An Invitation to Disappear: l'arte di Julian Charrière
L’artista multimediale Julian Charrière esplora l’effetto disorientante del perdersi nella natura, così come gli effetti distruttivi degli uomini sulla natura stessa.
"Le opere di Charrière a volte operano come un postulato geofisico di un processo che potrebbe essere avvenuto, o che potrebbe avvenire."
Diversi mesi dopo il nostro incontro fortuito nella spedizione della Biennale Antartica, Charriére ed io ci siamo incontrati in cima al monte Tambora, un vulcano in Indonesia. Dopo ore di salita immersi in una nebbia eterea, siamo emersi in vetta per guardare le nuvole che rotolavano dentro l’enorme bordo del cratere. Questa montagna, che una volta era di un terzo più alta di quanto non lo sia ora, aveva precipitato la terra nel freddo e nell’oscurità dopo la sua eruzione del 1815. Là avevamo imparato che Tambora può essere tradotto come “un invito a scomparire”, da cui deriva il nome di un’altra delle opere più significative di Charrière – un’investigazione sulle ecologie e le monoculture globali. Il progetto multimediale rappresenta un rave desolato in una piantagione di olio di palma, seguito da immagini di panorami estrattivi dell’antropocene.
Le opere di Charrière a volte funzionano come postulati geofisici di un processo che avrebbe potuto essere avvenuto, o che potrebbe stare per succedere. Oppure certe volte si muovono nella direzione opposta, da un'esperienza di real-life alla distillazione in un oggetto o forma visuale. Da questo punto di vista, il progetto più ambizioso è la presentazione di Charrière per il Prix Marcel Duchamp 2021 che ingloba la fabbricazione di un diamante attraverso l’emergente tecnologia del sequestro di carbonio – in questo caso, dall’aria catturata sopra la Groenlandia combinata con il carbonio derivato dal respiro umano. Nel rendere in una forma tangibile il ciclo atmosferico del carbonio e l’intangibile senso di interferenza umana in quel processo, il valore arbitrario dello scintillio del diamante ci concede di riflettere nuovamente sulle conseguenze spesso ambigue della corruzione umana sui processi planetari.
La Biennale di Venezia 2022 offre l’opportunità di un incontro con la convincente visione di Charrière sui sistemi della Terra, nell’ambito della collettiva presentata da Parasol Unit Foundation for Contemporary Art, “Uncombed, Unforeseen, Unconstrained”, che si terrà negli spazi del Conservatorio di Musica Benedetto Marcello. L’exhibition elabora il tema dell’entropia, un termine scientifico che indica la misura del disordine, della casualità e dell’imprevedibilità all’interno di un sistema. Il contributo di Charriére, “And Beneath It All, Flows Liquid Fire” (2019), che raffigura una fontana in fiamme, è la registrazione di una performance andata in scena a Lugano che drammatizza una tensione tra l’impulso verticale della fiamma e la tendenza dell’acqua di raggiungere il livello più basso. Le fiamme scaturiscono da bacili su più strati di una fontana neoclassica in modo da formare nella notte una pira conica. Anelli di liquido infiammato traboccano in una cascata con ritmici spruzzi, gorgogliando in mezzo all’incendio. Gocce illuminate sembrano restare a mezz’aria, prese in mezzo tra il volo e la spinta gravitazionale che tira verso il basso le masse.
Sempre visibile a Venezia, “Not All Who Wander Are Lost” (2019) evidenza il paradosso dei ghiacci erranti: pietre trasportate per lunghe distanze dal movimento dei ghiacciai ed esposte allo scioglimento. Una serie di massi perforati da buchi dal calibro cilindrico riposano sui loro stessi nuclei, con la loro pesante massa pronta a rotolare attorno sul terreno. A questi grandiosi residui di un tempo andato Charrière applica la tecnica del campionamento di base per segnare le rocce con le tracce aggressive di una logica estrattivista che oggi fa seguito al risveglio del ritiro dei ghiacciai. Per Parasol Unit, Charrière ha installato quattro di quei massi erratici nel cortile del conservatorio. La sua spiegazione per la scelta dei lavori per questo sito evoca una visione: con gli occhi chiusi, ascolto i suoni che arrivano dalle finestre aperte delle sale prova, tutti i diversi strumenti si mescolano e scorrono in ruscelletti attraverso il cortile. Quasi si può visualizzare il suono che si muove come acqua sotto le pietre, in verità sotto le fondamenta dell’edificio e attraverso i canali della città. Qui, spiega Charrière, incontriamo la compressione del tempo geologico, lo scioglimento dei ghiacciai che una volta stavano in cima alle Dolomiti, creando il bacino e gli affluenti della laguna veneziana.
"Sotto il crepuscolo polare in rapida diminuzione, tali ambienti affaticano immediatamente i sensi e traggono da essi nuovi talenti di percezione".