era quella di essersi persi in un sogno. Quel momento, per Charrière, è diventato l’ispirazione di un importante progetto video e di una corrispondente serie di sculture, tra paesaggi glaciali del polo e di terre d’alta quota insieme ai processi geofisici delle loro trasformazioni. La mostra di Charrière del 2019, “Towards No Earthly Pole”, è la rappresentazione dell’esperienza di disorientamento che si prova nel visitare le regioni polari. Le narrative legate all’esplorazione del polo abbondano di descrizioni di perdita delle proprie percezioni sensoriali e cognitive: l’accecamento dovuto alla neve, le bussole malfunzionanti e le intuizioni pericolosamente sbagliate.


 Julian Charrière fotografato, 2021
Julian Charrière fotografato nel 2021.

"Le opere di Charrière a volte operano come un postulato geofisico di un processo che potrebbe essere avvenuto, o che potrebbe avvenire."

”Towards No Earthly Pole”, 2019.
”Towards No Earthly Pole”, 2019.

Diversi mesi dopo il nostro incontro fortuito nella spedizione della Biennale Antartica, Charriére ed io ci siamo incontrati in cima al monte Tambora, un vulcano in Indonesia. Dopo ore di salita immersi in una nebbia eterea, siamo emersi in vetta per guardare le nuvole che rotolavano dentro l’enorme bordo del cratere. Questa montagna, che una volta era di un terzo più alta di quanto non lo sia ora, aveva precipitato la terra nel freddo e nell’oscurità dopo la sua eruzione del 1815. Là avevamo imparato che Tambora può essere tradotto come “un invito a scomparire”, da cui deriva il nome di un’altra delle opere più significative di Charrière – un’investigazione sulle ecologie e le monoculture globali. Il progetto multimediale rappresenta un rave desolato in una piantagione di olio di palma, seguito da immagini di panorami estrattivi dell’antropocene. 

Le opere di Charrière a volte funzionano come postulati geofisici di un processo che avrebbe potuto essere avvenuto, o che potrebbe stare per succedere. Oppure certe volte si muovono nella direzione opposta, da un'esperienza di real-life alla distillazione in un oggetto o forma visuale. Da questo punto di vista, il progetto più ambizioso è la presentazione di Charrière per il Prix Marcel Duchamp 2021 che ingloba la fabbricazione di un diamante attraverso l’emergente tecnologia del sequestro di carbonio – in questo caso, dall’aria catturata sopra la Groenlandia combinata con il carbonio derivato dal respiro umano. Nel rendere in una forma tangibile il ciclo atmosferico del carbonio e l’intangibile senso di interferenza umana in quel processo, il valore arbitrario dello scintillio del diamante ci concede di riflettere nuovamente sulle conseguenze spesso ambigue della corruzione umana sui processi planetari. 

Scorri verso il basso per scoprire di più sull'ultima mostra dell'artista Julian Charrière e vedere le fotografie delle installazioni.


"Pure Waste", Veduta dell'installazione, Prix Marcel Duchamp, Parigi, 2021 Fotografato da Jens Ziehe
"Pure Waste", Veduta dell'installazione, Prix Marcel Duchamp, Parigi, 2021 Fotografato da Jens Ziehe.

La Biennale di Venezia 2022 offre l’opportunità di un incontro con la convincente visione di Charrière sui sistemi della Terra, nell’ambito della collettiva presentata da Parasol Unit Foundation for Contemporary Art, “Uncombed, Unforeseen, Unconstrained”, che si terrà negli spazi del Conservatorio di Musica Benedetto Marcello. L’exhibition elabora il tema dell’entropia, un termine scientifico che indica la misura del disordine, della casualità e dell’imprevedibilità all’interno di un sistema. Il contributo di Charriére, “And Beneath It All, Flows Liquid Fire” (2019), che raffigura una fontana in fiamme, è la registrazione di una performance andata in scena a Lugano che drammatizza una tensione tra l’impulso verticale della fiamma e la tendenza dell’acqua di raggiungere il livello più basso. Le fiamme scaturiscono da bacili su più strati di una fontana neoclassica in modo da formare nella notte una pira conica. Anelli di liquido infiammato traboccano in una cascata con ritmici spruzzi, gorgogliando in mezzo all’incendio. Gocce illuminate sembrano restare a mezz’aria, prese in mezzo tra il volo e la spinta gravitazionale che tira verso il basso le masse.

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"Tropisme", Veduta dell'installazione, Musée Cantonal des Beaux-Arts, Losanna, Svizzera, 2014.

Sempre visibile a Venezia, “Not All Who Wander Are Lost” (2019) evidenza il paradosso dei ghiacci erranti: pietre trasportate per lunghe distanze dal movimento dei ghiacciai ed esposte allo scioglimento. Una serie di massi perforati da buchi dal calibro cilindrico riposano sui loro stessi nuclei, con la loro pesante massa pronta a rotolare attorno sul terreno. A questi grandiosi residui di un tempo andato Charrière applica la tecnica del campionamento di base per segnare le rocce con le tracce aggressive di una logica estrattivista che oggi fa seguito al risveglio del ritiro dei ghiacciai. Per Parasol Unit, Charrière ha installato quattro di quei massi erratici nel cortile del conservatorio. La sua spiegazione per la scelta dei lavori per questo sito evoca una visione: con gli occhi chiusi, ascolto i suoni che arrivano dalle finestre aperte delle sale prova, tutti i diversi strumenti si mescolano e scorrono in ruscelletti attraverso il cortile. Quasi si può visualizzare il suono che si muove come acqua sotto le pietre, in verità sotto le fondamenta dell’edificio e attraverso i canali della città. Qui, spiega Charrière, incontriamo la compressione del tempo geologico, lo scioglimento dei ghiacciai che una volta stavano in cima alle Dolomiti, creando il bacino e gli affluenti della laguna veneziana.

"The Blue Fossil Entropic Stories III", 2013
"The Blue Fossil Entropic Stories III", 2013.

"Sotto il crepuscolo polare in rapida diminuzione, tali ambienti affaticano immediatamente i sensi e traggono da essi nuovi talenti di percezione".

"Un invito a scomparire - Surat Thani", 2018
"An Invitation to Disappear - Surat Thani", 2018.
"And Beneath It All Flows Liquid Fire", Veduta dell'installazione, Aargauer Kunsthaus, Aarau, Svizzera, 2020
"And Beneath It All Flows Liquid Fire", Veduta dell'installazione, Aargauer Kunsthaus, Aarau, Svizzera, 2020.

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